«In Sicilia c'è chi vuole la lotta armata» di Francesco La Licata

«In Sicilia c'è chi vuole la lotta armata» «La gente non è eversiva, intende difendere giudici e poliziotti dalla minaccia di nuove stragi» «In Sicilia c'è chi vuole la lotta armata» Nando Dalla Chiesa: rischio di guerra civile antimafia ROMA. I siciliani pronti ad imbracciare le armi in ima guerra di liberazione contro la mafia? Lo spettro della lotta armata in intere regioni del Sud, se lo Stato non saprà liberare le popolazioni dal giogo mafioso? Questa possibilità esiste, per Nando Dalla Chiesa, figlio del generale assassinato a Palermo, sociologo e deputato della Rete. Anzi, più che di una eventualità, per lui si tratta di uno sbocco quasi naturale, se non cambia qualcosa nello Stato e nella gestione «poco impegnata» della lotta alla criminalità organizzata. E il fascino della lotta armata, il richiamo alla «nuova Resistenza», sembra sollecitare anche lo sguardo di un investigatore critico dello sfascio meridionale come Giorgio Bocca. Il giornalista, che ha appena finito il libro «Inferno» (sottotitolo: «Profondo Sud, male oscuro»), si schiera col prof. Miglio, non si scandalizza all'idea di «abbandonare i siciliani al loro destino». Anzi - come ha detto ieri al Grl sarà convinto della volontà di riscatto del Sud «solo quando quelle popolazioni imbracceranno il fucile contro i mafiosi». Attenti, la guerra civile può essere dietro l'angolo. E' l'allarme che Nando Dalla Chiesa lancia da Reggio Emilia, intervenendo al Festival dell'Unità. Per la verità, la sua preoccupazione era stata riportata dalle agenzia in termini più drastici. «I governanti devono sapere - questa la frase attribuita a Dalla Chiesa - che in Sicilia si parla di lotta armata. Un popolo non può chinare la testa all'infinito. Il governo questa responsabilità se la deve prendere». Poi aveva aggiunto: «Non intendo dire che un'associazione sta preparando la lotta armata, ma la gente comune, dal tassista alla casalinga parla della lotta annata come di una cosa possibile». Al telefono, Nando Dalla Chiesa ammette che il suo discorso, nel contesto generale di ciò che ha detto, rappresenta «un passaggio delicato». Tuttavia non abbandona le sue preoccupazioni. «Stavo parlando - ricorda - del ruolo dei comitati di liberazione contro la mafia, indicandoli come punto di riferimento per tutti quelli che chiedono il cambiamento. Dicevo che bisogna trovare il modo, mobilitando veri e propri movimenti d'opinione, avere voce nella scelta degli uomini chiamati ad occupare posti chiave nella lotta alla mafia». E la lotta armata? «Non intendevo certamente sostenere la necessità di una sorta di nuovo terrorismo». «Attenzione - avverte Dalla Chiesa -, i terroristi erano contro lo Stato. La gente siciliana no. E' soltanto esasperata, annichilita dai troppi morti, dalle stragi. Non è eversiva, intende difendere i suoi poliziotti, i giudici onesti, le"persone libere che vivono soffocate dalla mafia». Anche a costo di sparare? «Ci sono dice il deputato - due blocchi contrapposti che negli ultimi tempi si sono fortificati. Da un lato il movimento d'opinione contro tutte le mafie e la corruzione, dall'altro la criminalità organizzata forte delle debolezze dello Stato. Lo scontro si sta radicalizzando al massimo, come si fa a non vedere nello sfondo il pericolo oggetivo di una guerra civile? Credono davvero che un popolo possa cedere la democrazia ad un gruppo di criminali armati?». Tesi ardite, quelle di Dalla Chiesa? Pietro Folena, ex segretario regionale del pds, aggiusta il tiro e si chiede, alludendo alle contestazioni avvenute ai funerali degli agenti di scorta del giudice Borsellino, se sarà possibile e per quanto tempo «tenere il desiderio di ribellione della gente nell'ambito di un terreno democratico». Anche Carmine Mancuso, senatore della Rete e presidente del Coordinamento antimafia, è convinto che le affermazioni del sociologo «nulla hanno a che vedere con la filosofia leghista che ispira il richiamo alle armi e all'autodifesa». Per Mancuso si deve proseguire sulla strada che ha già portato «alla cacciata di procuratori, nella migliore delle ipotesi incapaci, che hanno abbassato il livello della democrazia in Sicilia». E a Palermo? Credono alla lotta armata, i palermitani? Aldo Rizzo, sindaco ed ex magistrato, è colto di sorpresa: «La lotta armata si fa tra due eserciti schierati. Si spara contro un nemico palese. La mafia è un'organizzazione segreta, come si fa a combattere con le armi contro un avversario che si nasconde?». A disagio il questore, Matteo Cinque: «Ma chi glielo ha detto che i siciliani sono per la lotta armata? Al Costanzo Show lunedì sera c'era un ragazzo palermitano. Non mi sembra abbia parlato di armi. Ha detto, mi pare, che bisognava dare fiducia a chi vuol cambiare». Francesco La Licata E Mena (pds) «La rabbia popolare può degenerare in ribellione» Ma il sindaco Rizzo «Non si può sparare a nemici occulti» Nando Dalla Chiesa (in primo piano) Dietro il leader della Rete, Leoluca Orlando

Luoghi citati: Palermo, Reggio Emilia, Roma, Sicilia