Bassano, la realtà freme sulla tela

Bassano, la realtà freme sulla tela Bassano del Grappa, 80 dipinti da tutto il mondo a 400 anni dalla morte Bassano, la realtà freme sulla tela Uno dei più grandi coloristi d'ogni tempo E~"T] BASSANO j l'epifania di Jacopo da Ponte detto il Bassano, pittore fra i massimi. Nel quarto centenario della morte, il Museo Civico di Bassano del Grappa (Vicenza) espone, fino al 6 dicembre, ottanta suoi dipinti, tra quelli che ospita stabilmente e quelli giunti da tutto il mondo. Nel primo dei tre saloni vi è una parete, sul fondo, davanti alla quale si prova un senso di stupore e mistero: da destra a sinistra, sono presentate tre pale d'altare di Madonna e santi: la prima è datata, sul primo gradino spazialmente sbilenco del trono della Madonna, 1538; la seconda recava una data 1541 letta e pubblicata nel primo/800, discussa da alcuni studiosi moderni del Bassano e oggi riconfermata dal Libro Secondo di Francesco e Jacopo dal Ponte, che certifica anche la datazione della terza pala al 1542. La preziosa scoperta di uno dei libri di bottega dei da Ponte, dovuta al compianto Michelangelo Muraro e pubblicata dalla Fondazione Cini di Venezia in occasione della mostra, diventa così uno strumento per dare concretezza di tempo storico a quel miracolo epifanico. La pala del 1538 della parrocchiale di Borso sul Grappa è l'opera goffa, ma cromaticamente smagliante del figlio Jacopo che imita, a richiesta, una pala del padre Francesco nella stessa chiesa di vent'anni prima: con la madonnona popolana sul trono fuori moda e i santoni ingenuamente poderosi di un provinciale che ha avuto sentore dei «romanisti» di terraferma della Serenissima, Pordenone, Romanino. Il S. Zeno, di iconografia tizianesca, è rivestito di una clamide rosso e oro che solo un dinamitardo della pittura poteva azzardare e impugna tranquillamente una canna da pesca con una trota argento e rosa «da toccare». Tre anni dopo, nella pala dei Riformati di Àsolo finita all'Accademia di Venezia, il mestiere ha ulteriormente compresso ma anche corretto le forme sempre poderose, quasi.tridimensionali, e ha ammorbidito, fuso, vibrato di cangiantismi i colori in direzione veneto-lombarda, verso Savoldo, Moretto: la sensazione è quella di un atleta che saggia le sue forze. E di colpo, nel giro di un anno, ecco l'esplosione del miracolo a Rasai, vicino a Feltre, con la pala di S. Martino, finita nel '700 in Germania. Il colorista fra i più grandi di tutti i tempi rifrange e fa fremere di minuti «tocchi», di «sfregazzi», rossi vellutati e bianchi riflessati di rosa, blu notturni e rosa dorati, tonache violacee e tanè, contro un fondo blu lavagna smaltato. Questa tessitura brillante di pagliuzze d'oro si distende su forme di sofisticata attorta eleganza, dedotte da stampe del Parmigianino; quasi che l'esplosivo del Bassano avesse atteso solo la miccia dell'irruzione nella quiete della bottega vicino al ponte sul Brenta di una contemporaneità ben diversa, più nervosa, più eterodossa, rispetto alle solari favole di Tiziano in Laguna. E che Jacopo attendesse solo questo, ma innestando la sofisticazione e ogni preziosità cromatica sul suo fondo originario di concreta tattile verità dell'uomo, delle cose, degli animali, dell'ambiente di casa fra piano e montagna (con equilibri che lui solo sa e saprà raggiungere e mantenere), subito lo rivela nella stessa sala, la grande Adorazione dei Magi venuta da Edimburgo, seguita dalla Salita al Calvario della National Gallery di Londra. Le Adorazioni, guizzanti di forme e di colori dei Magi o dei pastori e la Salita al Calvario (mirabile quella da Budapest, già dei primi anni 1550, con la Veronica e le pie donne trasformate in eleganti affusolate apparizio¬ ni) scandiscono la stagione «manieristica» del Bassano; che le schede del catalogo continuano, per veneta tizianesca abitudine, a chiamare «di crisi», mentre in questo caso a partire dai Pastori Giusti del Giardino acquistati dallo Stato per Venezia da un decennio, l'incontro fra preziosità e realtà è semplicemente pieno di felicità creativa. Proprio quando per davvero a Venezia precipita la crisi, la felicità del provinciale Bassano culmina alla metà degli anni 1550, nella dolcezza dorata dell'Adorazione dei pastori della Galleria Borghese, con l'astrazione, che è nel contempo realismo illusionistico, del cane addormentato acciambellato su se stesso, bianco con la macchia nera a perpendicolo sul dorso. E cuhnina in un altro dei momenti magici della mostra, il Lazzaro ed Epulone del Museo di Cleveland, con le sue figure trattate come strumenti musicali, armonicamente toccate di luce, ombra e penombra con al centro un bambino in blu, servo o paggio, enigmatico, surreale. Questa sequenza «minieristica», con il concertato ripetersi degli stessi temi e schemi, spesso dei medesimi standard figurali, comincia a rivelare lo straordinario metodo bassanesco del montaggio delle immagini: una volta «montati» in maniera soddisfacente e definitiva scena e personaggi attori, il pittore è libero di preoccuparsi ogni volta solamente di preziosissime variazioni sulla tastiera dei colori e delle luci, dalla fusione all'intarsio, dal grave all'acuto. A questo punto, sul finire degli anni 1550, anche in Bassano interviene una sorta di crisi, ma in un senso molto particolare. Da un lato, una sulfurea, violenta, drammatica luce, fra il Tiziano del Martirio di S. Lorenzo e il Tintoretto, investe figure ancora manieristicamente nervose e attorte come il S. Giovanni Battista nel deserto già in S. Francesco a Bassano o la Madonna e gli Apostoli della Discesa dello Spi- rito Santo della stessa chiesa, entrambi nel museo. Dall'altro, sul versante della realtà quotidiana che si porrà per tutto il '600 europeo alla base del «genere» (ma che qui è solo supporto di una densa realtà di pittura), comincia a nascere dalle mani di Jacopo presto affiancato dai figli la lunga serie di ((pastorali» con soggetti biblici, a partire da quella di Hampton Court. Esse costituiscono, pur con le loro problematicità, un altro punto di forza della mostra: l'ultimo rinnovarsi del miracolo della pittura del Bassano, con la presenza di opere del pittore fra i 70 e gli 80 anni, dopo il 1580. In esse il vecchio, rimasto a Bassano con il solo figlio Giambattista (Francesco e Leandro hanno messo bottega a Venezia), si confronta alla pari con l'estremo Tiziano: la Flagellazione del Museo Willumsen di Frederickssund, la Susanna e i vecchioni di Nìmes, la Diana e Atteone di Chicago. Marco Rosei Così un dinamitardo della pittura dalla bottega vicino al Brenta sfidò le solari favole di Tiziano Tre dipinti di Jacopo da Ponte detto il Bassano provenienti da musei americani ed esposti nella mostra di Bassano del Grappa presso Vicenza Sopra: «Ritratto di uomo» e «Lazzaro al banchetto del ricco Epulone». Qui accanto: «Cena in Emmaus»

Persone citate: Borso, Giovanni Battista, Michelangelo Muraro, Moretto, Ponte, Romanino