«Viva lo sfascio, serve per cambiare» di Cesare Martinetti

«Viva lo sfascio, serve per cambiare» L'ideologo della Lega sceglie la linea del tanto peggio. «Reviglio? Un parroco di campagna» «Viva lo sfascio, serve per cambiare» Miglio brinda al crack e stavolta l'industria non applaude CERNOBBIO DAL NOSTRO INVIATO Niente applausi per la Lega, qui a Cernobbio, proprio dove un anno fa era partito il grido di guerra degli industriali contro il sistema dei partiti e dove ora il ministro Reviglio annuncia nuovi tagli e altri sacrifici, a due giorni soltanto dalla decisione di Bankitalia di elevare il costo del denaro a livelli record. E nemmeno l'invito leghista a non pagare le tasse con la campagna di disobbedienza civile raccoglie consensi: «La rivolta fiscale - ha detto un industriale al grande convegno di Villa d'Este è la rivolta di quelli che non hanno mai pagato le tasse...». Ma Gianfranco Miglio non si preoccupa («In sala c'erano molti rappresentanti dell'industria pubblica reggicoda dei politici») e con un tono quasi allegro rincara la dose: «L'obbiettivo politico della Lega è cambiare regole e classe politica. Ci va bene tutto quello che costringe i politici ad andarsene, hic et nunc, ora e adesso». Vi va bene anche il crack dello Stato? «Non lo provochiamo noi, ne saremo tutti danneggiati, ma la mia impressione è che tutto il Paese per liberarsi di questi politici dovrà pagare un conto salatissimo. Certo la situazione è difficile, al limite della resistenza, ma un aspetto positivo c'è: probabilmente ci libereremo presto di questo establishment politico». Via libera, dunque, dall'ideologo della Lega nord, alla politica di disobbedienza civile lanciata da Bossi: «Noi due siamo sempre d'accordo, facciamo un gioco di squadra molto stretto e ci va benissimo venire a sapere che qualcuno ci immagina divisi. Anzi, prossimamente saremo noi stessi a inventare notizie di divisioni all'interno della Lega». Si parte con le tasse, ma arriveranno altre parole d'ordine. 'Quali? «Non si possono decidere a freddo - dice Miglio - non so quali saranno, ma le lanceremo al momento giusto. I gesti di disobbedienza civile vanno decisi sul tamburo, non a tavolino. E' questo il risveglio della società civile italiana. Tutti i paesi in cui i cittadini sono liberi davvero, praticano la disobbedienza civile, anche non pagando le tasse». Il nuovo credo del leghismo sono le teorizzazioni di Thoreau sulla disobbedienza civile alle quali il professor Miglio sta lavorando per una prossima pubblicazione a cura della Lega. E raccontando delle rivolte fiscali, allegramente Miglio disegna scenari apocalittici: «La situazione è gravissima, può precipitare da un momento all'altro con un collasso del sistema economico. E quando maturano queste situazioni, la storia insegna che non si può prevedere esattamenente cosa succederà, chi prenderà il comando, quali gruppi si affermeranno. Solo all'ultimo momento viene fuori chi si impossessa del mazzo. E' avvenuto così in tutte le rivoluzioni, anche in quelle modeste italiane che in realtà assomigliano più a parapiglia che a rivoluzioni». Il professore non si preoccupa dell'accusa di contribuire allo sfa¬ scio, né di non raccogliere consensi dalla platea di Villa d'Este: «Un anno fa la situazione era molto diversa, c'erano ancora speranze; ora c'è soltanto più paura, non ci sono idee, né proposte in cui sia possibile credere. Stamattina, qui davanti ad industriali, finanzieri, uomini d'affari il ministro Reviglio è stato soltanto capace di fare una predica degna di un parroco di campagna: state buoni, state buoni che noi intanto in parrocchia stiamo lavorando per voi... Ma chi gli crede?» Con il tono professorale dell'analista politico, quasi come se stesse descrivendo uno scenario di scuola in un'aula universitaria, il professor Miglio ci dice che nel 1964, «per calcoli di studio», aveva previsto per la fine del secolo il ritorno di regimi autoritari in tutto l'Occidente: «Ho paura di aver indovinato». Anche in Italia? «Sì - dice il professore - anche in Italia. E' in corso il tentativo di chiudere tutto, ricompattare i partiti, maggioranza e opposizione che tentano di difendersi, proposte di riforme elettorali con premi di maggioranza che fabbrichino un'apparente contrapposizione di due schieramenti, ma con l'obbiettivo di formare una grossa coalizione». Miglio lo dice alla tedesca; «Una grosse koalition che consenta al sistema di aggiungere voti fittizi a quelli che i cittadini non gli danno più, un metodo per poter governare con il 40 per cento dei voti con- tro il 60 per cento di elettori che non danno il consenso». Il capofila dell'operazione, per Miglio, è il presidente della de Ciriaco De Mita: «Si sta proponendo come il leader unitario del sistema dei partiti, maggioranza e opposizione tradizionali insieme. Sentite questi richiami continui ai partiti popolari, la partecipazione alla mobilitazione di Comunione e liberazione... Tutto questo lavorio non è altro che il tentativo di difendere la partitocrazia che è formata proprio dai partiti popolari, quelli che forniscono le clientele. Per questo io che sono sempre stato un decisionista, a 74 anni sono diventato libertario e spingo sull'acceleratore del federalismo: è l'unica garanzia contro l'autoritarismo che è un rischio vero perché le vie della politica non sono infinite». Gelido c spietato il professore parla anche della lettera del socialista suicida di Brescia, Sergio Moroni: «Abbiamo letto quello che già sapevamo: il sistema dei partiti viveva di illegalità. Ma lo sapevano anche i vertici dei partiti e i loro segretari ne sono responsabili. Ha ragione quel giudice del tribunale della libertà di Milano che in una sentenza ha ipotizzato il reato di associazione per delinquere anche per i segretari di partito che sapevano ed erano complici. Il codice penale va rispettato». Cesare Martinetti «Segretari di partito rei di associazione per delinquere» *i 1% ■ In alto Gianfranco Miglio a sinistra Gianfranco Fini

Luoghi citati: Brescia, Cernobbio, Este, Italia, Milano