A qualcuno piace debole

A qualcuno piace debole A qualcuno piace debole Il dollaro fiacco aiuta Washington WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE La Federai Reserve sta valutando seriamente la possibilità di abbassare il tasso di sconto di un altro mezzo punto, dal 3% al 2,5%. Sembra di vivere nel mondo della fantascienza, se si pensa che il tasso attuale è il più basso da 27 anni a questa parte e se si paragona questo dato con il corrispondente 9,7% in Germania e il drammatico 15% italiano. Il solo fatto che questa voce corra spiega più di ogni altro dato che cosa significhi per gli Stati Uniti la recente caduta del dollaro sui mercati valutari. Mentre i giornali italiani hanno presentato come una tragedia per gli Usa la netta perdita di terreno del dollaro rispetto, soprattutto, al marco tedesco, i giornali americani ne hanno parlato molto poco e con sorprendente freddezza. La battaglia politica ha semplicemente ignorato il dato. Si parla molto dell'aumento della povertà in Ameri- ca, paragonabile, secondo gli ultimi dati, a quella di quasi 30 anni fa; si discute dell'ultimo dato sull'incremento del reddito delle famiglie, più basso, in agosto, del tasso di inflazione, peraltro bloccato sotto il 3%. E si punta il dito accusatore su George Bush per l'ultimo rilevamento sul tasso di disoccupazione, un inaspettato, deludentissimo 7,6%. Ed è proprio in base a questo dato che la Fed venerdì ha abbassato per la 24a volta in due anni il tasso interbancario e medita un ulteriore riduzione del tasso di sconto. Ma del dollaro ci si preoccupa pochissimo e, anzi, in parecchi ambienti, si gongola. Una banca centrale che vuole difendere la propria valuta normalmente alza il tasso di sconto. Ma la Fed pensa addirittura di abbassarlo, dopo aver accompagnato la caduta del dollaro limitandosi a controllarla invece che tentare di fermarla. Pazzi? No. Semplicemente, gli europei dovrebbero capire che la caduta del dollaro ha effetti completamente diversi da quella di ogni altra valuta europea. Quando una valuta cade, l'economia di riferimento è esposta a due possibili effetti, uno positivo, aumento delle esportazioni, e uno negativo, aumento dell'inflazione. Per l'America vale solo il primo effetto. Poiché le transazioni finanziarie mondiali avvengono su base-dollaro, gli Stati Uniti sono l'unico Paese a poter controllare i propri debiti con le fluttuazioni della propria valuta. Cala il dollaro, calano i debiti. Un riaccendersi dell'inflazione come effetto della caduta di una valuta può verificarsi per due ragioni congiunte: un aumento dei prezzi dei beni importati e un aumento dei costi di produzione. Ma, a differenza dei Paesi europei, gli Stati Uniti importano molto poco, solo l'8,5% del prodotto nazionale lordo. E, mentre i costi energetici sono a uno dei livelli più bassi del dopoguerra, non c'è nessun rischio che aumenti il costo del lavoro, peraltro bassissimo. Per due ragioni: c'è un'immensa mobilità, anche geografica, nel mercato del lavoro, e i sindacati non contano. Nelle scorse settimane l'unico vero rischio era che, per effetti psicologici, scattasse un meccanismo di «sell off», di svendite, in Borsa. Ma l'iniziale caduta di 50 punti del Dow Jones è stata recuperata per due terzi e sarebbe stata recuperata del tutto senza l'ultimo dato sull'occupazione. Paolo Passarmi I Alan Greenspan A qualcuno piace debole A qualcuno piace debole Il dollaro fiacco aiuta Washington WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE La Federai Reserve sta valutando seriamente la possibilità di abbassare il tasso di sconto di un altro mezzo punto, dal 3% al 2,5%. Sembra di vivere nel mondo della fantascienza, se si pensa che il tasso attuale è il più basso da 27 anni a questa parte e se si paragona questo dato con il corrispondente 9,7% in Germania e il drammatico 15% italiano. Il solo fatto che questa voce corra spiega più di ogni altro dato che cosa significhi per gli Stati Uniti la recente caduta del dollaro sui mercati valutari. Mentre i giornali italiani hanno presentato come una tragedia per gli Usa la netta perdita di terreno del dollaro rispetto, soprattutto, al marco tedesco, i giornali americani ne hanno parlato molto poco e con sorprendente freddezza. La battaglia politica ha semplicemente ignorato il dato. Si parla molto dell'aumento della povertà in Ameri- ca, paragonabile, secondo gli ultimi dati, a quella di quasi 30 anni fa; si discute dell'ultimo dato sull'incremento del reddito delle famiglie, più basso, in agosto, del tasso di inflazione, peraltro bloccato sotto il 3%. E si punta il dito accusatore su George Bush per l'ultimo rilevamento sul tasso di disoccupazione, un inaspettato, deludentissimo 7,6%. Ed è proprio in base a questo dato che la Fed venerdì ha abbassato per la 24a volta in due anni il tasso interbancario e medita un ulteriore riduzione del tasso di sconto. Ma del dollaro ci si preoccupa pochissimo e, anzi, in parecchi ambienti, si gongola. Una banca centrale che vuole difendere la propria valuta normalmente alza il tasso di sconto. Ma la Fed pensa addirittura di abbassarlo, dopo aver accompagnato la caduta del dollaro limitandosi a controllarla invece che tentare di fermarla. Pazzi? No. Semplicemente, gli europei dovrebbero capire che la caduta del dollaro ha effetti completamente diversi da quella di ogni altra valuta europea. Quando una valuta cade, l'economia di riferimento è esposta a due possibili effetti, uno positivo, aumento delle esportazioni, e uno negativo, aumento dell'inflazione. Per l'America vale solo il primo effetto. Poiché le transazioni finanziarie mondiali avvengono su base-dollaro, gli Stati Uniti sono l'unico Paese a poter controllare i propri debiti con le fluttuazioni della propria valuta. Cala il dollaro, calano i debiti. Un riaccendersi dell'inflazione come effetto della caduta di una valuta può verificarsi per due ragioni congiunte: un aumento dei prezzi dei beni importati e un aumento dei costi di produzione. Ma, a differenza dei Paesi europei, gli Stati Uniti importano molto poco, solo l'8,5% del prodotto nazionale lordo. E, mentre i costi energetici sono a uno dei livelli più bassi del dopoguerra, non c'è nessun rischio che aumenti il costo del lavoro, peraltro bassissimo. Per due ragioni: c'è un'immensa mobilità, anche geografica, nel mercato del lavoro, e i sindacati non contano. Nelle scorse settimane l'unico vero rischio era che, per effetti psicologici, scattasse un meccanismo di «sell off», di svendite, in Borsa. Ma l'iniziale caduta di 50 punti del Dow Jones è stata recuperata per due terzi e sarebbe stata recuperata del tutto senza l'ultimo dato sull'occupazione. Paolo Passarmi I Alan Greenspan

Persone citate: Alan Greenspan, Ameri, George Bush

Luoghi citati: America, Germania, Stati Uniti, Usa