Sokolov e capisci Brahms
Sokolov e capisci Brahms Sokolov e capisci Brahms Grande esecuzione del pianista Strabiliante il suo Prokofev TORINO. Pianista-rivelazione a «Settembre Musica»: Grigorij Sokolov è uno degli ultimi prodotti di quella scuola russa che continua ad alimentare il circuito internazionale con solisti di primissimo rango. Non più giovanissimo, a occhio e croce sopra i quaranta, quando aveva sedici anni vinse il primo premio al Concorso Ciaikovski di Mosca: poi ha atteso parecchio tempo prima di rivelarsi appieno. Ora è un artista completo, come ha mostrato l'altra sera il programma diviso in due mondi antitetici, ricreati con un'adesione impressionante. La serata s'apriva con Brahms: Quattro ballate op. 10, Ballata op. 118, Tre Intermezzi op. 117. Sokolov li suona tutti di seguito, senza mai alzarsi, collegando in un unico racconto la storia del pianoforte brahmsiano, dalla giovinezza agli ultimi anni. Inutilmente il pubblico, stregato dall'esecuzione, cerca di far colare gli applausi nelle brevissime pause tra un pezzo e l'altro: Sokolov sta chino sul pianoforte, a dialogare con la tastiera, come isolandosi dall'ambiente circostante e dipana quella musica che, avanzando negli anni, perde progressivamente i suoi tratti dolorosi e ribelli per dissolversi nella più pura malinconia. La scelta è molto intelligente perché mostra l'unità del mondo poetico brahmsiano, quella perdurante nostalgia senza lamento, insieme austera e fragile, che dalla giovinezza si svolge sino ad inondare, con il suo lirismo, l'intero orizzonte della fine. Sono sette pezzi difficili quelli che Sokolov ha inanellato nella prima parte, riuscendo a tener desta l'attenzione del pubblico con una rara varietà di soluzioni esecutive: timbri cangianti, sonorità contrastate, un'arte del chiaroscuro melodico e tematico per cui la forma assumeva una mobilità continua, scavata in prospettiva. Questo pianista possiede inoltre un tocco morbido e pastoso che riesce a mantenere anche nelle acrobazie. Funambolica, la seconda parte del concerto comprendeva tre preludi dall'op. 23 di Rachmaninov, smaltati con colori squillanti, senza la minima sbavatura, e la Settima Sonata di Prokofev, non bella nel suo populismo demagogico, ma tecnicamente strabiliante: e qui Sokolov ha mostrato un altro volto, scatenando le famose tempeste di ottave con una velocità pari alla trasparenza ed al controllo del suono. Tre i bis: Chopin, Bach e il primo dei tre movimenti di Petrushka. [p. gal.] Il pianista russo Sokolov Permeato di poesia il suo Brahms Straordinario il Prokofev Sokolov e capisci Brahms Sokolov e capisci Brahms Grande esecuzione del pianista Strabiliante il suo Prokofev TORINO. Pianista-rivelazione a «Settembre Musica»: Grigorij Sokolov è uno degli ultimi prodotti di quella scuola russa che continua ad alimentare il circuito internazionale con solisti di primissimo rango. Non più giovanissimo, a occhio e croce sopra i quaranta, quando aveva sedici anni vinse il primo premio al Concorso Ciaikovski di Mosca: poi ha atteso parecchio tempo prima di rivelarsi appieno. Ora è un artista completo, come ha mostrato l'altra sera il programma diviso in due mondi antitetici, ricreati con un'adesione impressionante. La serata s'apriva con Brahms: Quattro ballate op. 10, Ballata op. 118, Tre Intermezzi op. 117. Sokolov li suona tutti di seguito, senza mai alzarsi, collegando in un unico racconto la storia del pianoforte brahmsiano, dalla giovinezza agli ultimi anni. Inutilmente il pubblico, stregato dall'esecuzione, cerca di far colare gli applausi nelle brevissime pause tra un pezzo e l'altro: Sokolov sta chino sul pianoforte, a dialogare con la tastiera, come isolandosi dall'ambiente circostante e dipana quella musica che, avanzando negli anni, perde progressivamente i suoi tratti dolorosi e ribelli per dissolversi nella più pura malinconia. La scelta è molto intelligente perché mostra l'unità del mondo poetico brahmsiano, quella perdurante nostalgia senza lamento, insieme austera e fragile, che dalla giovinezza si svolge sino ad inondare, con il suo lirismo, l'intero orizzonte della fine. Sono sette pezzi difficili quelli che Sokolov ha inanellato nella prima parte, riuscendo a tener desta l'attenzione del pubblico con una rara varietà di soluzioni esecutive: timbri cangianti, sonorità contrastate, un'arte del chiaroscuro melodico e tematico per cui la forma assumeva una mobilità continua, scavata in prospettiva. Questo pianista possiede inoltre un tocco morbido e pastoso che riesce a mantenere anche nelle acrobazie. Funambolica, la seconda parte del concerto comprendeva tre preludi dall'op. 23 di Rachmaninov, smaltati con colori squillanti, senza la minima sbavatura, e la Settima Sonata di Prokofev, non bella nel suo populismo demagogico, ma tecnicamente strabiliante: e qui Sokolov ha mostrato un altro volto, scatenando le famose tempeste di ottave con una velocità pari alla trasparenza ed al controllo del suono. Tre i bis: Chopin, Bach e il primo dei tre movimenti di Petrushka. [p. gal.] Il pianista russo Sokolov Permeato di poesia il suo Brahms Straordinario il Prokofev
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