Garella, una vita nel nome di Lenci di Maurizio Lupo

Garella, una vita nel nome di Lenci Stroncato da un infarto a 67 anni, sognava un museo per la sua collezione Garella, una vita nel nome di Lenci Anche Lady Diana ha una delle sue bambole Un infarto l'altro ieri ha stroncato a 67 anni Beppe Garella, l'estroso imprenditore della Lenci, che nella sua fabbrica in via San Marino 56 bis aveva continuato a produrre le stupende e morbide bambole in panno concepite nel 1919 da Helenchen Kònig Scavini, l'anima creativa che diede a Torino e ai collezionisti le meraviglie della produzione «Lenci». Ceramiche che oggi quotano prezzi milionari e anche bambole, ormai celebri e ricercate in tutto il mondo. «Volevo fare qualcosa che facesse felici i bambini» scrisse Helenchen Kònig. Aveva appena perso la figlia neonata quando da pezze di feltro «Borsalino» diede vita alle sue prime bambole. Le volle tenere e morbide «perché si possano mettere sul cuore». L'impresa, nata da un grande dolore, fiorì in una villa in via Cassini 7. Si chiamò «Lenci»: il soprannome che i torinesi ave¬ vano dato alla piccola Helenchen, quando nacque a Torino nel 1886, figlia del chimico Francesco Kònig di Darmstadt, chiamato in città nel 1885 quale responsabile della Reale Stazione Agraria. Helenchen, nel suo laboratorio alla Crocetta, dove «cantando si rideva», creò un'azienda che in breve raggiunse i 600 dipendenti. Il «panno Lenci» offrì spunti anche per oggetti e arredi. L'atelier divenne un punto di riferimento per creativi e disegnatori. Negli Anni 30 giunsero nomi come Tosalli e Sturani, Chessa, Golia e Dudovich, con le sue bambole «più birichine». Il marchio della casa venne reso solenne da Ugo Ojetti. Tradusse il nomignolo Lenci nell'acronimo «Ludus Est Nobis Constanter Industria», il gioco è per noi la costante attività. Fino al 1936, quando l'azienda che aveva incantato anche Josephine Baker, Mistinguette e Rodolfo Valentino, fu costretta a fare i conti con il terribile anno delle sanzioni economiche. Helenchen Kònig non riuscì a spuntarla in tempi che avevano già più ambizioni belliche che denaro e fu costretta a cedere l'azienda. La rilevò il commercialista Pilade Garella. Avrebbe dovuto curare il fallimento della ditta, ma preferì investirvi e donarle una nuova stagione Suo figlio Beppe ha proseguito quell'impegno fino all'altro giorno, con tenacia, dall'alba al tramonto, finché è giunta la morte. Di anno in anno ha riproposto sul mercato le più belle bambole della dinastia Lenci, in serie a produzione limitata: 999 pezzi, ambitissimi dai collezionisti. Ne ha una anche Lady Diana. Per il 1993 l'instancabile Garella aveva in serbo una novità: una collezione di modelli nuovi, inediti, ma sempre in linea con quelli della tradizione. Sarà la figlia Blandina a realizzarli, nella speranza di adempiere a un altro vecchio sogno del padre: quello di aprire in città un museo con tutta la raccolta Lenci. Da tempo Beppe Garella se ne crucciava: «Abbiamo insistito con tutti per dare alla nostra collezione una vetrina in grado di richiamare l'attenzione su una pagina importante di storia, non solo della nostra ditta, ma anche della città. Invece niente». Maurizio Lupo Beppe Garella aveva una sorpresa per il 1993: una serie di bambole inedite

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