«Libero Manolo, l'assassino di Pontevico»

«Libero Manolo, l'assassino di Pontevico» Sterminò un'intera famiglia, adesso guiderebbe una banda di miliziani serbi. Ma il suo avvocato smentisce «Libero Manolo, l'assassino di Pontevico» Lo slavo sarebbe fuggito dal carcere BRESCIA NOSTRO SERVIZIO Manolo l'assassino è libero, si è lasciato alle spalle l'incubo della strage di Pontevico e il carcere di Pozaverec per diventare il comandante di una banda di serbi. E' l'ultimo giallo che rimbalza dalla Jugoslavia in guerra, un mistero per ora sepolto nel caos del conflitto. Manolo Ljubisa Vrbanovic, che insieme con Ivica Bairic, il 15 agosto 1990, a Torchiera di Pontevico, vicino a Brescia, massacrò la famiglia Viscardi (il padre Giuliano di cinquantasette anni, la moglie Maria Agnese Maringoni, cinquantatré anni, e i figli Luciano e Maria Francesca, ventotto e ventidue anni) avrebbe infatti lasciato la prigione a settanta chilometri da Belgrado, secondo quanto riferisce una fonte jugoslava. La notizia per ora non è ancora confermata, perché dalla Serbia trapelano scarse informazioni, ma il ritorno di Ma¬ nolo alla libertà è qualcosa più di una ipotesi, anche se gli inquirenti italiani che seguirono il caso non hanno voluto rilasciare dichiarazioni. Alcuni italiani, appena rientrati dalle vacanze sulla costa croata, riferiscono che i governi delle diverse etnie slave in guerra, assoldano e arruolano mercenari di ogni risma pur di prevalere nella guerra fratricida. Di qui le voci secondo le quali Manolo e altri criminali sarebbero stati liberati o sarebbero stati appoggiati nella fuga dal carcere dalle stesse autorità governative. L'avvocato Fila Toma, difensore del pluriomicida, da Belgrado smentisce che il suo cliente abbia lasciato la cella e parla di invenzioni giornalistiche. Di parere opposto è Guido Viscardi, l'unico superstite della famiglia massacrata dal nomade slavo, si dichiara diffidente sia sulla sicurezza del carcere di Pozaverec sia sulla volontà di giustizia del governo serbo: «Il clima - dice - era già poco chiaro quando mi ero recato a Kraguievac per partecipare all'udienza preliminare del processo aperto nel febbraio del 1990. Allora mi fu proibito un confronto con Manolo e poco o nulla venne fatto per ottenere l'estradizione, alla quale si opposero le autorità serbe». Guido Viscardi lo voleva proprio vedere in faccia l'assassino di suo padre, di sua madre, dei suoi due fratelli, fino al punto di tentare, ingenuamente, di corrompere una guardia del carcere di Pozaverec. Non si erano capiti per via della lingua e per l'assurdità della situazione. In passato c'era riuscito, invece, Manolo, croato di nascita e serbo di adozione il quale, qualche anno fa, per fuggire aveva corrotto un intero turno di guardie del penitenziario dov'era recluso. Nel corso dell'udienza preliminare, Manolo aveva raccontato così la strage di Pontevico: «Ero ubriaco perché avevo bevuto molta birra e preso co- caina. Sparai solo contro un uomo ma lo colpii alle gambe dopo che Bairic mi aveva ordinato di farlo. Ad uccidere è stato lui con la sua Smith & Wesson 357 Magnum». Una versione che nessuno è in grado di confutare. Bairic infatti non c'è più; è morto il 10 dicembre 1990, «suicidato», in un casolare circondato dalla polizia a Slavonski Brod, in Croazia, al confine con la Serbia, paese dove è nato Manolo, e dove proprio in queste ore si nasconderebbe, a capo di una milizia di appoggio al governo serbo. «Domani saprò esattamente se quel bandito non è più in carcere e se è pronto a ritornare in Italia per compiere altri delitti», dice Guido Viscardi che sta cercando di parlare con la sua traduttrice, la signora che lo assiste a Belgrado durante il processo. «Ha un turno di lavoro complicato - dice -. Devo sentirla di notte, ma presto saprò la verità». Tonino Zana Manolo Ljubisa Vrbanovic ha scaricato sul complice morto la responsabilità della strage di Pontevico, dove vennero uccisi padre, madre e due figli

Persone citate: Fila Toma, Guido Viscardi, Ivica Bairic, Manolo Ljubisa Vrbanovic, Maria Agnese, Maria Francesca, Tonino Zana Manolo, Viscardi