Young: a Torino mi regalo un record di Gian Paolo Ormezzano

Young: a Torino mi regalo un record TORINO. Oggi e domani il masochismo storico di Torino dovrebbe avere una interruzione, almeno per quel che concerne lo spettacolo atletico: nel senso che la città che ha fatto nascere lo sport italiano e che, calcio a parte, se l'è poi fatto portare via quasi tutto, dovrebbe riuscire a godersi due giornate intensissime di cose, di gare, di personaggi e di personalità, di stadio e anche di teatro. Il clou è si capisce la finale del Grand Prix, domani al delle Alpi che altrimenti si sarebbe messo invano l'ovale rosso intorno al campo verde: è una finale fortemente voluta da Nebiolo, torinese presidente dell'atletica mondiale (Iaaf), tante volte trattato dalla sua città come uno che dà disturbo, che si agita troppo. E' la seconda manifestazione del 1992, la prima è stata l'Olimpiade di Barcellona, se i torinesi non vanno stavolta allo stadio (costa anche poco, pochissimo) e poi dicono che questa è una città morta, vadano allora anche a farsi benedire. Poi ci sono le celebrazioni, oggi, degli ottant'anni Iaaf, invasi il Regio e i Giardini Reali dagli dèi dell'atletica. Sono già a Torino grandi campioni, su tutti Kevin Young, quello del 46"78 sui 400 ostacoli nella finale dei Giochi, massimo record dell'anno, evento tecnico fra i più grandi nella storia. Oggi Bubka e forse anche Lewis, Young e la Torrence, la Privalova e Tamii, la Drexel faranno una conferenza-stampa allo stadio delle Alpi. Alcuni poi - sicuro Lewis - si trasferiranno al Regio, per la cerimonia del compleanno Iaaf, presente Samaranch presidente del Ciò. Lì troveranno gli ex del passato, chiamati alla festa: Za- Il fuoriclasse degli ostacoli vuole ritoccare il mondiale domani nella finale del Grand Prix Young: a Torino mi regalo un record E oggi la grande festa della Iaaf topek e Fosbury, la Rudolph e Juantorena e la Blankers-Koen, faccia ognuno le visite opportune nella memoria. Sono momenti intensi di uno sport ex povero, dove in pochi anni sono cambiati tutti i numeri, da quelli dei primati a quelli dei guadagni. Ieri ne abbiamo parlato con un singolare intelligentissimo personaggio, tenero e forte, Kevin Young, l'ostacolista che ha tolto Edwin Moses dell'albo d'oro dei 400, un ventisettenne che parla come un quarantenne attivissimo e sereno. E' stato ospitato in un negozio di via Roma dove si vendono scarpe per gli atleti, si è ancora raccontato e ha anche detto cosa farà dei 25.000 dollari del Grand Prix, se come sembra vincerà la classifica finale: «Comprerò mobili per la mia casa di Los Angeles. Non sono sposato, non sto per sposarmi, ma voglio circondarmi di cose belle». Conoscerlo può servire per applaudirlo meglio. Ha scritto 46"89 sulla parete della sua stanza, quando il mondiale era di Moses con 47"02, perché? «Perché volevo scendere sotto i 47", e di un bel po', per sentirmi solo. Così adesso penso a 46"50, non a 46"80. Anche qui a Torino, la città che conosco perché sta attaccata al Sestriere dove si fa il meeting di piena estate. Non c'entra che stavolta ci sia Matete, io corro sempre da solo. Posso togliermi qualche centesimo, rispetto a Barcellona, soltanto evitando di festeggiarmi e scompormi negli ultimi metri, come ho fatto là. Penso entro un anno circa di poter correre intorno ai 46". Il 45" e qualcosa non è fantascienza. Io ci corro dietro da quando nel 1984 ho deciso di fare l'ostacolista, lasciando il basket. Amo l'atletica, ho cominciato l'amore vedendo i Giochi di Monaco '72, ero un bambino. Ho amato Moses, l'ho incontrato due giorni dopo il record, mi ha detto che ero stato meraviglioso, ho risposto che lo dovevo a lui, ci siamo abbracciati». «Qui penso di fare tredici passi per i primi due, tre ostacoli, poi di passare a dodici per un paio, quindi di tornare a tredici. Ma non è detto, adesso ho velocità, posso fare cose speciali. Mi piace atterrare appena al di là dell'ostacolo e riprendere la spinta, volando si perde tempo. In due gare ho fatto undici passi da un ostacolo all'altro, la seconda volta è stata la semifinale di Barcellona, mi sono rivisto sennò mica ci credevo». «La mia atletica è amore e amicizia e fatica. Il mio allenatore dice che lui si limita a gridarmi "go!", il resto lo faccio io, un po' è così, ma senza di lui, John Smith, che allena anche Quincy Watts dei 400, come vincevo a Barcellona, dove ho fatto tre gare diverse, per conoscere la velocità della pista, per studiare i passi, per unire conoscenza e velocità?». «La mia atletica è educazione, è college frequentato anche grazie ai successi sportivi, è vita che vorrei per tutti i giovani di Los Angeles: e invece tanti, neri come me ma anche bianchi, non si tratta di pelle, patiscono quella città, non vogliono sapere dove sia lo stadio». Parole che dette male sanno di zio Tom, dette da lui sembrano dà rivoluzionario contro il conformismo della desolazione. E poi gentilezza con tutti, autografi, sorrisi, ampie concessioni di se stesso, nessun problema di portarsi via presto, con quelle gambe lunghissime che sono un tormento a stare tanto tempo seduto. Gian Paolo Ormezzano Il grande Kevin Young, al centro A fianco il maratoneta Zatopek uno degli ospiti della festa Iaaf