Troppe spese, si chiude di Claudio Giacchino

Troppe spese, si chiude Troppe spese, si chiude Il giudice dà i 40 giorni agli emiliani BOLOGNA DAL NOSTRO INVIATO Povero Bologna: un tempo era lo squadrone che «tremare il mondo fa». Adesso, tremano solo i creditori. L'antica società è sull'orlo del fallimento: il giudice le ha concesso tempo sino al 12 ottobre per rimediare ai disastrosi bilanci. Se la sicurezza ostentata in tribunale dal presidente Piero Gnudi («Tutto s'aggiusta, ho pronti 15 miliardi») è solo apparenza, nel giorno del cinquecentenario della scoperta dell'America il calcio scoprirà di aver perduto una delle sue glorie. 115 miliardi della Provvidenza, però, dovrebbero saltare fuori. Dalle tasche di Pasquale Casillo: ieri ha incontrato i dirigenti della Cassa di Risparmio, la banca verso la quale il Bologna è esposto per 34 mila milioni. Il novello re del grano, padrone del Foggia e della Salernitana, è il vero proprietario del club rossoblu: Piero Gnudi, per la cui impersonale eleganza la città l'ha battezzato «Mani¬ chino Standa», è presidente solo di nome. Le leggi del pallone vietano che più club siano in mano alla stessa persona, ma siccome l'Italia è il Paese del «fatta la legge, ecco l'inganno» , nessuna meraviglia che Casillo comandi in Emilia, in Puglia, in Campania: attraverso le finanziarie che detengono i pacchetti azionari delle società. Lo stratagemma delle finanziarie è inattaccabile, Matarrese e Nizzola possono professare sdegno e promettere inchieste inutili. Così, in virtù di Casillo padrone qua e là, il general manager della Salernitana Giuseppe Cannella, l'originale, l'altro giorno folgorato dall'idea di risanare il deficit facendo intervistare a pagamento i giocatori, è approdato al Bologna. Presto dovrebbero seguirlo Padalino e Codispoti, gli unici foggiani che Casillo non è riuscito a piazzare. Ma cosa ci guadagna il re del grano a evitare il fallimento? Perché, inoltre, lasciarsi sprofondare in un debito folle? Una risposta l'ha data l'avvocato Berti, legale di Corioni, co¬ lui che nel 1991 ha ceduto il Bologna a «Manichino Standa»: «Il pallone è munifico con gli abili. Guardate un po' Casillo quanto ha guadagnato con il Foggia solo nell'ultimo mercato. Nel 1985 Corioni pagò questa società 2 miliardi e mezzo. L'ha venduta per 16». Al business vanno aggiunte le lucrose cessioni di Marocchi, Luppi e De Marchi alla Juve. Bisogna aggiungervi anche i miliardi speculati su Detari. Corioni lo prese dall'Olympiakos Atene: «E' costato 6 milioni di dollari». I greci eccepirono: «Noi abbiamo visto solo la metà di quella cifra». Certo. L'altra metà era finita alla Interplay, società con sede nel Liechtenstein, di proprietà di tal Vinicio Fioranelli, svizzero che commercia calciatori, e di Corioni. L'avvocato Berti ha negato: «Il mio cliente acquistò Detari da Fioranelli che a sua volta l'aveva ottenuto dall'Olympiakos». I legali dei greci l'hanno raccontata diversamente: «Corioni s'è comprato il giocatore tramite la Interplay di cui è socio per rivenderlo a se stesso, facendolo pagare il doppio. Tanto, i soldi uscivano dalle casse del Bologna Calcio». Forse, non hanno tutti i torti gli abbacchiati tifosi del bar Otello, covo del tifo felsineo: «A Bologna saranno scomparse le cicogne, non gli avvoltoi». Intanto, la bandiera rossoblu è diventata lo stendardo della follia pallonara. Follia raccontata nei libri contabili esaminati in questi giorni dal magistrato, dagli agenti della Guardia di Finanza e dai tre ispettori della Covisoc. Uno è il professore Renato Minafra: «Il calcio riluce in superficie, ma sotto sotto è intaccato da quella malattia che si chiama 'sperpero'. Le società incassano 1 e spendono 3: come meravigliarsi, dunque, del casoBologna?». L'anno scorso, in B, la società introitò, tra incassi, contributi federali e sponsorizzazioni, circa 8 miliardi: ebbene, s'è accollata tre giocatori che, tra ingaggio e cartellino, ne costano 14: Gerolin, Incocciati e Baroni, onesti operai della palla. Nei bilanci la Guardia di finanza ha trovato anche weekend dei dirigenti all'estero, in aereo-taxi, omaggi floreali a belle signorine, cene sontuose: tutto in conto alla società. Conto di oltre 200 milioni. Che diamine: se la squadra va male, bisogna pure consolarsi. Claudio Giacchino

Luoghi citati: Atene, Bologna, Campania, Emilia, Italia, Puglia