TIERI LOJODICE Insieme nella vita separati a letto

TIERI LOJODICE Insieme nella vita separati a letto LACOPPiA.Lei sposata con figli, lui «posseduto» da una donna bellissima, eppure a Siracusa... TIERI LOJODICE Insieme nella vita separati a letto EROMA A prima cosa che mi colpì, in lei, furono i piedi: lunghi, magri, un po' egizi. Eravamo in un ascensore della Rai e glielo dissi: "Signorina, ha dei bellissimi piedi"», confida Aroldo Tieri, all'epoca già attore famoso e noto seduttore. All'insolito complimento, seguì un invito a casa per il tè: «Ero sicuro che non avrebbe mai potuto resistere al mio fascino». Invece, lei, una Giuliana Lojodice appena ventenne, bella e promettente, resistette: e non se ne fece nulla. Era l'estate del '60. Ismene e Creonte Sarebbero passati sei anni prima che i due si incontrassero di nuovo, nel '66 a Siracusa, in occasione dell'Antigone di Sofocle: Tieri era Creonte, la Lojodice sua figlia, Ismene. Ma nel frattempo, la vita dei due è molto cambiata: Tieri si è legato «a una delle più belle donne di Roma», Giuliana si è sposata e ha due figli: «Mi ero messa addosso sei anni di vita intensissima: ormai ero una donna, con una famiglia sulle spalle, da mandare avanti. Eppure, non appena ci siamo rivisti per le prove, a Roma, si è stabilito un filo magico. Al punto che sono partita per Siracusa in uno stato di grande eccitazione, come se mi preparassi a un evento. Feci la valigia mettendoci dei vestiti particolari (era l'epoca delle minigonne e dello stile Courrèges), comprati apposta per lui, che sapevo uomo di gusti raffinati». A Siracusa, complice il profumo delle zagare e la suggestione dei luoghi, fu amore: «Aroldo fu travolgente, sfoderò tutto il suo spirito e il suo charme pur di conquistarmi. Quando accadde "la cosa più bella del mondo", mi arrabbiai moltissimo per essergli caduta fra le braccia come una pera. Per giorni lo odiai e non gli rivolsi nemmeno la parola». Poi, ci fu il ritorno. Per Tieri si trattava di recidere un lungo legame: una donna sposata per un'altra donna sposata. «E' inevitabile: quelle belle sono già impegnate e bisogna sempre strapparle a qualcuno. E poi non si sapeva ancora se sarebbe stata una delle solite passioni da tournée, o qualcosa di più». Era qualcosa di più. Poco dopo, nasceva la ditta TieriLojodice-Palmer-Malfatti, che in seguito sarebbe diventata semplicemente Tieri-Lqjodice, a sancire un'unione nella vita e sulla scena. Ma Giuliana cercò di tenere la famiglia all'oscuro di tutto. Sinché, a Natale, il solito rotocalco a sensazione uscì con un servizio scandalistico e scoppiò la tragedia. L'atmosfera divenne irrespirabile, il marito, Mario Chioccino, perse il lume della ragione e l'estate seguente, al ritorno da uno Shakespeare a Verona, se lo trovarono sotto casa, con un foglio di carta bollata in mano. «Ne seguì una rissa e finimmo tutti dai carabinieri. Fu molto avvilente. Sono stati an- ni durissimi, ma anch'io posso essere dura. Ci fu la separazione e poiché mio marito aveva ottenuto l'affidamento dei figli, presi alloggio sopra loro e continuai, per dieci anni, ad essere madre. Stavo coi miei figli a colazione e a cena, li aiutavo nei compiti. Poi decisero di cambiar casa e io mi trovai nell'impossibilità di seguirli. Aroldo aveva rivoluzionato mezzo appartamento, buttando giù muri e tirandone su, per preparare una stanza soltanto per me. E mi sono trasferita». Stanze rigorosamente separate da una porta nascosta nella libreria. «All'inizio, io che venivo dal grande letto maritale, ne sono rimasta sconvolta. Poi ho capito che aveva ragione lui: non si possono imporre bioritmi, intimità, piccole manie. Meglio conservare qualche lato segreto». Appartamento da scapolo Era un appartamento da scapolo costruito, al quinto piano di un palazzo moderno, dall'architetto Majorana. «Giuliana è la prima donna che sia mai entrata qui e vi sia rimasta anche a dormire. Ha avuto il buon gusto di non toccare niente, di non cambiare niente». Il ritratto che si vede, entrando, è di Aroldo giovane, firmato Dante Ricci. I libri sono scelti da Aroldo. I ricordi, posati in bell'ordine, sono di Aroldo. Ritratti di famiglia, chiusi in cornici d'argento: la madre Margherita, il padre Vincenzo, commediografo, giornalista e politico, i fratelli Gherardo e Marcello, entrambi caduti in guerra. Una fotografia di Ruggeri. Un biglietto, firmato Aldo Moro: «Gentile signor Tieri, mi viene riferito ch'ella mi ha cortesemente salutata l'altra sera, in piazza San Lorenzo in Lucilla. Distratto com'ero, non ho potuto rispondere al suo saluto e ringraziarla di cuore. Lo faccio ora con la più viva cordialità. Mi creda, suo devotissimo...». Ci sono 36 gradi, a Roma. Non un alito di vento dalle finestre spalancate sul terrazzo fiorito di gerani, col gelsomino che si arrampica sul muro. La Lojodice, i mitici piedi chiusi in scarpe coi lacci, i capelli raccolti a coda di cavallo, è evanescente, sembra che stia per liquefarsi. Aroldo, no. La camicia azzurra sui pantaloni azzurri, i 75 anni portati con spavalderia, disteso, sorridente, immune da calori. Sigaretta e bocchino «Viviamo insieme ventiquattr'ore su ventiquattro da 25 anni: la grande sfida è stata proprio questa. Esser legati mentalmente e fisicamente può costituire una gran forza, ma anche un gran rischio. Credo che la nostra unione si sia salvata proprio perché tra noi non c'è quell'estrema confidenza, quell'intimità totale che scende fin nei minimi particolari, anche i più sgradevoli. Per questo, difendiamo i nostri spazi, nella vita e nel lavoro. Io, per esempio, ho bisogno di studiare da solo: anche ora che stiamo allestendo una commedia a due personaggi ("Care conoscenze e cattive memorie" di Israel Horowitz) e ci farebbe magari comodo provare in casa, ci prepariamo ciascuno per conto proprio. Poi, ci ritroveremo sul palcoscenico». Aroldo parla infilando meti- colosamente nel bocchino bianco una sigaretta, fuma soltanto poche boccate: il portacenere trabocca di cicche lasciate a metà. Parla con distacco: «Il lavoro è pesante. Non solo, è un momento in cui provo schifo per questo mestiere. Un mondo infettato dalla politica come tutto: anche qui, dietro le quinte, ci sono i veleni. Sono sempre stato un isolato, come Gassman, come Randone, ma la cosa non mi diverte più. E' stata Giuliana a darmi la sicurezza, la forza di resistere. Ha molte più energie, più coraggio di me. E' lei a spingermi, pungolarmi, a riempire i vuoti, la poltroneria e l'assoluta mancanza d'ambi¬ zione. Lei teme che la mia fine sia su una poltrona. Può darsi, ma non la considero una fine. Me ne starei a casa, solo, coi miei pensieri. Anche pensare è lavoro, il pensiero è fatica, non riposo. Si può uscire dai pensieri pieni di lividi e con le ossa rotte. Sento continuamente il bisogno di passare in rivista ciò che ho fatto e come l'ho fatto. Ho bisogno di avere momenti di ricordo dei miei: parlo con loro, me li vedo vivi, davanti». «Mio padre è stato il mio maestro. Uomo dolce, pieno di fascino. Mia madre, veniva tutti i giorni verso l'una, con una mozzarella e una pera. Il pranzo era un rito che non mi apparteneva. L'ho scoperto quando Giuliana è entrata qui ed ha cominciato a cucinare. Ma la sera, per quindici anni, abbiamo continuato ad andare al ristorante». Tre anni fa si sono sposati, in Campidoglio. Era estate, un afoso sabato di luglio, alle 8 del mattino. Nell'album di fotografie, lei è bruna, con un abito di Ungaro, un piccolo bouquet in mano. C'è Sabrina, la figlia di 28 anni, che le ha fatto da testimone, ci sono i fratelli e un'amica dottoressa. «Il ricevimento nuziale è stato un cappuccino, in piazza Risorgimento. Non mi sono mai sentita tanto felice. Ma un cecchino è riuscito a rovinare il giorno più bello della mia vita: la settimana successiva infatti, mentre siamo a Cortina, esce su Gente un pezzo con tanto di foto. Inaudito». Non sopporto i attori gl Cortina è diventata la meta fissa delle loro vacanze. «Prima, andavamo a Positano - dice Tieri - poi, il mare è diventato intollerabile: troppo caldo, colori troppo forti, troppa umidità. I medici mi hanno consigliato la montagna e abbiamo ritrovato gli amici sparsi per l'Italia che, in inverno, incontriamo solo durante le tournées. Frequentiamo giornalisti, politici, industriali. Gli attori no, non li sopporto. Non che li disprezzi, semplicemente non ne condivido le idee, né il modo di vivere. Per me la condanna maggiore sono sempre state quelle deprimenti cene dopo-spettacolo in cui si annega nella cialtroneria». Altri album di fotografie: ce n'è uno per ogni estate. Positano: ecco Giuliana con Franco Zeffirelli, con Monica Vitti, con Giancarlo Giannini, mascherata da ghepardo, con le orecchie a punta e la coda ritta. «Pensa che pazza!». Si alza il ponentino: entra, leggero, dalle finestre spalancate. Aroldo, l'abitudinario, sorride. «Lei si alza alle dieci, io alle otto, per avere due ore di libertà: vado in terrazza, faccio la mia piccola ginnastica, poi un esercizio di memoria e, per finire, cerco di ripetere il solito brano di D'Annunzio tutto d'un fiato, mentre di solito ce ne vogliono tre». Giuliana riflette: «Aroldo si vuole molto bene. Io non ne ho il tempo: devo pensare, anzitutto, a quello che devo fare per lui». Ma aggiunge premurosa: «Il nostro è un incontro giusto, vero, importante. Lui non usa mai la parola amore: è calabrese, ha grandi pudori. Io, che la uso, posso dire, a distanza di 25 anni, di essere ancora follemente innamorata. La grande spada di Damocle è il momento in cui Aroldo dovrà lasciare il teatro. E' troppo stanco, non ce la fa più. So già che un giorno mi ritroverò a recitare con un altro. E sarà il giorno più terribile della mia vita». Amido fu travolgente ma quando accadde «la cosa più bella del mondo» mi arrabbiai moltissimo, lo odiai e non gli parlai per giorni ■ ■.*■>-■>;*>. Nelle tre piccole foto sotto: Marina Malfatti (a sinistra) Monica Vitti ed Aldo Moro