scandali e sogni

scandali e sognile manovre politiche, la contestazione sotto i riflettori del Lido scandali e sogni notte» di Capra tocca una Medaglia Ciga; si chiamano Coppa Volpi dal 1935, quando un decreto governativo dà alla manifestazione un ritmo annuale anziché biennale, e c'è anche una Coppa Mussolini che nel 1936 va a «Squadrone bianco» di Au- gusto Genina, dedicato «ai valorosi gruppi sahariani che al comando di Sua Altezza Reale il Duca d'Aosta ricondussero la Libia sotto il segno di Roma». Arrivano al Lido Josephine Baker, Jimmy Durante, Douglas Fairbanks e Mary Pickford, Cary Grant e Barbara Hutton, Tyrone Power e Annabella. Il Palazzo del cinema, progettato dall'ingegner Quagliata, viene costruito in meno di un anno, e sessant'anni dopo è sempre lo stesso, come tutto il resto: luoghi, strutture, percorsi e usi della Mostra del cinema sono tra le cose meno cambiate nel mondo supermutevole, e se ne può ricavare un sentimento di conforto oppure di scoraggiamento. Il Palazzo, all'inizio, serve poco: nella seconda guerra mondiale e nel dopoguerra vi si installano comandi militari tedeschi o alleati, i film sfrattati si rifugiano nei cinema San Marco e Rossini di Venezia o nel cortile meraviglioso del Palazzo Ducale. Ripreso nel 1946 (vince «L'uomo del Sud» di Jean Renoir, «Paisà» di Rossellini e «Les enfants du paradis» di Carnè meritano appena una segnalazione), il festival torna al Lido nel 1948, e nel 1949 un «recinto provvisorio all'aperto» si trasforma nell'Arena. L'egemonia democristiana stabilita con le elezioni dell'a¬ prile 1948 ha la sua influenza: si moltiplica l'attenzione verso i film didattici, scientifici, d'arte e per ragazzi; nella giuria di critici figura nel 1948, oltre al padre Morlion, il deputato democristiano Mario Melloni che sarà poi il corsivista comunista Fortebraccio; è presente l'Office Catholique International du Cinema, che segnala il film svizzero «Virgulti nella bufera». Nel corso del tempo, i Leoni d'oro non toccheranno mai a Fellini né a De Sica né a Germi; Rossellini e Visconti avranno il premio maggiore per film minori, «Il generale Della Rovere», «Vaghe stelle dell'Orsa»; e sì che nelle giurie veneziane non mancano quasi mai gli intellettuali, Montale, Silone, Soldati, Bassani, Moravia, Piovene, Eco, Calvino, Susan Sontag, Peter Handke. La Mostra di Venezia si divide in tre epoche: fascista, democristiana e contestata. Nella prima èra lo scandalo muto o mormorato s'esercita sul nepotismo di regime: dive troppo predilette perché amanti dì gerarchi; la Coppa Mussolini attribuita a «Luciano Serra pilota», film supervisionato da Vittorio Mussolini; film scelti per Venezia, a esempio «Le vie del cuore» di Mastrocinque, magari soltanto perché interpretati dalla sorella dell'amante di Mussolini, in arte Miriam di San Servolo. Nella seconda èra, lo scandalo anche chiassoso e con conseguenze giudiziarie si esercita sul moralismo: «Il diavolo in corpo» di Autant Lara accusato d'essere osceno e offensivo per i militari; «Amore» di Rossellini accusato d'essere blasfemo per via dell'episodio «Il miracolo», in cui la vagabonda Anna Magnani s'innamora d'un uomo da lei creduto San Giuseppe (in realtà è Federico Fellini); «Senso» e «Rocco e i suoi fratelli» di Visconti, «Accattone» di Pasolini, imputati d'oscenità e anarchismo; «Bella di giorno» di Buhuel, accusato d'oscenità; «I diavoli» di Rus- sell, accusato di blasfemia. Nella terza èra, lo scandalo è politico: nelle pulsioni rivoluzionarie del 1968, i contestatori chiedono che la Mostra (e il cinema) venga gestita dai cineasti, da loro; Gregoretti, Ferreri, Franco Solinas sono con quelli che tentano d'occupare il Palazzo; la Mostra chiama la polizia; Zavattini tempesta: «La cultura non è una mongolfiera che si libra al di sopra dei fatti» e viene portato via da un'assemblea da quattro poliziotti che lo sollevano ed espellono ancora seduto sulla sua sedia presidenziale. Gillo Pontecorvo e Pasolini cercano di convincere il direttore della Mostra Luigi Chiarini del- le buone ragioni dei contestatori. Il colloquio è lungo, l'ira di Chiarini esplode in insulti e proteste echeggianti nella hall dell'Excelsior ma la voce di Pasolini, dolcissima e paziente, ricomincia sempre da capo. «E' una persona terribile, questo Pasolini», si scandalizza la signora Chiarini. «Mi prende da una parte e con la sua aria mansueta fa: "Signora, insista perché suo marito venga al nostro fianco. Anche lei non può desiderare che la carriera di un uomo di cultura così integro sia lordata dalla responsabilità di disgrazie. Signora, lei ha quattro figli, ha nove nipoti. Ci pensi bene. Se quando noi cercheremo di occupare la Mostra la polizia reagirà, se magari ci scapperà il morto, una parte di responsabilità, signora, sarà anche sua". Un ricattatore!». A picchiare, invece, sono soprattutto gli inviperiti abitanti e commercianti del Lido, che aspettano i contestatori in folla nemica: un giovane regista televisivo viene massacrato di botte, a Francesco Maselli rovinano un ginocchio e feriscono le mani. Dopo le battaglie, tregua. Per dieci anni la Mostra del cinema assume caratteristiche differenti di manifestazione culturale studiosa; nel 1969 vengono aboliti i premi, in base alla ragionevolissima constatazione che non si possono «paragonare cetrioli e lattuga», che stabilire un confronto e un primato tra film diversi per genere o livello è un'assurdità culturale, e i Leoni d'oro torneranno a brillare soltanto nel 1980. Soltanto per accuse di blasfemia la polizia tornerà al Lido: nel 1988, «L'ultima tentazione di Cristo» di Martin Scorsese fa temere reazioni violente come quelle già verificatesi negli Stati Uniti e anche se non accade nulla si rivedono posti di blocco, poliziotti statici che presidiano il Palazzo del cinema, poliziotti dinamici che percorrono su e giù i viali d'accesso, poliziotti sedentari che vigilano nei camion posteggiati in vicinanza, poliziotti espliciti in divisa, poliziotti impliciti in abito simulato. Nell'ultimo decennio, alla Mostra di Venezia come in Italia, lo scandalo furente e impotente si esercita soprattutto sulla lottizzazione di regime, partiticoaziendale: film sospettati d'essere stati scelti in concorso soprattutto perché di autori socialisti o di produzione RaiUno; accuse di prepotere televisivo; sprezzanti insofferenze per l'invasione della Mostra da parte di funzionari partitico-televisivi ineleganti. Il tempo è passato, il mondo è cambiato, le vecchie divisioni sono cadute, dimenticate: nel 1992 il contestatore Pontecorvo ha le funzioni di direttore della Mostra, il contestatore Gregoretti dirige lo spettacolo tv delle premiazioni conclusive. Chi avrà trionfato e chi perduto, ci saranno poi davvero vincitori e vinti? Chissà se aveva ragione Fellini quando ha detto: «Come il cinema, anche i festival di cinema prendono forzatamente un'aria un pochino da trapassati: la Mostra di Venezia mi pare il soprassalto di qualcosa che c'era, che magari continuerà a esistere in altre forme, che nella sua forma tradizionale deve vivere di ricordi». Lietta Tornabuoni «Bella di giorno» e «I diavoli» accusati d'oscenità blasfema Scoppia il '68, poi anche alla Mostra ecco i veleni della lottizzazione A sinistra: Charlotte Rampling. Molti ricordano le sbronze veneziane che la facevano scivolare dalla sedia e finire sotto il tavolo durante un pranzo cerimoniale. Poi affiorano i ricordi del «viva gli sposi» gridato a Pasolini e alla Callas, dei ceffoni fra cineasti e critici, di Fassbinder che non si lavava mai IWIJi Spi Anche Goebbels, il ministro della propaganda nazista frequentava il festival di Venezia: a sinistra, un'immagine del '39