Fuori concorso, in 26 ore o 4 minuti di Alessandra Levantesi
Fuori concorso, in 26 ore o 4 minuti Fuori concorso, in 26 ore o 4 minuti // più lungo è «Heimat», il più corto «Stille Nacht..,» VENEZIA. C'è un film che dura ben 26 ore, «Heimat 2», col quale il cineasta Edgard Rèitz prosegue la sua rivisitazione della storia tedesca del XX secolo da un punto di vista d'osservazione famigliare, trasferendosi nella città di Monaco dah'immaginario villaggio di Schabbach dove si ambientava il primo capitolo (lungo 15 ore e mezzo); e c'è un film di soli 7 minuti, «Femmine, folle e polvere d'archivio», con cui il nostro Silvio Soldini, dopo aver puntighosamente rovistato fra i materiali dell'Istituto Luce dal '20 al '50, ripercorre in sintesi le vicende di quel trentennio dalla parte delle donne. C'è un film, il primo di lingua e cultura curda - assicura il regista Nizamettin Arie - che narra le venture di quel popolo dannato e perseguitato nel confine caldo fra Afghanistan ed Iraq; e c'è lo spionistico americano con il divo Harrison Ford, «Patriot games» (da noi si chiamerà «Giochi di potere»), che a giudicare dal botteghino Usa non è dispiaciuto alle platee, però ha suscitato polemiche per il modo in cui affronta il tema del terrorismo in Irlanda. C'è un film-intervista con un critico dei «Cahiers du cinema», Serge Daney, che poche settimane prima di morire traccia il proprio «itinerario di cinefilo», lasciando una specie di testamento morale. E c'è la commedia amara generazionale, «Volevamo essere gli U2» di Andrea Barzini, dal lavoro teatrale di Umberto Marino, interpretato da una squadra di giovani attori. Si trova di tutto, nelle rassegne collaterali. I titoli in gara per il Leone d'Oro sono eterogenei per Paese d'origine e stile: ma hanno lunghezze variabili solo nella misura consentita ad un lungometraggio, sono rigorosamente di fiction e rappresentano, nei limiti di ciò che offre la piazza e permette la concorrenza festivaliera, la scelta organica del direttore Pontecorvo e della sua commissione. Affidate a curatori diversi, le altre sezioni obbediscono a logiche differenti. La «Vetrina italiana» comprende nove film che vanno da un'opera radicale come «Manila Paloma bianca» di Daniele Segre, confessione-ritratto di un attore passato attraverso le cure psichiatriche, all'ironico «Nero» che Giancarlo Soldi ha tratto da Tiziano Sciavi. La selezione «Finestra sulle immagini» (firmata da Emanuela Martini) fruga nel cinema a cavallo fra testimonianza ed invenzione astratta, fra documento e cartone animato: accosta il «Darwin» di Peter Greenaway a «Morte dello stalinismo in Boemia» del disegnatore cecoslovacco Ian Svankmajer; e mette insieme il cortissimo ed il lunghissimo, ovvero i 4 minuti di «Stille Nacht I, Stille Nacht II. Siamo ancora sposati?» dei fratelli Quay e le otto ore e 40 minuti di «La camera da letto» in cui l'ottantaduenne poeta Attilio Bertolucci, ripreso da Stefano Consiglio e Francesco Del Bosco, recita i 42 capitoli del suo poema omonimo. «La Settimana internazionale della critica» registra cambiamenti di umori nel campo del cinema esordiente con due proiezioni speciali per «Il ragazzo della domenica» di Bergman figlio e «Kalkstein-La valle di pietra» di Maurizio Zaccaro. Più difficile individuare la filosofia di «Venezia notte»: non si capisce se raccoglie i film più spettacolari e commerciali, oppure quelli in cui non si credeva abbastanza da metterli in concorso, oppure film passati ad altri festival. Presenta, per esempio, il belga «Daens» che rievoca uno sciopero nel Belgio del 1893 quando gli operai, donne e bambini compresi, lavoravano in condizioni massacranti e il bel cinese «Alba di sangue» da Gabriel Garcia Màrquez già visto a Locarno. Presenta «Non chiamarmi Omar», satira del talk-show realizzata da Staino e il russo «Moscou parade» che fa un monumento al kitsch (termine ormai usato in accezione positiva) dell'epoca staliniana. Insomma, davanti ad un programma del genere non è il caso di tirare in ballo l'estetica. Ci ri feriamo alle polemiche festiva liere che quest'estate hanno fat to capolino sui giornali fra le notizie della Bosnia in fiamme e della stangata fiscale. Questo è una Mostra che ha accumulato un po' troppa roba: la sola sezio ne «Finestra sulle immagini» comporta circa sei ore di programma quotidiano. Se a Vene zia hanno deciso di aprire un festival nel festival, tipo il «Forum» di Berlino, potevano avvertirci che in nome della decima musa avremmo dovuto saltare sia il pranzo sia la cena. Alessandra Levantesi fra spie, satira e confessioni i 126film senza gara Sergio Staino con Corinne Cléry in «Non chiamarmi Omar» Foto piccola: una scena di «Kalkstein-La valle di pietra» di Maurizio Zaccaro con Charles Dance
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