E Rombo alzò bandiera bianca

E Rombo alzò bandiera bianca Si è consegnato il veterano delTldaho barricato con la famiglia nella baita E Rombo alzò bandiera bianca Dopo 10 giorni di tragico assedio dell'Fbi BATTAGLIA NELLA FORESTA NEW YORK NOSTRO SERVIZIO E' finito, ma non è ancora chiaro in base a quale compromesso, l'assedio contro Randy Weaver, che per dieci giorni è rimasto rintanato nella sua baita di montagna circondata da centinaia di agenti, a sua volta circondati da centinaia di manifestanti. E' stata una strana storia che ha mescolato diversi elementi: il razzismo, il fanatismo religioso, il culto per le armi, l'emarginazione culturale di un posto «incantevole e inospitale», come viene definita quella striscia di Idaho che si allunga verso il confine con il Canada, stretta fra lo Stato di Washington e il Montana, nonché l'elemento costituito da una evidente pavidità e indecisione (o forse connivenza, lo stabilirà l'inchiesta) delle autorità. La conclusione, si diceva, non è chiara, ma il bilancio è estremamente crudele: tre morti, fra cui una donna e un ragazzo di 13 anni, e tre feriti. Le vittime sono un vice sceriffo, la moglie di Weaver e il figlio Samuel. I feriti sono un altro poliziotto, Weaver stesso e un suo amico, Kevin Harris, la cui decisione di consegnarsi agli agenti, l'altro ieri, ha posto fine alla vicenda. Ma fra gli strascichi c'è da mettere nel conto il rancore e la «voglia di violenza» che questa storia ha seminato. Tecnicamente parlando, tutto è nato dieci giorni fa, quando nella proprietà di Weaver si è svolta la sparatoria che ha lasciato sul terreno il vice sceriffo William Began e il piccolo Samuel. Ma l'inizio vero risale ad almeno un anno e mezzo fa, quando Randy Weaver fu arrestato per avere tentato di vendere illegalmente delle armi a due agenti camuffati da militanti razzisti. Accade infatti che lì vicino, a una ventina di miglia, in un posto chiamato Hayden Lake, c'è uno dei quartieri generali di «Aryan nation», nazione ariana, uno dei movimenti per la «supremazia bianca» più organizzati. Non è chiaro se Weaver ne faccia parte. Di certo c'è però che appartiene al gruppo religioso «Identity movement» che cerca nel Vecchio Testamento le «ragioni» del diritto dei bianchi a prevalere sulle altre razze, e i poliziotti sono convinti che i contatti con Aryan nation siano strettissimi. Così Weaver viene liberato, con la promessa forse esplicita, forse sottintesa che fornirà agli agenti informazioni utili. Poi queste informazioni non arrivano, Weaver rifiuta di rispondere a una convocazione del tribunale e allora comincia ima stretta sorveglianza della sua baita, forse nella speranza che controllando coloro che gli fanno visita si arrivi a qualcosa di concreto nelle indagini per «in castrare» i razzisti. Ma dieci giorni fa accade il fattaccio. In visita da Weaver c'è Kevin Harris, noto per le sue idee sulla supremazia bianca. Il po meriggio del 21 agosto Harris e il piccolo Samuel stanno portando i cani a passeggio. Si imbattono in una pattuglia di poliziotti e siccome gli agenti si trovano sul terreno che appartie ne a Weaver, gli aizzano i cani contro. Gli agenti cominciano sparare, Harris e il ragazzo rispondono. Samuel e il vice sceriffo Began sono colpiti a morte. Harris, ferito al torace, riesce a tenere a bada gli agenti finché non è lo stesso Weaver, che appe na ha sentito gli spari è accorso, a dargli man forte. Da assediami, i poliziotti diventano assediati. Riescono ad allontanarsi solo col calare della sera, e danno l'allarme. L'indomani la polizia attacca la baita, per arrestare Harris e Weaver. Trova quella che poi i manifestanti chiameranno «un'eroica resistenza», e nella nuova sparatoria la moglie di Weaver, Vicky, viene uccisa e lui ferito a un braccio. Arrivano i rinforzi, entra in ballo l'Fbi e comincia l'assedio. Attorno al terreno di Weaver è tutto un pullulare di agenti armati, di auto che fanno la spola con Naples, la città più vicina. All'interno della baita ci sono anche le tre figlie di Weaver: una ragazza di 16 anni, una bambina di dieci e una piccolina di meno di un anno. Irritati dall'«invasione di proprietà privata», indignati dalla brutalità degli attacchi e «umiliati» dall'arrivo degli agenti «di fuori», i vicini di Weaver cominciano a protestare. Per loro, lui è un coraggioso che sta difendendo il proprio diritto a fare quello che gli pare nella sua proprietà e i poliziotti rappresentano l'ingerenza illegittima dell'autorità lontana. La maggior parte si limita ad agitare cartelli in favore di Randy e a gridare insulti contro gli agenti, ma alcuni (fedeli al motto che l'Idaho è «la terra della libertà e la casa dei coraggiosi»), si spingono più avanti: prendono a calci le auto della polizia, lanciano sassi, ingaggiano colluttazioni. Una decina di loro finisce nella prigione di Naples, ma sembra un numero decisamente basso, rispetto a ciò che sta avvenendo. Il problema è che la polizia sta cercando di non esasperare la situazione. «Aryan nation», dicono infatti le «istruzioni» che gli agenti ricevono, è in ribasso. Le sue idee sono sempre più stantie e la sua «presa» sta diminuendo a vista d'occhio. La determinazione di Weaver a resistere alla legge ne ha già fatto un eroe. Evitiamo di farne anche un martire. Così l'assedio va avanti, i poliziotti «sopportano» molto più di quanto logica vorrebbe gli assalti dei manifestanti e il passare dei giorni fa «montare» sempre più la storia. Ad arrivare «da fuori», a questo punto, non sono più soltanto gli agenti dell'Fbi ma anche gruppi di «skinheads» intenzionati ad «aiutare» Randy Weaver ed anche di gente curiosa che vuole mettere insieme una gita in montagna con la partecipazione diretta a qualcosa di eccitante. La polizia, seguendo le istruzioni di non esacerbare la situazione, trova una specie di asso. Si chiama James Gritz, ma tutti lo chiamano «Bo». Ha un passato di «berretto verde», i suoi racconti su ciò che ha fatto in Vietnam (era tenente colonnello) hanno affascinato per anni la gente del luogo e insomma gode di un grande rispetto, anche da parte di Weaver. «Bo» si offre di fare da mediatore e la polizia gli consente di attraversare il blocco e di dirigersi verso la casa di Weaver in compagnia di un certo Jack McLamb, indicato come suo «assistente». Le ore che i due passano nella baita sembrano interminabili. «Bo» non dà segni di vita, il suo assistente neppure e gli agenti dell'Fbi cominciano a chiedersi se hanno fatto bene a fidarsi di lui. Ma a un certo punto l'ex tenente colonnello riappare. Weaver è ferito, dice, la moglie è morta, le figlie sono terrorizzate e Harris è in pessime condizioni. L'ho visto sputare sangue. Se non verrà portato in ospedale al più presto, rischia di morire anche lui. Bene, rispondono gli agenti, si arrenda e verrà immediatamente portato in ospedale. Un elicottero viene subito predisposto e un ospedale di Spokane, nel vicino Stato di Washington, viene avvertito. Ma ci sono complicazioni. «Randy dice di volere che Harris vada in ospedale - spiega ancora "Bo" - perché è convinto che se il suo amico morisse Yahweh non lo perdonerebbe mai» (Yahweh è il nome con cui Dio viene chiamato nel gruppo religioso di cui Weaver fa parte). Ma il problema è che Harris non vuole muoversi se prima non gli viene assicurato che tutte le accuse contro Weaver verranno cancellate. Dopo tutto a sparare e ad uccidere il vice sceriffo Degan è stato lui. Il suo amico non c'entra. Ha solo reagito all'invasione della sua proprietà. Qui, il compromesso raggiunto rimane misterioso. Di sicuro c'è che a un certo punto Kevin Harris è stato portato fuori, caricato su un elicottero e a quest'ora si trova già nell'ospedale di Spokane, dove le sue condizioni sono state definite «stabili». Ma se davvero le accuse contro Weaver siano cadute non si sa. La formula ufficiale è che al fiero resisten¬ te verrà data la possibilità di rendere la propria testimonianza davanti a) Gran Giurì che verrà organizzato (cosa che di per sé è soltanto un'ovvietà), ma intanto non risulta che sia stato arrestato. «Ha avuto quello che voleva, e cioè di essere lasciato in pace», dicevano ieri alcuni dei manifestanti, convinti che di lì a poco la polizia comincerà a smobilitare. Se davvero questo sarà il risultato, lo avrà pagato carissimo, con la morte della moglie e del figlio. I vicini certo non gli negheranno la loro solidarietà. Anzi, in memoria di Vicky e di Samuel hanno già eretto un rudimentale monumento: una croce di legno, un ritratto di Gesù Cristo e la frase: «Vivi o morti, non obbediremo al vostro governo fuorilegge». Nei dieci giorni di durata di questa storia, tutto è stato fermo nell'intera contea (nome: Boundary; abitanti: 9000; presenza nera: una sola famiglia). L'inizio delle scuole, previsto per giovedì scorso, è stato rinviato. Le normali attività amministrative sono state sospese. Perfino il «business», nonostante la presenza di tanta gente venuta da lontano, ne ha risentito. «Da quando questa storia è cominciata non ho venduto nulla, assolutamente nulla», dice sconsolato Vi Sims, che possiede un negozio di mobili. Un certo allarme si era diffuso, ieri, quando si è saputo che stava arrivando l'esercito. Ma poi è stato spiegato che lo scopo dell'invio è pacifico. I soldati, infatti, dovranno incaricarsi dei lavori di riparazione della strade che i dimostranti, per ostacolare l'operato della polizia, hanno seriamente danneggiato. L'ultimo atto di coraggio di cui si ha notizia è quello di Steve Short, abitante del luogo, il quale ha pubblicamente detto che «se Randy si fosse presentato alle autorità quando è stato convocato, tutto questo non sarebbe accaduto». Le occhiate ostili con cui il suo commento è stato accolto non promettevano nulla di buono. Franco Pantarelli Ha perso la moglie e un figlio per la gente ora è un eroe Segrete le condizioni della resa A sinistra, skinhead assieme a un «berretto verde» che combatté con Weaver in Vietnam. Sotto, folla inferocita con la polizia che ha ucciso la moglie del reduce A sinistra, l'attore Sylvester A sinistra, l'attore Sylvester Stallone in un'immagine del famoso «Rambo» cinematografico. Sopra, Randy Weaver

Luoghi citati: Canada, Idaho, Montana, New York, Vietnam, Washington