Una polvere ruba energia al Sole di Piero Bianucci

Una polvere ruba energia al Sole Scoperta in Usa Una polvere ruba energia al Sole Il sole in scatola. Così si potrebbe definire la scoperta compiuta (casualmente) da due giovani chimici dell'Università di Princeton Mark Thompson e Lori Vemeulen - e annunciata dalla rivista inglese «Nature». La scatola, in realtà, non è una scatola ma una polvere che, esposta alla luce solare, si carica di elettricità, trattenendola a lungo: forse anche anni. Questa polvere, in pratica, si comporta come una batteria, ma con due sostanziali e vantaggiose differenze: è il sole a caricarla e può trattenere dieci volte più energia per unità di peso di quanta ne contiene una normale batteria a piombo. Più precisamente, un chilo di polvere riesce a immagazzinare da due a 4 volte più elettricità di una batteria tradizionale dal peso di alcuni chili. Il peso delle batterie, per inciso, è uno dei principali ostacoli alla realizzazione di auto elettriche davvero competitive: le batterie attuali diventano una zavorra. Come spesso accade, la storia della scoperta è curiosa. Mark Thompson e Lori Vemeulen stavano facendo ricerche su una sostanza chiamata «diachil viologeno cloruro» nell'intento di riuscire, con essa, a scindere l'acqua in ossigeno e idrogeno. L'idrogeno, poi, potrebbe essere utilizzato come combustibile pulito, al posto della benzina. Il «diachil viologeno cloruro» si presenta come una polvere bianca che, esposta alla luce del sole, diventa blu. I due chimici sono riusciti a capire il meccanismo atomico che produce il cambiamento di colore: i fotoni solari, urtando le molecole della polvere, strappano all'atomo di cloro un elettrone, rendendolo carico positivamente. Un fenomeno simile avviene anche nel silicio delle celle solari già in uso, ma nelle celle solari l'energia elettrica non può essere immagazzinata, deve essere utilizzata immediatamente. Nel caso del «diachil viologeno cloruro», invece, basta tenere l'elettrone lontano dall'atomo di cloro ed ecco che l'energia del Sole rimane imprigionata e disponibile per un tempo illimitato. O meglio: per adesso si è riusciti a imprigionarla, usando un composto che si chiama fosfonato di zirconio. Ora si tratta di trovare il modo (non semplice) di estrarla. Tentativi di immagazzinare l'energia solare si fanno da anni in vari laboratori e qualche risultato si era già ottenuto ma troppo modesto per avere applicazioni pratiche. L'anno scorso, negli Usa, erano riusciti a imprigionare l'energia solare per qualche millesimo di secondo. Altri ricercatori, questa volta israeliani, nella scorsa primavera hanno prolungato la prigionia fino a qualche ora. Adesso, invece, il difficile non è più ottenere un tempo di immagazzinamento lungo, quanto liberare l'elettricità al momento in cui serve. Le applicazioni della scoperta potranno avere grandi conseguenze commerciali, ha subito rilevato David Phillips, dell'Imperiai College di Londra, un esperto del settore. Ed ha aggiunto: «Una scoperà da Nobel». Piero Bianucci

Persone citate: David Phillips, Lori Vemeulen, Mark Thompson

Luoghi citati: Londra, Usa