Rostock già dimentica la notte della vergogna di Enrico Benedetto

Rostock già dimentica la notte della vergogna Rostock già dimentica la notte della vergogna ROSTOCK DAL NOSTRO INVIATO Per 3 marchi e 80 pfennig, al chiosco del porto ti rifilano lo «zigeunerwufst», ovvero «salsiccia zingara». «Va fortissimo» dice l'omino al banco: «E' un normale Frankfurter con salsa alla paprika anziché senape, ma lo faccio pagare il doppio». Quella gastronomica è forse l'unica integrazione possibile, oggi, fra Rostock e suoi gitani. Per il resto, solo odio, paura, diffidenza avvincono le due comunità. Da giorni gli zingari li si vede poco o nulla per le strade e men che mai a Licthenhagen, dove i nazi-skin volevano bruciare vivi gli ultimi venuti, una carovana di asylanten romeni. Vivono nel terrore. La polizia presidia i campi, trasferisce profughi in piena notte, verso asili più sicuri, li sfama per evi¬ tare loro questue a rischio altissimo. Bel paradosso, loro che fuggivano alla prima divisa. Ma un'atmosfera da pogrom ti cambia dentro, modifica storie e comportamenti atavici. Lichtenhagen, 24 ore dopo la grande manifestazione antirazzista che qui nessuno voleva. «Arrivano da Berlino e Amburgo con i loro striscioni, un corteo e via a casa in Bmw», dice Helga. «E' un modo per salvarsi l'anima con una bella figura gratis. Tanto i guai ce li ribecchiamo noi». Trentaquattro anni, senza lavoro da 2 come mezzo quartiere, ieri trovava comunque la voglia di giocare con il suo volpino sul prato reso celebre dalle violenze. «Se Dio vuole, quei romeni non li rivedremo più, e ho l'impressione che da stasera anche i nazi-skin ci lasceranno tranquilli». «Salga a prendere un caffè». Sorpresa, il marito è turco. «Ci dipingono come xenofobi mentre a Lichtenhagen convivono in pace da sempre almeno venti nazionalità. Jugoslavi, cubani, polacchi... Mai nessun problema, o quasi. Sono gli zingari i colpevoli, altro che noi. Bestie, uomini e donne. Li hanno visti far l'amore in cortile, la nostra scala era divenuta una toilette. Poi i furti ovunque, la sporcizia». Seguono altri particolari, non sempre verosimili tale è l'ansia di accreditare una verità univoca, che preservi Helga e simbolicamente - l'intero rione da ogni infamia razziale. «Quelli ci mangiavano vivi. Io prendo 450 marchi il mese come sussidio, e l'affitto adesso ne costa 604 contro i 40 che pagavo in regime comunista. A loro cibo più alloggio gratis. La guardi questa città, faccia un giro: è a pezzi. Noi non possiamo per¬ metterci il lusso della filantropia». E' un ritornello, nel quartiere, ma ha dalla sua qualche ragione. Rostock l'Anseatica, prima università nordeuropea, cattedrale XIV secolo copiata sul modello francese, poderose magioni borghesi e una tenacia marinara nelle vene, languisce. L'ammiraglio Raeder e Doenitz vi facevano costruire gli U-Boote che seminarono il terrore fra i convogli sull'Atlantico. E Goering i velivoli per la sua Luftwaffe. Un know-how tecnologico rifluito nei grandi cantieri navali che il regime di Honecker amava celebrare. La gente ne era fiera. «Fishkopfe», teste di pesce, si fanno chiamare da sempre i locali. Ma ora quella vocazione boccheggia e ottunde l'identità metropolitana. Bastano cinque minuti in auto per raggiungere i grandi moli dove l'ingegneria navale faceva miracoli. Sui docks marciscono sei bastimenti dei 14 che l'Urss ordinò e la Russia eltsiniana non ha rubli per pagare. Da tre mesi, in attesa della magica «ristrutturazione», le banchine sono ferme. Come a Danzica, la libertà ritrovata affonda beffarda i cantieri, principale risorsa cittadina. Risorgeranno, in piccolo, con i quattrini Cee, soluzione che desta amarezza in loco. Horst Greifs, elettricista di bordo, ci piange sopra ogni sabato sera, dopo qualche birra. Ha perso il lavoro e, con quello, la quiete familiare. «Eravamo i migliori, la Germania intera lo sa bene. Adesso arriverà qualcuno da Bruxelles, Amburgo, Bonn a mettere il naso, sindacare e insegnarci il mestiere. Non lo sopporto». La città si chiude. Guarda perplessa andarsene i pulmini hi-tech delle tv anglo-americane che da una settimana praticavano il camping telematico a Lichtenhagen. «Rostock non meritava questa vergogna amplificabile a livello planetario», osserva herr Niendorf sul sagrato della Marienkirche. Sono appena le 10, ma qualche metro oltre un'orchestrina già attacca grevi arie bandistiche. E' la «Festa del Vino», con 15 stand su riesling renani, spumanti «made in Germany», Pinot che arrivano dall'Alta Sassonia. A Rostock almeno un cittadino su tre non può concederseli. Che importa? Destinatari sono i berlinesi o gli «occidentali» alla scoperta dell'ex perla baltica. Anche ieri i torpedoni ne scaricavano a iosa. L'elite ormeggia yacht nel porticciolo, anticamera verso le morbide coste pomeraniche. Ma la crociera non passa da Lichtenhagen. Enrico Benedetto

Persone citate: Doenitz, Goering, Honecker, Horst Greifs, Pinot, Raeder

Luoghi citati: Alta Sassonia, Amburgo, Berlino, Bonn, Bruxelles, Danzica, Germania, Russia, Urss