La grande bugia di Lenin

La grande bugia di Lenin Nel '18 servì come pretesto per scatenare il terrore rosso La grande bugia di Lenin Simulò un attentato per colpire i nemici MOSCA. Sarebbe stata tutta una «messa in scena», secondo un giornale moscovita, l'attentato a Lenin del 30 agosto 1918, in seguito al quale fu avviata la campagna di terrore nei confronti dei «controrivoluzionari». A 74 anni dall'avvenimento, la Niezavisimaia Gazieta, giornale nato sull'onda delle riforme, ha affermato ieri che la storia dell'attentato, per altro mai messa in dubbio dagli storici, fu architettata dall'allora capo dello Stato, Jakov Sverdlov, e dallo stesso Lenin come pretesto per la campagna di terrore rosso. Secondo la biografia di Lenin, subito dopo la vittoria della rivoluzione, «i controrivoluzionari, ispirati dagli imperialisti americani, inglesi, francesi e di altri Paesi, prepararono una congiura per abbattere uccidere Lenin e i suoi più stretti collaboratori». L'attentato avvenne a Mosca il 30 agosto 1918, al termine di un discorso che Lenin aveva pronunciato agli operai della fabbrica Michelson. A «ferirlo gravemente» con alcuni colpi di pistola fu Fanni Efimovna Kaplan, una donna poi fucilata il 3 settembre 1918. Subito dopo l'attentato - riferisce la Niezavisimaia Gazieta - Nadiezhda Krupskaia, la compagna di Lenin, chiese a Sverdlov: «E ora cosa succederà?». E il presidente avrebbe risposto: «Io e Ilich abbiamo deciso tutto in segre- to». Citando un numero delle «Izviestia» del settembre 1918, l'autore dell'articolo pubblicato ieri afferma che i fori dei proiettili sulla giacca non coincidevano con le ferite (al torace ed alla spalla sinistra) sul corpo, segno che la giacca di Lenin sarebbe stata colpita in anticipo. Non è chiaro come Lenin abbia potuto fare un comizio indossando una giacca già preparata con fori di proiettili. «Si possono citare numerosi esempi a dimostrazione del fatto che il giorno dell'attentato molti dei più stretti collaboratori di Lenin mostravano insolite doti profetiche», ironizza Nieza¬ visimaia Gazieta, affermando in primo luogo che V.A. Obukh - il medico chiamato per prestare i primi soccorsi - prese subito con sé gli attrezzi chirurgici prima ancora che gli spiegassero la natura delle ferite. Sempre a sostegno della tesi della messa in scena, la Niezavisimaia Gazieta scrive che, «nonostante i giornali di allora avessero drammatizzato le condizioni del padre della rivoluzione bolscevica», il 5 settembre Sverdlov annunciava a Pietrogrado che «Lenin era fuori pericolo». Lo stesso giorno il dottor Obukh rilasciava un'intervista alla «Pravda» meravigliata dell'assenza di notizie su una qualche operazione subita da Lenin. Obukh dichiarò - conclude Niezavisimaia Gazieta - che le ferite erano superficiali e non pericolose. Il medico disse che i proiettili potevano essere estratti immediatamente e che Lenin, nel giro di qualche giorno, si sarebbe ristabilito «perfettamente». Altro particolari che la Niezavisimaia Gazieta non spiega è come i bolscevichi abbiano convinto l'anarchica e poi socialrivoluzionaria Efimovna Kaplan ad immolarsi per la loro causa sparando a salve contro Lenin in un finto attentato; e se abbia fatto parte del piano anche l'attentato in cui lo stesso giorno fu ucciso l'allora capo della Ceka di Pietroburgo, Urickij. [Ansai Vladimir Ilich Lenin

Luoghi citati: Mosca, Pietroburgo, Pietrogrado