Rosane, samba e tangenti

Rosane, samba e tangenti Accusata di corruzione: «Con i fondi per i poveri si è pagata una festa miliardaria» Rosane, samba e tangenti E' bufera anche sulla moglie di Collor IL CASO BRASILE DEGLI SCANDALI PRIMA era venuto l'impeachment per lui, Collor de Mello, l'Indiana Jones del Tropico beccato con le mani nel sacco miliardario delle tangenti, e adesso arriva anche l'accusa di corruzione per lei, la sua bionda compagna Rosane, fascinosa, elegante, sensuale, ma piuttosto strabica nell'uso delle finanze pubbliche; si sta consumando così dentro una squallida fine, in questi giorni, la bella favola del Brasile che si modernizzava e rompeva la gabbia delle vecchie congreghe di potere. Gli studenti riempiono le piazze come non si vedeva dal '64, quando arrivarono i generali a fermare quei pericolosi sovversivi e a riportare il giusto ordine; e perfino la Chiesa organizza digiuni ecumenici per battere la corruzione dei pubblici poteri. Un intero Paese sta sull'orlo della crisi di nervi; ma non finisce un mondo, anche ai Tropici la democrazia ancora resta più forte dei suoi infedeli servitori: si chiude solo l'illusione che il passato fosse un tempo finito. La Bella Coppia vede ora davanti a sé l'inquietante prospettiva della galera (inquietante ma non troppo: in Brasile i potenti non finiscono mai carcerati), e il gigante sudamericano vede riapparire i vecchi balletti di una partitocrazia altrettanto corrotta del suo presidente. Il «Collorgate» però ha poco a che vedere con Nixon e Gola Profonda, naviga più dalle parti del Naviglio. Collor in questi giorni non si mostra molto in giro, fa vita ritirata; qualcuno assicura che è distrutto dal verdetto della Commissione d'inchiesta che la scorsa settimana lo ha mandato al giudizio del Parlamento per corruzione e indegnità, altri sostengono che nient'affatto, lui non è uomo da cedere alle pressioni e sta invece preparando con vigore intatto il suo piano di battaglia contro questo «golpe istituzionale». Entrambe le versioni erano credibili fino a ieri; poi, in mattinata, è arrivata la dichiarazione del procuratore generale di Maceiò che Rosane Collor sta pei' essere formalmente accusata di storno di fondi pubblici, e la tesi di un presidente prossimo a dimettersi per bloccare in qualche modo lo scandalo si fa più convincente. Notizie da Brasilia raccontano ora un forte incremento della presenza di polizia e di soldati nella capitale, mentre in tutto il Paese le truppe sono state poste in condizione di allerta. Non paiono credibili i rischi di un colpo di Stato militare, non più di quanto possano apparire nell'Italia presa anch'essa negli scandali della tangentocrazia; ma il Brasile ha memorie troppo recenti di dittature in uniforme, per non temere comunque l'ombra di pericolose tentazioni sui tracciati della vita politica. Anche perché il pt di Lula da Silva il partito dei lavoratori, marxista e cattolico, movimentista e rivoluzionario, metropolitano e populista - pilota senza difficoltà l'indignazione di un'intera nazione. E il Brasile è il Paese che a) mondo ha le più forti differenze sociali: il 2% della popolazione si gode il 60% delle ricchezze nazionali, un terzo dei suoi abitanti sopravvive nella condizione della miseria più assoluta. Collor era diventato presidente proprio per fermare l'inarrestabile avanzata del candidato Lula da Silva. Veniva dallo Stato nordestino di Alagoas, una delle terre del cacao e della miseria che fanno la geografia dei racconti di Jorge Amado, e ne era uno dei padroni, proprietario di terre, di fabbriche, del giornale locale e della stazione radio, e naturalmente suo governatore. Dal lontano Nord si era costruito la fama per aver messo da parte alcuni esponenti della pletorica e potente burocrazia statale, era diventato per tutti il «cacciatore di maharajahs»; è anche un bell'uomo, alto, snello, atletico, con uno sguardo intenso e orgoglioso e la giusta panoplia di conqui¬ ste muliebri oltre che di medaglie sportive. Roberto Marinho, una sorta di papà brasiliano di Berlusconi, grande naso sugli umori popolari e inventore fortunatissimo dell'impero mediatico che ruota attorno alla tv «Rede Globo», scoprì subito in questo affascinante playboy provinciale la faccia giusta da vendere al Paese dallo schermo della sua televisione. E inventò il candidato del Paese moderno del Brasile che esce dal sottosviluppo e sfida da pari i giganti americano e russo - da opporre alla vecchia tribù dei proletari senza terra e senza speranza, legati ancora alla conflittualità delle società poco industrializzate, ai miti del marxismo, a un progetto rosso di potere al popolo. «Rede Globo» ebbe il suo presidente del Brasile, e lo ebbe anche quella quota del grande capitale brasiliano che punta sempre a usare lo Stato come stru¬ mento delle proprie strategie economiche, rinnovando i sistemi dei vecchi «coroneis» nordestini e puntando piuttosto sulle logiche imprenditoriali di San Paolo e sulla forza dei suoi mercati finanziari. Il solo problema era che questo giovanotto del Nord si era montato la testa, e voleva far tutto da solo mentre, in realtà, avrebbe dovuto tener conto della forza dei vecchi equilibri di potere e dunque della rete di interessi e di influenze che il sistema politico - i partiti, e la potentissima burocrazia statale - aveva intrecciato strettamente nel corpo della società. Collor era diventato presidente senza avere alle spalle un vero partito, ora ogni sua scelta di governo doveva superare lo sbarramento dell'approvazione in Parlamento dei vecchi partiti. Non era facile, non è stato facile. Con l'alterigia dei suoi natali, della sua faccia, e del suo trascinante successo, divenuto presi- dente a meno di 40 anni Collor si diede un'immagine pubblica che doveva rafforzare il mito: jogging tutte le mattine, lanci in paracadute, guida di Ferrari, la cloche di un aereo, poi sorrisi per tutti e belle donne sempre sullo sfondo. Era lo yuppie vincente, e con tracotanza scelse di contornarsi soltanto di gente fidata, di paesani suoi. Nacque tre anni fa nella presidenza di Brasilia quello che fu chiamato «la Repùbblica di Alagoas», una sorta di potere dentro il potere dello Stato, qualcosa di più solido e di più stretto perfino'delle corporazioni irpine, meneghine, o trasteverine che sempre accompagnano, per esempio, i percorsi dei potenti di casa nostra. Sembrava una scelta difensiva e opportuna, per proteggere il bianco palazzo di Planalto dall'assedio ringhioso dei vecchi cani che avevano perduto l'osso del potere; ma fu anche qualcos'altro, lo strumento pervicace di un'autentica occupazione delle istituzioni, con un obbligo per tutti: il pagamento del balzello come condizione per qualsiasi atto pubblico o pubblica decisione. Non era una novità nemmeno questa; ma prima la tangente da pagare stava tra il 5 e U 10%, e ora diventava anche del 40 o 45%. Una esosità che col tempo cominciò a venir fuori dalle colonne snelle di Planalto, mentre non arrivavano i promessi risultati di un abbattimento della spesa pubblica e la liberazione di tutti i maharajahs. Sprezzante, la risposta di Collor era: «Queste accuse sono di gente che ama i porcili, che stiano nel loro fango». Ma che non si trattasse soltanto di malignità invidiose co- minciò davvero a venir fuori nell'estate di un anno fa, quando la bella Rosane fu presa in una brutta storia di soldi rubati. La «First Lady» era diventata presidentessa della Legione Brasiliana di Assistenza, carrozzone governativo che gestisce un patrimonio di fondi caritatevoli per alcune centinaia di miliardi: e in questa sua veste ufficiale aveva pensato senza ambasce di trasferire l'equivalente di una decina eli milioni di dollari nelle casse della sua famiglia, i Malta, che con i Collor sono gli indisturbati feudatari di Alagoas. La giustificazione: creare un fondo di aiuti per la sua città natale. Colta però in flagrante su una banale inadempienza amministrativa, Rosane si vide sottopo¬ sta alla inevitabilità di una inchiesta della magistratura che poteva portare a risultati clamorosi. Subito Collor - che già aveva i suoi guai - si staccò pubblicamente dalla moglie, nel senso che non si fece vedere più in giro con Rosane o che la ebbe gelidamente come partner quando il protocollo gli impose da quel giorno una presenza comune; ma la speranza loro era comunque che la storia col tempo si potesse in qualche modo mettere a tacere, perché alla fine il Brasile di oggi, anche se ha le telenovelas e la «Rede Globo» non è poi diversissimo da quello della dolce Gabriela che sapeva di garofano o di Teresa Batista che era stanca di guerra. Però la speranza è durata poco, fino a maggio, quando addosso a Collor è arrivato un colpo imprevedibile e però anche naturale in questo Brasile che appunto è tanto diverso ma sempre tanto simile al proprio passato: piccato da una storia di tentate corna tra cognati, il fratello Pedro, suo compagno di ricchi traffici e di avventure finanziarie, si confessò a «Veja», la più diffusa rivista brasiliana e avversaria del presidente: Fernando è corrotto, disse, è cocainomane, ama il potere, e se ne serve per arricchirsi con la complicità di un suo vecchio e potente vassallo, Paulo Cesar Farìas detto Pc. I cani rimasti senz'osso all'ombra di Planalto balzarono addosso alla preda che gli veniva offerta con tanta facilità. E per Indiana Collor arrivarono i giorni bui. Fu costituita subito una commissione parlamentare d'inchiesta, cominciò la fine della favola. Ieri Rosane è stata anche condannata dal giudice di Brasilia a restituire alla Stato 20 milioni di lire, per aver fatto pagare alle finanze pubbliche una sua festa privatati La Bella Coppia sta per interpretare una telenovela senza lieto fine, ma il Brasile non pare disponibile a essere spettatore passivo di questo drammatico scenario ora senza copione. Mimmo Candito Colta in flagrante per una banale inadempienza amministrativa la First Lady è stata incriminata e adesso rischia il carcere m i Collor De Mello ai tempi della massima popolarità e sopra uno dei figli Brasilia la «Primera Dama» a un ricevimento ufficiale con Carlo d'Inghilterra e Lady Diana [FOTO AP] La moglie di Fernando Collor de Mello, Rosane Malta