L'inferno è il Sud di Giorgio Bocca

L'inferno è il Sud Incontro con Giorgio Bocca. Esce il suo libro sul «male oscuro» italiano ed è già polemica L'inferno è il Sud LA SALLE (Aosta) DAL NOSTRO INVIATO Che cos'è il Sud? L'Inferno degli italiani. Dove la vita è diventata invivibile. Lo dice il titolo del nuovo libro di Giorgio Bocca, edito da Mondadori, a giorni nelle librerie: L'Inferno. Profondo Sud, male oscuro. Un titolo violento, un pugno nello stomaco, dietro cui Bocca mette a fuoco una tesi destinata a suscitare polemiche: «La spaccatura del Paese, di cui Bossi parla in maniera demagogica e su cui Miglio discetta in maniera colorita, che a uno come me, cresciuto nella cultura risorgimentale, con la religione dell'unità d'Italia, sembrava impossibile, è invece un evento ormai in atto, come una frana che si muove lentamente ma che muovendosi ingigantisce e diventa inarrestabile». A settant'anni questo giornalista che ha percorso l'Italia in lungo e in largo, per L'Europeo e per II Giorno, per L'Espresso e per la Repubblica, e che tra i primi infranse i conformismi della sinistra, con la sua Storia popolare della Resistenza e con quel Palmiro Togliatti che fece arrabbiare i comunisti, ha ripreso la valigia e ha ripercorso le strade del Sud, di città in città, di paese in paese, parlando con tutti: politici, imprenditori, giudici, poliziotti, avvocati della mafia, baroni é gente comune. L'Inferno racconta questo lungo viaggio nel disastro: sperperi, corruzione, criminalità, impotenza, isole di coraggio e resa dello Stato. Nella pace della casa di La Salle, tra le colline che portano al Bianco, il Sud è lontanissimo, è un altro mondo, che nel libro di Bocca diventa però vicinissimo, perché è raccontato attraverso le storie.della gente. Questo non è un saggio economico né un pamphlet politico. E' un libro che mescola narrazione e analisi, nel medesimo stile usato da Bocca per II provinciale, la fortunata autobiografia in cui ricostruisce un pezzo di storia italiana attraverso i ricordi della propria vita. Un modo di scrivere che piace al pubblico e che è stato premiato dal successo: 250 mila copie. Allo stesso modo L'Inferno è costruito su fatti concreti - su cose viste, su cose sentite - ed è popolato da centinaia di personaggi, ognuno con la sua verità. «Mi accuseranno di aver fatto un libro contro i meridionali. In realtà ho potuto scrivere questo libro solo grazie ai meridionali». Ma perché Bocca è tornato nel Sud e perché ha voluto scrivere il libro? «La mia qualità migliore è quella di fiutare nell'aria le grosse novità. Era da qualche anno che mi dicevo: questo mistero del Sud è lacerante. Io ho avuto un nonno alla battaglia di Custoza e maresciallo di fanteria nella repressione al brigantaggio, per noi l'unità d'Italia è sempre stata sacra, mentre vedevo che eravamo realmente arrivati alla disunita. Al Sud avevo cominciato ad andare dagli Anni Cinquanta: le rivolte contadine, la sommossa di Reggio, la mafia, Dalla Chiesa. Ma quando andavo al Sud allora il mio atteggiamento era ottimistico. Erroneamente anch'io pensavo che bastasse mandare giù qualche fabbrica e costruire qualche nuova strada. L'idea era che lo zoccolo sociale fosse sanissimo. Non avevo mai capito i guasti della cultura meridionale. Oggi invece ti rendi conto che non esiste.più una società sana. Il Sud è cambiato nella quantità della vita ma se guardi la qualità ti cadono le braccia». Perché? Come? Quali sono le prove di questo catastrofico teorema? Quali sono i guasti peggiori che Bocca ha visto nel suo viaggio? L'economia distorta. «Sono a Trani e vado a mangiare con il procuratore della Repubblica in un locale sul porticciolo. Il procuratore mi dice: non saremo mai più di quattro o cinque che veniamo a mangiare qui. Era evidente che le spese fisse superavano di gran lunga gli incassi. Perché era un locale della mafia. Ed è così dappertutto qui intorno, mi dice il procuratore. Oppure andavo alla Fiat, alla Montedison, alla Ferruzzi, eccetera, a chiedere studi sull'economia meridionale: dottore, le faremo avere, ma non arrivava mai niente. Poi ho capito. Essendo lo sviluppo in gran parte illegale, i dati, le cifre, dei bilanci o dei redditi non possono essere quelli veri. Mancano le informazioni a tutti i livelli. Ecco: l'economia del Sud è qualcosa di assurdo, fino a formare un nuovo modello di sviluppo, fondato su tutto meno che sul profitto». L'integrazione con la mafia. «Noi, dal Nord, vediamo la mafia come un'avversaria della società civile. Invece - come diceva il giudice Di Lello - la lotta alla mafia non paga nessuno. Quando i mafiosi dicono che a parlare male della mafia si danneggia l'economia siciliana, è vero. La vita della gente, i livelli di consumo, che sono ormai da Paese europeo, perché anche a Piatì la gioventù gira in scooter e veste in jeans come a Milano, si fondano sugli interessi economici della mafia e sul rapporto tra politica e mafia». L'imbarbarimento sociale. «Su Calabria e su Napoli ero avvertito. Napoli è una città che ha rinunciato a risolvere i suoi problemi. E' la nostra Bombay. Non fai in tempo a costruire un quartiere di case popolari che dalle campagne s'inurbano centomila disperati. Ma in Sicilia e in Puglia si è andati indietro. I pugliesi erano i milanesi del Sud e Bari era la piccola Parigi. La campagna era povera ma immersa in una arcaica purezza. Adesso gli oliveti sono abbandonati e i produttori pugliesi comprano l'olio in Marocco e in Tunisia, facen¬ dolo passare per loro produzione. Cos'è diventata la Puglia? La regione più usuraia d'Italia: dal prete ai banchieri, tutti praticano l'usura. Hanno fatto uno stadio incredibile e i cittadini dovranno pagare un miliardo d'interessi ai Matarrese. Il pensiero della gente è come rubare soldi agli altri. E i ricchi imprenditori si salvano mettendo sul ruolino paga per metà figli di papà e per metà figli di mafiosi». La distruzione della sinistra. «La sinistra nel Sud non esiste più. A Reggio Calabria cercavo la sede del pds e nessuno sapeva indicarmela. Mi sono rivolto a un vigile urbano e lui al telefonino: ma dove stanno 'sti comunisti? A Rosarno un ex deputato del pei mi raccontava di quando i mafiosi, all'inizio degli Anni Ottanta, sempre più forti, assoldavano i giovani che giravano nel partito. Li chiamavano i ragazzi dalle scarpe lucide. Erano quelle scarpe il segno di un trapasso». Ma non c'è speranza? Bocca è pessimista. «L'Inferno si trasferisce. Sparge le sue fiammate dappertutto. Basta guardare dove ha le basi il sistema politico: come fa il ceto politico a combattere la mafia se è al Sud che prende i voti? Mi sono convinto che qualsiasi riforma adatta all'Italia avanzata lì si trasforma in un boomerang. Fai la riforma del codice penale e in Calabria si trasforma in un'arma della mafia. Tu lì capisci quanto le analisi meridionalistiche erano sbagliate. Tu lì capisci che tutti questi istituti che si occupano di meridionalismo raccontano palle. Si ricorre a trucchi per giustificare una continuazione del flusso di denaro pubblico». Dalle grandi emigrazioni delle popolazioni meridionali povere all'imperialismo fascista che le mandava a colonizzare l'Africa, dalla politica dei poli di sviluppo alla teoria della macchia di leopardo, per Bocca il meridionalismo è una storia di fallimenti. «Adesso si affaccia un nuovo meridionalismo - penso alle posizioni di Sylos Labini - che recupera il principio di Adam Smith per cui nello sviluppo industriale il modo democratico di vivere conta più di tutto. Ma ci vogliono secoli per fondare una cultura civile, mentre il Meridione è uscito da un millennio di feudalesimo. E noi abbiamo dovuto fare i conti con il conformismo di tutta una cultura, da Carlo Levi in su, fondata sul mito del buon primitivo e dei cattivi capitalisti. Tutti roussoiani. E se non eri d'accordo, ti dicevano razzista». Alberto Papuzzi «La spaccatura del Paese è in atto come una frana che ingigantisce e si fa inarrestabile» L'inferno è il Sud Un contadino di Sanfratello («Inventario siciliano»). Sotto, Giorgio Bocca: «Ho potuto scrivere il libro solo grazie ai meridionali» In alto, Tommaso Buscetta. Al centro, Falcone e Borsellino. Qui accanto, Giuseppe Galasso e Saverio Vertone