Dietro il disordine, un genio

Dietro il disordine, un genio Ricerca inglese: la confusione rivela una mente sofisticata Dietro il disordine, un genio Promosso il caos sulla scrivania ROMA. Dietro la scrivania in disordine si nasconde un genio. Lo scrive il «Times», lo sostiene la British Association per il progresso dello scienze. L'istituto britannico ha compiuto uno studio e alla fine ha promosso i disordinati. Scrive Mark Lansdale della università di Loughborough: «Le scrivanie in disordine possono essere paragonate a un vulcano. Tante pile di carte e appunti, con in mezzo un foro a forma di cratere. Ogni nuovo documento viene selezionato e se non è importante finisce ai margini del vulcano. Gli altri, invece, sono mentalmente catalogati e diventano un filo di Arianna che consente di muoversi con sicurezza nel labirinto del caos». Un metodo così valido e efficiente che Lansdale se ne è servito per inventare un nuovo sistema elettronico di catalogazione. Con buona pace di chi ha sempre difeso la scrivania ordinata. Come Pasquale Bonagura, direttore di Palazzo Grassi, a Venezia: «Non potrei mai lavorare su un desk ingombro, pieno di carte. L'ordine sulla scrivania fa parte di un mio preciso metodo di lavoro. La confusione mi metterebbe in serie difficoltà, proprio non riuscirei a districarmi». Anche Elda Tessore, sovrintendente del Teatro Regio di Torino, si dà da fare per avere sempre il tavolo da lavoro in ordine: «Ogni giorno dedico un po' di tempo a sistemare carte, lettere e appunti. Ma non ho mai la scrivania libera, anzi, è sempre occupata da decine di cartelle e delibere. Tanto che, questi documenti, alla fine diventano un utile promemoria delle cose da fare. In mezzo, trovano spazio, alcuni animaletti e uno scorpione in vetro, che ricorda il mio se- gno zodiacale e considero un portafortuna». Giorgetto Giugiaro, il maestro del designer italiano, invece, tenta di rimediare al disordine che quasi sempre regna sul suo desk quando riceve qualcuno: «Tra progetti, cartelle e volumi è impossibile pensare a una scrivania sgombra anche se in questo apparente disordine trovo sempre tutto. Però mi spiace presentarmi alla gente con questo poco elegante biglietto di visita. Ma d'altronde, la mia è una scrivania operativa. E proprio per questa ragione sopra non ci metto nulla di personale». L'antropologa Ida Magli si serve di un tavolo lunghissimo: «delle scrivanie che si trovano in tutti gli uffici non so che farmene, non servono a chi davvero ci deve lavorare sopra». Ed è gelosissima di tutto quanto ci raccoglie sopra: «Appartengo a quella categoria di intellettuali che difende con le unghie il disordine sulla scrivania perché in realtà è tutto a posto. Io, quando lavoro, ho bisogno di avere sempre sotto gli occhi tutto ciò che mi può esser utile, mi serve anche di stimolo». Rinuncia, invece, ai por¬ taritratti («le foto mi danno tristezza, ricordano anni passati») e ad altri piccoli oggetti. Il professor Romano Prodi accoglie il titolo del «Times» con una risata, poi recita il mea culpa: «La mia scrivania è il regno della confusione. E' un difetto che mi porto dietro dalle scuole elementari, già la maestra mi richiamava a un maggior ordine. E, ormai, credo, non riuscirò più a correggermi. Anzi, mi ci sono rassegnato. Anche perché in questo caos, comunque trovo sempre tutto, tanto che mi permetto di rimproverare chi prova a mettere ordine. Certo provo un po' di invidia per chi riesce a tenere sempre il tavolo pulito: quando deve cercare qualcosa impiega meno tempo». Giorgio Bocca, giornalista e scrittore, si riconosce nella categoria dei disordinati: «Nel mio studio ho una scrivania lunghissima, su cui raccolgo tutto il materiale utile per un lavoro. D'altronde, se devi scrivere un romanzo puoi permetterti anche di lavorare su un desk sgombro, ma quando prepari un saggio, non puoi fare a meno di tutta una serie di libri, di documenti, di carte da poter consultare in qualsiasi momento. Mario Soldati, che pure è romanziere, mi ha sempre detto che uno scrittore ha bisogno di tre tavoli per il suo mestiere. E in tutte le case di intellettuali in cui sono entrato, ho trovato scrivanie e biblioteche in disordine, compresa quella di Gianfranco Miglio, l'ideologo della Lega». Per sua stessa ammissione, non appartiene alla categoria dei maniaci del desk pulito, Inge Feltrinelli, editore: «Ho una scrivania che è un caos. Eppure in questa confusione sono capa ce di trovare a occhi chiusi un bi ghetto scritto un anno fa o una cartolina speditami da Hanoi. Raccolgo di tutto, anche le lettere di amore di uno scrittore a un altro scrittore. Confesso, però, di provare un po' di gelosia quando entro negli uffici di grandi amministratori e trovo scrivanie pulite, libere da qualsiasi appunto». Ma a tranquillizzare la Feltrinelli, ci pensa lo psicologo. Dice Tilde Giani Gallino: «Un manager non può permettersi una scrivania in disordine. Ne trarrebbe un danno all'immagine. Quella scrivania vuota serve a dare sicurezza all'interlocutore, serve a dire: non c'è nessuna pratica evasa, qui tutto funziona a meraviglia. Non è dunque una scelta personale, ma una regola che si impara in qualsiasi scuola per manager e che va sempre rispettata. Un dirigente non può farsi cogliere con una scrivania che presenti qualcosa in più del telefono e di un taccuino per gli appunti. Ma se si andasse a casa di questi amministratori, probabilmente, ci si troverebbe di fronte a un tavolo di lavoro meno ordinato». Pier Paolo Luciano Lo psicologo «Per l'immagine il desk del manager deve essere senza scartoffie» Il professor Prodi «Il mio tavolo è il regno della confusione» Giugiaro: arrossisco perle carte alVaria A sinistra: il professor Romano Prodi: ero poco ordinato anche da piccolo A destra: Elda Tessore, sovrintendente del Teatro Regio di Torino A sinistra: il designer Giorgetto Giugiaro: «il desk pulito per me è impossibile» A destra, Inge Feltrinelli, editore; sotto: Ida Magli, antropologa

Luoghi citati: Hanoi, Roma, Torino, Venezia