LASCIAMO LAVORARE I GIUDICI di Alessandro Galante Garrone
LASCIAMO LAVORARE I GIUDICI LASCIAMO LAVORARE I GIUDICI DI fronte al primo emergere degli scandali e degli arresti di Milano, Craxi parlava di «qualche mariuolo». Si è visto invece che il marcio era assai più diffuso e profondo. Quel che pareva un rigagnolo è diventato presto un torrente, un'onda di piena, un maremoto. I singoli episodi si sono moltiplicati all'infinito; e al cospetto di questa alluvione, eretta quasi a normale sistema, il compito dei giudici non era, non può essere quello di alzare le spalle, e di accodarsi a chi vorrebbe far finta di niente come si è fatto per troppi anni il dovere dei politici non è quello di caldeggiare un'amnistia, un condono, o la legittimazione di chi abbia agito nell'interesse di un partito e non per proprio personale tornaconto, o addirittura la derubricazione di alcune figure criminose previste dal codice penale. Quando poi il marcio si è rivelato per quello che è (anche se in alcuni settori politici ben più grave che in altri; e tutti sanno quali essi siano), chi all'inizio aveva tentato di rimpicciolire le effettive dimensioni del fenomeno ha pensato bene di prendere di mira il singolo magistrato che per primo aveva scoperchiato il maleodorante pentolone, accanendosi contro di lui: il che non può condurre ad altro che a ritardare e confondere la diritta via della magistratura. Un calcolo intimidatorio destinato, speriamo, a fallire. Ma il fatto più sconcertante è che, mentre si tenta di mettere sotto accusa chi cer ca di fare giustizia, si tace quasi del tutto sulla realtà criminosa venuta alla luce, e ormai comprovata da innumerevoli confessioni e riscontri documenta li, e confermata dai tribunali della libertà e della Cassazione. Alessandro Galante Garrone CONTINUA A PAG. 2 SETTIMA COLONNA
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