Clinton: con Bush contro Baghdad, però...
Clinton: con Bush contro Baghdad, però... Clinton: con Bush contro Baghdad, però... Torrida battaglia elettorale sull'operazione Southern Watch WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Quando affronta il problema Iraq, il candidato democratico Bill Clinton comincia sempre esprimendo il suo pieno sostegno a George Bush e ammonendo Saddam Hussein a non farsi illusioni, perché «tutti gli americani» sono uniti contro di lui. Ma poi, come due giorni fa a Memphis, Tennessee, e ieri a Sanantonio, Texas, Clinton inserisce dei «distinguo», calibrati in modo da costituire una critica all'operato del Presidente pur senza farlo apparire sleale e antipatriottico. La critica di Clinton non è quella classica del partito democratico, che predicava la necessità di far lavorare le sanzioni piuttosto che avviare una guerra sanguinosa. 11 candidato democratico attacca Bush sul versante opposto: per essere stato troppo tenero e non troppo duro con Saddam. «Io non penso sia leale - ha detto Clinton - criticare l'Amministrazione per non aver spinto l'esercito fino a Baghdad, perché questa era una precondizione per mantenere il sostegno degli Stati arabi». Ma ha aggiunto: «Ciononostante, non esisteva al- cun tipo di accordo che avrebbe precluso un lieve prolungamento della guerra per distruggere un altro po' di carri armati e indebolire la Guardia Repubblicana irachena». Cosa avrebbe fatto Clinton al posto di Bush? Proprio questo: un leggero allungamento del conflitto che consentisse di scaricare un po' più di bombe sulla Guardia Repubblicana in ritirata, mentre molti democratici e parte della stampa cominciava a biasimare Bush, perché bombardando un esercito in ripiegamento stava compiendo un'inutile strage." Clinton riconosce che il mandato dell'Onu e gli accordi con gli arabi impedivano la presa di Baghdad, ma, nei comizi, critica il lavoro «non finito» di Bush, che non è riuscito a liquidare Saddam, e insinua che il Presidente ha obiettivamente «salvato» il leader iracheno perché preoccupato dalle conseguenze di uno smembramento dell'Iraq. Al Gore, vice di Clinton nel «ticket» democratico, fa a Bush un'altra imputazione: aver incoraggiato curdi e sciiti alla rivolta contro Saddam e poi averli lasciati soli e indifesi di fronte alla crudele repressione scatenata dal regime. «E' stato un errore storico», ha dichiarato Gore, che, pur essendo democratico, si schierò con Bush al tempo della guerra del Golfo. Ma, per aiutare efficacemente curdi e sciiti, Bush avrebbe dovuto ordinare la ripresa dell'azione militare, cosa che difficilmente il Congresso avrebbe approvato. La tattica del «ticket» democratico è di proclamarsi lealmente d'accòrdo con l'ultima decisione di Bush, accompagnandovi la critica di una decisione precedente. Clinton ha ripetuto più volte di aver appoggiato la guerra dei Golfo. Quando gli fecero notare che aveva approvato anche la posizione opposta, quella dei democratici che volevano solo le sanzioni, disse: «Se fossi stato al Congresso immagino avrei votato con la maggioranza (prò guerra, ndr) se ci fosse stato un margine molto stretto. Ma condividevo gli argomenti portati dalla minoranza». Al di là delle professioni in senso opposto di entrambe le parti, la questione irachena è già diventata un tema elettorale di politica interna. A cominciare da Bush. Perché ha deciso di dare proprio adesso un giro di vite a Saddam? Oltre la metà degli americani, secondo un sondaggio della Cnn, non ha dubbi: per incrementare la sua disastrata popolarità alla vigilia del voto. Le indignate proteste di Bush non annullano questo sospetto. [p.p.] Clinton: ok, ma con molti distinguo
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