Gli italiani? Come i loro governanti di Roberto Ippolito

Gli italiani? Come i loro governanti Il World Economie Forum, autorevole ente di operatori economici, ci colloca al fondo della classifica dei Paesi industrializzati Gli italiani? Come i loro governanti Le capacità dei cittadini all'ultimo posto nelVOcse WV99IEK f^mSLol *OMA TÀLIÀNI cattiva gente. Non gli vuole più bene proprio nessuno. Ce l'hanno davvero tutti con loro, da una parte all'altra del mondo. Questa volta vengono giudicati come gli ultimi della classe in economia dal World Economie Forum, l'associazione fra imprenditori e operatori che analizza lo stato di salute dei 22 Paesi dell'Ocse, l'organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione formata fra i Paesi occidentali. Il giudizio è impietoso ed è forse senza precedenti almeno per un motivo. Non riguarda più solo la qualità del governo abituato ormai a essere strapazzato. Ma adesso vengono addirittura messe in discussione le capacità dei governati. Gli italiani figurano infatti all'ultimo posto nella classifica sulla «disponibilità ed il livello qualitativo delle risorse umane del Paese». Un anno fa erano diciannovesimi e precedevano greci e turchi. Insomma, i cittadini sono ormai considerati alla pari di chi li dirige: cioè pessimi. Hanno ottenuto lo stesso verdetto che il governo ha incassato perule politiche a favóre della competitività ma che risultava già ultimo nel 1991 fra tutti i Paesi Ocse nella graduatoria guidata dalla Nuova Zelanda (mentre quella sul popolo è capitanata dal Giappone). I cattivi risultati economici e finanziari sono quindi colpa di tutti, stando al World Economie Forum. Come se non bastasse, sempre ieri è stata resa nota anche una classifica Ocse. E' relativa ai giganti industriali del settore dell'ambiente: si scopre che l'Italia ha un ruolo da comparsa e che è tagliata fuori da un affare planetario valutato oggi 220 mila miliardi di lire e dominato da Giappone, Germania, Francia, Stati Uniti e Svezia. Ma che cosa succede? Cosa hanno fatto di male gli italiani per attirarsi tante critiche? Tutto. Sembra questa la risposta giusta, se si rilegge la spiacevole sequela di bocciature ricevute una dopo l'altra. La più recente (e forse più bruciante) è quella che ha impartito l'agenzia specializzata americana Moody's: il 13 agosto ha declassato l'Italia, giudicandola un creditore meno affidabile. Sin dal 5 giugno la considerava un sorvegliato speciale. A fine giugno si è scomodato perfino l'Onu per criticare un Paese, solo pochi anni fa modello di classe e creatività. Un rapporto del Dipartimento economico delle Nazioni Unite definisce il deficit dello Stato «ingestibilmente alto» e fra le tante contestazioni critica la previdenza, «generosa come poche altre». Ma con l'Italia ce l'ha anche il Consiglio dei ministri finanziari della Cee che con un documento del 19 maggio mette in dubbio «la credibilità della politica economica». Perfino il Parlamento Europeo ha molto da dire (in negativo) quando l'I 1 giugno approva una mozione sui legami mafia-politica. Fanalino di coda, cenerentola, maglia nera sono così diventate espressioni comuni quando vengono descritti i giudizi dati dalle organizzazioni inter¬ nazioni. L'Italia affonda in serie B, si è già detto dopo la bocciatura decretata dalla Moody's. E adesso? La sfiducia sembra crescere ulteriormente. Il rapporto curato dal World Economie Forum, oltre alle classifiche dedicate al governo e al popolo, ne propone una di carattere generale sull'attuale condizione economica ricavata anche sulla base di sei fattori specifici: crescita interna, internazionalizzazione, finanza, infrastrutture, management e sviluppo tecnologico. L'Italia in questa occasione è diciannovesima, prima soltanto di Portogallo, Turchia e Grecia. Gli italiani subiscono un giudizio negativo anche nei campi in cui venivano apprezzati un po' di più: sono 14° posto per i1 management (uno in meno rispetto al 1991) e quindicesimi per i rapporti internazionali (tre in meno). Per la tecnologia scendono cinque gradini (da 11 a 16). Le infrastrutture ottengono un indecoroso 19° posto, analogo al 1991. Cioè male come sempre. Roberto Ippolito