Wagner contro Wagner per il trono di Bayreuth

Wagner contro Wagner per il trono di Bayreuth Wolfgang, nipote del maestro, lascia il Festival: velenosa lotta tra gli eredi Wagner contro Wagner per il trono di Bayreuth pjral EMPIO di Euterpe o corte '■'dei Nibelunghi? Posando la prima pietra del FeI stspielhaus di Bayreuth, * I Wagner disse che vi deponeva un segreto; ma, a giudicare dalle polemiche furibonde che quel teatro continua a suscitare, si direbbe che sotto la pietra abbia messo il seme dell'odio e della discordia. E più il tempo passa e più le liti si arroventano. Ora che si profila la successione di Wolfgang Wagner, 72 anni, nipote del musicista e monarca assoluto da oltre un quarto di secolo, gli aspiranti eredi arrotano le armi e fanno un viso così torvo da ricordare per davvero la saga dei Nibelunghi. Il loro dramma familiare, tra odi e sordi rancori, può in qualche modo fare concorrenza alle opere teatrali del grande antenato. Alla morte di Wagner, avvenuta nel 1883, lo scettro del Festspielhaus passò nelle salde mani della moglie Cosima, morta ultranovantenne nel 1930, anno in cui morì anche il figlio Siegfried, il «principe ereditario». Così la direzione del teatro fu presa da Winifred Wagner, vedova di Siegfried e arrururatrice, nonostante l'origine inglese, di Hitler, che fece del morto Wagner un Tirteo musicale per la sua liturgia pangermartistica. I testi li aveva trovati in Nietzsche. Proprio perché si era compromessa con il nazionalsocialismo, nel 1949 una sentenza di tribunale obbligò Winifred a cedere la direzione ai figli Wieland e Wolfgang, sebbene anche questi avessero fornicato con il regime, tant'è vero che una fotografia li ritrae sottobraccio al dittatore come se fosse il loro babbo. Comunque, Wieland assunse la direzione artistica e Wolfgang quella amministrativa. Ma tra i due, com'era da prevedersi, sorsero subito liti e contrasti. E non solo: sorsero contrasti anche tra madre, figli e perfino nipoti. Wagner aveva dato alla sua villa di Bayreuth un nome composto, Wahnfried, la cui seconda parte significa pace. Ma ora quella casa sembrava abitata dalle furie, anziché dalla pace o dalle Muse. Il più turbolento era sicuramente Wieland, che già in precedenza aveva congiurato contro la madre: verso la fine della guerra, tentò di detronizzarla mediante l'aiuto diretto di Hitler. Non ci riuscì. In compenso la signora Winifred, non potendone più di tutta quella turbolenza familiare, un bel giorno buttò fuori di casa gb indocili rampolli, che se ne andarono chi di qua e chi di là, senza però perdere mai di vista, come punto di riferimento, Bayreuth. Ricorderò sempre il tono freddo e sprezzante con cui Winifred, durante un colloquio che ebbi con lei nella seconda metà degli Anni 70, mi parlò della famigba. Wieland morì nel 1966, cosi il fratello Wolfgang divenne monarca incontrastato sulla collina di Bayreuth. Ma ora è assediato dai tigli e dai nipoti, che danno scossoni sempre più folti al suo trono e lo fanno vacillare. La più agguerrita, ma anche la più velenosa, sembra la quarantasettenne Nike, figlia di Wieland. Non per niente si è laureata con una tesi su Karl Kraus, di cui ha almeno la lingua biforcuta. Forse perché si chiama Nike, un nome greco che suona quasi come una stecca fra i nomi immancabilmente alto-germanici degb altri famihari, lei, per descrivere l'ambiente di Bayreuth, ricorre all'iliade, anziché ai Mbelunghi. Infatti descrive la sua famiglia come «un clan di Atridi, dove i padri castrano i figb e le madri li soffocano», dove «gb uomini sono femminei e le donne mascoline». C'è forse un'allusione all'energica Cosima e al figlio Siegfried, che non ereditò certo né u genio del padre né il temperamento della madre? Quanto allo zio Wolfgang, Nike non capisce perché tutti gb si prosternino davanti: «Perché sono tutti così terribilmente succubi dell'autorità?». Vorrebbe scrivere un libro sulla storia di Bayreuth del dopo¬ guerra, ma lo zio le impedisce di accedere all'archivio in cui si conservano i documenti che le occorrono. E Wolfgang risponde: «Se le dessi questi documenti, so già che cosa ne farebbe». Egli teme, non a torto, che il sarcasmo e la mancanza di rispetto della nipote per il santuario di Bayreuth metterebbero alla berlina tutta la schiatta dei Wagner, da lei definita «una massa di egocentrici, di nasuti e di mascellutì». Se Nike combatte con l'ironia e il sarcasmo, il fratello Wolf Siegfried, detto Wummi, va all'attacco frontale: «Io mi chiamo Wagner, io metto in scena Wagner. Wolfgang non si deve fare illusioni: io combatterò per Bayreuth». Per ora, però, deve accontentarsi di fare il regista delle opere del bisnonno in città di provincia: tó;^io gli sbarra la porta del Festspielhaus. Come se non bastassero i nipoti, a rendere la vita difficile a Wolfgang Wagner ci sono anche i propri figli Gottfried ed Eva. Il primo spara a zero non solo sul padre, ma anche sui nonni e i bisnonni, tutti, secondo lui, antisemiti viscerali. Ma Wagner non affidò forse la direzione della sua ultima opera a Hermann Levi? Il furibondo Gottfried, nome che in tedesco significa pace di Dio, attacca anche i Festspiele come tali e li definisce «una cosa di mezzo tra la Borsa e il mercato dei ferrivecchi». Schiumante di rabbia per tanta insubordinanza, il padre ha rotto qualsiasi rapporto con il figlio. Solo Eva, che lavora in un teatro di Parigi, sembra muoversi con più circospezione: aspetta forse il momento opportuno come Crimilde? Nessuno può dire quando Wolfgang, che sembra ancora ben saldo in sella, si deciderà a passare le consegne e chi ne sarà il successore. Le associazioni wagneriane vorrebbero che fosse uno della famiglia, nella convinzione che qualche granellino del genio di Wagner si sia naturalmente trasmesso ai pronipoti. Ma questi, tutt'al più, hanno ereditato dal grande bisnonno solo la lingua biforcuta. A questo punto viene da chiedersi: fece davvero bene, Wagner, a abbandonare il suo bellissimo rifugio di Lucerna per fondare il Festspielhaus di Bayreuth? Certo, era suo diritto pretendere che le opere venissero rappresentate come lui le aveva concepite e non secondo l'arbitrio di questo o di quel regista. L'idea iniziale, però, di costruire una specie di capannone da distruggersi subito dopo la rappresentazione dell'Anello andò modificandosi con il tempo e alla fine si concretizzò nel teatro di Bayreuth, cosa che gli costò un mare di guai. Senza quell'impresa, egli sarebbe vissuto almeno dieci anni di più. Lo riconosceva lui stesso, definendo il Festspielhaus come «il ghiribizzo di un folle». Ma non avrebbe mai potuto prevedere che un giorno quel teatro sarebbe diventato un covo di vipere. Anacleto Verrecchia La terribile Nike: «Un clan di egocentrici mascellutiì dove i padri castrano i figli» Richard Wagner con la moglie Cosima, cui alla morte del maestro, nel 1883, passò lo scettro di Bayreuth. A sinistra, Wolfgang Wagner con Strauss, allora leader della de tedesca