E alle fine Bruno Trentin ce la farà di Francesco Bullo

E alla fine Bruno Trentin ce la farà Pace armata nella Cgil alla vigilia del direttivo: lo scontro sembra solo rinviato E alla fine Bruno Trentin ce la farà La minoranza: «Perderemo migliaia di iscritti,» ROMA. E alla fine rispunta Trentin. Dopo la «due giorni» (il 2 e il 3 settembre) del direttivo Cgil il risultato sembra già scontato: fiducia (prò tempore) al segretario dimissionario. I conti si faranno dopo. Uno slittamento della «resa dei conti» all'interno della più potente organizzazione sindacale italiana, che non cancella i problemi. Una pace armata, nulla più, tra le varie fazioni della Cgil, che renderà più difficile l'avvio del «secondo round» al tavolo di Cristofori, con imprenditori e sindacati. «La ripresa post-feriale per la Cgil si presenta molto difficile e complicata dopo l'intesa di luglio» dicono «congiuntamente» il segretario generale e il segretario generale aggiunto della Camera del Lavoro milanese, Carlo Ghezzi (comunista occhettiano) e Carlo Lesca (socialista), membri del direttivo nazionale della Cgil, giudicando «indispensabile che la discussione che si awierà al direttivo nazionale del 2 e 3 settembre si basi sulla piena consapevolezza dei problemi che il movimento sindacale ha di fron- te» e rilevando che «a nessuno sono consentite scorciatoie di esaltazione, né tantomeno di semplice diniego dell'intesa raggiunta a fine luglio». Un punto a favore, come si vede, dell'accoppiata Trentm-Del Turco. I due sindacalisti affermano poi che occorre avviare seriamente il dibattito con tutti gli iscritti alla Cgil «non solo per valutare i contenuti del protocollo sottoscritto, ma anche per fissare le tappe e il merito del confronto di settembre con Confindustria e governo, in modo tale da completare con forti elementi di qualità, l'intesa di fine luglio». Ghezzi e Lesca affermano òhe il direttivo nazionale può già deci¬ dere «la non apertura della trattativa finché la discussione nella Cgil non avrà puntualizzato il nuovo percorso». Ghezzi e Lesca chiedono infine la fissazione di un calendario di lavoro che permetta il confronto con gli iscritti e i lavoratori ed una assemblea nazionale dei delegati. Giochi aperti, quindi, e piena disponibilità da parte di due leader lombardi targati pds e psi. Un atteggiamento che contrasta comungue con la disponibilità degli occhettiani Sabattini, Casadei, Terzi, sostenitori di un confronto (hanno sempre rifiutato il termine «referendum») con la base sul contestato accordo che ha portato alle dimissioni di Trentin. Pace armata, quindi, mentre il «duro» Cremaschi, esponente della minoranza di «Essere sindacato» sposta il tiro e manda un segnale d'allarme: «Alla fine dell'anno la Cgil rischia di ritrovarsi con 200 mila iscritti in meno tra i lavoratori attivi a causa dell'intesa sul costo del lavoro». Trentin resta, come le divisioni. Francesco Bullo

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