E Piazza Affari inizia a licenziare di Ugo Bertone

E Piazza Affari inizia a licenziare E Piazza Affari inizia a licenziare Pastorino e Lbc danno il via alla stretta d'autunno MOLANO. «Ragazzi, mi dispiace, ma è andata così». Questa lezione amara è suonata ieri in due tra le principali Sim della piazza milanese. Sfiora ancora una volta il minimo Piazza Affari, le Sim, le società di Borsa, stavolta, non perdono tempo: 43 licenziamenti alla Lbc, su 86 dipendenti. E tutto va fatto entro metà novembre. Da «Pastorino and partners», ditta primaria in cui figurano soci del calibro della Banca del Gottardo (controllata dal colosso giapponese Sumitomo) si sceglie, all'apparenza, una strada diversa: trenta persone devono lasciare la ditta e questo in poche settimane, entro metà settembre. Anche qui, dicono i dipendenti, si è scelta la strada del licenziamento, magari mascherata da dimissioni volontarie. Ecco, parte da Piazza Affari la prima stretta d'autunno. E questo non stupisce nessuno, in quel triste quadrilatero degli Affari che occupa il centro di Milano. Ma i nomi coinvolti nell'operazione non sono di poco conto. Il senatore Pastorino, ex ministro de, è uno dei nomi nobili del mercato. E con lui ci sono nomi bancari di grande rilievo. Impressiona che lui, capace di raccogliere a suo tempo anche il 20% buono di tutti gli ordini di Piazza Affari debba far economie. E solo tre anni fa i vertici della ditta correvano per l'Italia su un aereo privato. Non meno grave l'allarme della Lbc: anche qui siamo di fronte a soci del calibro di Leonzio o Borroni, agenti di cambio di spicco prima del varo di una Sim con tante ambizioni. Ma questa stagione di rigore non arriva a sorpresa. Basta fare i conti. Ieri, ad esempio, il controvalore degli scambi in Borsa non ha superato la cifra di 80 miliardi: questo vuol dire, grosso modo, circa 400 milioni di commissioni per tutte le società impegnate nell'attività di Borsa. «Ma - replica un operatore - la gestione di una grande Sim costa almeno 60 milioni al giorno. Così non si può andare avanti». Anche perché, spiega il presidente milanese dei procuratori Ubaldo Gaggio, la crisi «cade in una situazione drammatica. Basti dire che nelle Uste di collocamento previste dalla Consob già sono iscritte 200 persone». A questa cifra vanno ad aggiungersi i licenziamenti di ieri e la spada di Damocle pende su altri lavoratori che, al momento delle riforme, hanno dovuto accontentarsi di contratti a tempo. Attorno a Piazza Affari ruotavano, se si tien conto di una fascia di collaboratori diffusi nel Paese, circa 3500 persone. E a questi, senza tener conto dei canali bancari, andavano aggiunti i collaboratori diffusi nella penisola, le varie commissionarie o finanziarie che facevano affluire in Borsa gli ordini. Oggi la cifra si va riducendo a vista d'occhio. E', insomma, una situazione nera, assai più drammatica di quella che, non più tardi di un anno fa, fu all'origine di scioperi a ripetizione sul mercato azionario. Ma, a questo punto, non protesta più nessuno: la Borsa è in condizioni comatose, il settore del reddito fisso non offre più una via d'uscita. Per venir fuori da questa crisi, sottolinea Gaggio, occorrono riforme sostanziose, magari l'avvio dei fondi pensione. No, non è una speranza troppo solida. Ma a qualcosa Piazza Affari si deve pur aggrappare. E la rabbia per i tagli cresce. «Belle riforme. Ai tempi dei vecchi studi - dice un ex procuratore non è capitato niente del genere». Ugo Bertone

Persone citate: Borroni, Gaggio, Pastorino, Ubaldo Gaggio

Luoghi citati: Italia, Milano