Caccia al tesoro per 15 Indiana Jones

Caccia al tesoro per 15 Indiana Jones Montagne d'oro nel New Mexico? Ora Washington crede a una «favola» cominciata nel '37 Caccia al tesoro per 15 Indiana Jones «Fra un anno Rockefeller mi parrà un poveraccio» DNO scrittore di romanzi d'avventura con molto mestiere non sarebbe riuscito a stipare tanti ingredienti e colpi di scena in una sola storia: la frontiera americana, il tesoro più grande del mondo, amorì, gelosie, fughe, il duello con processo e assoluzione, ma anche la bomba atomica, i servizi segreti, la Casa Bianca e lo scandalo Watergate. Dal film western al thriller moderno, dalla praterìa all'era Bush. Per molti americani, la grotta traboccante d'oro che il dottor Milton Noss (Doc) giurò, nel '37, di aver trovato nel New Mexico, restava una favola, una caverna di Ali Babà che qualche credulone si era ostinato a cercare per oltre cinquantanni. Ma ora che lo stesso Congresso degli Stati Uniti ha riconosciuto la possibilità che esista, autorizzando una spedizione a mettersi sulle tracce dell'immensa fortuna, gli scettici cominciano a temere di aver affrettato le conclusioni, Sono in palio 16 mila barre d'oro, almeno un miliardo e mezzo di dollari. Per intascarli, i discendenti del dottore e alcuni imprenditori hanno investito un milione di dollari (un miliardo 200 milioni di lire) e si sono dati un anno di tempo per battere a tappeto la zona tracciata nella mappa con sofisticate apparecchiature. Quindici Indiana Jones agli ordini di Terry Delonas, nipote di Doc, stanno organizzando i lavori dal quartier generale di Las Cruces, 25 miglia a Sud di Victorio Peak, dove Noss incappò nel favoloso tesoro. La scoperta avvenne durante una battuta di caccia. Il dottore raccontò di aver messo le mani su una «montagna d'oro» e di averne preso soltanto alcune barre. Appena i lingotti finirono, Doc tornò alla caverna delle meraviglie. Erano passati due anni. Raccontò, con l'orrore negli occhi, le pareti del cunicolo che portava al tesoro, la sua ansia, poi il disastro: una frana aveva ostruito l'ingresso. Noss passò gli anni successivi a cercare un finanziatore o almeno braccia disposte a spalare terra. In America, però, cominciava a farsi sentire il vento della guerra. Poco dopo Pearl Harbor, il dottore divorziò dalla moglie Ova. Fece la valigia e scomparve nel nulla. Nessuno ebbe più notizie di lui fino alla fine degli Anni 40, quando tornò con una nuova compagna e un misterioso socio in affari. H tesoro - confermò era ancora là, nella grotta protetta dalla frana. Per lui, ritrovarlo era diventata un'ossessione. Si accalorava, tanto che quelle barre d'oro lo portarono a uno scontro con il compare, Charlie Ryan, che nel '49 durante un litigio lo uccise. Il processo fu più l'occasione per disquisire sulla reale esistenza del tesoro che quella per fare chiarezza sul fatto di sangue. Alla fine, la giuria accolse la tesi della legittima difesa e il sipario sembrò calare sulle «fantasie» del medico. Passarono solo pochi mesi, poi l'iniziativa passò alla ex moglie di Noss. La vedova profuse tutte le sue energie per dimostrare che l'ex marito non era un visionario. Si accanì fino a quando l'esercito allargò i confini del White Sands - la più grande zona militare degli Stati Uniti dove il 16 luglio del 1945 venne fatta esplodere la prima bomba atomica della storia - inglobando Victorio Peak. Altra battuta d'arresto, fino al '61, quando un gruppo di aviatori trovò, nella zona segnata sulla mappa di Noss, frammenti d'oro. Sia i militari, sia i servizi segreti si misero sulle tracce del tesoro. Ma la vedova non era doma. Due contadini le raccontarono di aver visto «manovre militari» attorno al luogo dei lingotti. Lei non perse tempo, si rivolse alle autorità per far cessare ogni belligeranza attorno al «suo» oro. L'esercito fu costretto a interrompere le ricerche. Un portavoce annunciò: non avevamo ancora trovato nulla. Nel 1963 la vedova imbracciò di nuovo il badile e con l'autorizzazione degli alti comandi dell'esercito si mise alla testa di una spedizione sulle tracce del tesoro di Victorio Peak. Durò poco, i ri¬ cercatori si persero dietro a mille polemiche e i militari colsero l'occasione per annunciare che la stagione dei sogni era finita, che non si sarebbero combattute altre inutili battaglie sul terreno di Victorio Peak. Seguirono dieci anni di silenzio. Ma la maledizione-benedizione di Noss era destinata a una nuova ribalta. Nel '73 Victorio Peak entrò nei verbali delle audizioni per lo scandalo Watergate. John Dean, consigliere di Richard Nixon, raccontò che al procuratore generale John Mitchell era stato chiesto di organizzare una spedizione per riportare alla luce l'oro di Doc. Fu come togliere il coperchio da una pentola in ebollizione. Migliaia di persone erano pronte a testimoniare l'esistenza del tesoro. L'avvocato F. Lee Bailey, a nome di cinquanta sconosciuti clienti, dichiarò che se lo Stato avesse messo a sua disposizione un elicottero, in mezz'ora sarebbe tornato con 292 barre d'oro. Naturalmente la sfida finì lì. Ma, da allora, i soldati di stanza al White Sands hanno passato interi weekend a Victorio Peak nella speranza di incappare nel tesoro di Noss. Fantasia o realtà, quella grotta delle meraviglie è entrata nella storia degli Stati Uniti. Delonas è pronto a giurare che il nonno non ha mai preso lucciole per lanterne, che il tesoro esiste e che entro un anno gli permetterà di pensare a Rockefeller come a un poveraccio. Si è votato a questa missione dal '79, quando ha lasciato il lavoro per dedicarsi anima e corpo all'impresa. «Tra non molto - dice muovendo nervosamento la mascella - farò schiattare di rabbia tutti quelli che hanno ignorate o ridicolizzato i sogni di mia nonna Ova». Pier Luigi Vercesi Richard Nixon A sinistra: «Alla ricerca del tesoro perduto»

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