Un monumento nel ghetto: qui abitò Bush di Lorenzo Soria

Un monumento nel ghetto: qui abitò Bush USA Ricco centro nel '49, oggi regno del crack, Compton potrebbe apparire una parabola dell'America Un monumento nel ghetto: qui abitò Bush L'idea di un sindaco (democratico) imbarazza la Casa Bianca LOS ANGELES NOSTRO SERVIZIO I Santa Fé Gardens, un complesso residenziale nel centro di Compton, nella contea di Los Angeles, hanno ben poco di presidenziale. Una buona parte dei 144 appartamenti sono stati chiusi perché troppo squallidi e cadenti. Quelli ancora abitati hanno molte finestre rotte e condizioni sanitarie di dubbia igiene. Quanto all'attività professionale dei residenti, si sa, sono principalmente due: traffico di crack e prostituzione. Ma il sindaco di Compton, Walter Ticker, ha deciso di fare del complesso un monumento storico. Nel lontano 1949, l'appartamento numero sei al 624 di Santa Fé Avenue ha ospitato per sei mesi una coppia destinata a diventare famosa: George e Barbara Bush. E adesso il fatto va tramandato ai posteri. Sentita la notizia, i residenti del Santa Fé Gardens sono rimasti senza parole. «Non posso crederci. Vogliono trasformare una casa dove si vende il crack in un monumento storico?», domanda allibita Lorraine Cervantes. Un grosso uomo pieno di tatuaggi invece non sa nascondere la sua rabbia: «Dite a George Bush di tornare a vivere qui e vediamo come se la passa», esclama. Ma che cosa ci faceva il futuro Presidente da queste parti? Nella sua autobiografia, il soggiorno a Compton viene appena menzionato. Bush, che proprio qui vide nascere la sua prima figlia Robin, in quegli anni vendeva attrezzature per pozzi petroliferi. E Compton, che era una linda comunità middle-class, aveva il vantaggio di avere prezzi abbordabili e di essere in una posizione geografica molto comoda per i suoi affari. Un paio di generazioni dopo, le condizioni sono radicalmente cambiate. Devastata da povertà, droghe e prostituzione, la comunità ospita alcune tra le gang giovanili più spregiudicate nella loro ferocia. Ed è stata uno dei punti più caldi dei moti di fine aprile. I Santa Fé Gardens riflettono il quartiere e Rozelle Anderson, che vive proprio rlirimpetto all'ex appartamento di Bush, non può fare a meno di ricordare le sparatorie: «Ce n'è stata una anche ieri sera. Si sentono le pistole con il breakfast, con la colazione e con la cena». Sentita la decisione di fare dell'appartamento di Bush a Compton un monumento storico, la Casa Bianca ha scelto di tenere le distanze. Più che un onore, questa rischia di essere un'altra fonte di imbarazzo e, in California, la campagna per la rielezione del Presidente ha già abbastanza problemi. Con 54 voti elettorali, il «Golden State» è il premio più ambito e l'ultima volta in cui un repub¬ blicano ha vinto la contesa per la Casa Bianca senza vincere in California risale al 1880. Il monumento di Compton rischia di mettere Bush in un vicolo cieco. Se accetta, i commenti irò nici saranno inevitabili. Se si oppone, potrebbe suonare co me un atto di sfregio verso Los Angeles, i poveri e le minoranze etniche. Ma il sindaco (democratico) di Compton nega di aver preso la decisione del mo numento apposta per mettere in imbarazzo Bush. «Dobbiamo essere orgogliosi del fatto che un Presidente ha vissuto qui» sostiene. E sa di avere l'appog gio di almeno una persona, il luogotenente di polizia Gary Anderson, che ha proposto di fare un monumento non solo dell'appartamento ma dell'in tero complesso, svuotandolo completamente: «Risolverebbe un bel po' dei nostri problemi». Lorenzo Soria

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