Gulag in concessione alla Corea del Nord

Gulag in concessione alla Corea del Nord RUSSIA Li ha mostrati la tv di Seul, zeppi di dissidenti di Pyongyang. Mosca: un residuo del passato da eliminare Gulag in concessione alla Corea del Nord In Siberia ce ne sono 15, Brezhèv li ha dati in affitto nel'66 Campi di lavoro forzato nelle foreste siberiane, con ventimila detenuti e prigione interna di punizione: li ha mostrati nei giorni scorsi la tv sud-coreana, che ha potuto riprenderli grazie all'aiuto del governo russo. Non sono ultime sopravvivenze dei lager staliniani, ma un gulag sommerso fatto venire alla luce dalla Russia di Boris Eltsin, dalle caratteristiche particolari. Si tratta infatti di un gulag «in concessione», organizzato e gestito dal 1966 dalla Corea del Nord in territorio russo per i propri prigionieri politici: quindici campi in cui «si muore di malattie e di torture», ad alcune centinaia di chilometri da Khabarovsk, nella repubblica del Birobijan. La tv ha potuto filmare due dei 15 campi grazie all'intervento di Mosca che, in vista del viaggio di Eltsin a Seul a metà settembre, si prepara a farli chiudere. Si tratta di campi istituiti dal Nord a partire dal '66 in virtù di accordi con l'Unione Sovietica per la concessione di aree per il taglio e lo sfrutta- mento delle foreste. Pyongyang vi ha deportato prigionieri politici, con carcerieri e aguzzini. I servizi di sorveglianza sono infatti svolti da personale nordcoreano, in divisa e in borghese. Un gulag extraterritoriale sul quale, secondo la tv, i russi non hanno giurisdizione: per aiutare la troupe sono dovuti ricorrere a sotterfugi. Il campo principale di Chegdomyn, attorno a cui a varie distanze sono le altre isole dell'arcipelago, è stato infatti mostrato in riprese dall'alto, con l'elicottero: baracche di fango e cartone, senza finestre, sugli spiazzi alcuni coreani vestiti di stracci, volti emaciati senza espressione. Al centro dell'agglomerato alcune costruzioni in muratura, con cartelloni inneggianti a Kim II Sung. Gli operatori erano accompagnati da un agente della sicurezza russa, in uniforme, presentato come Vasily Kim, e da un funzionario di Mosca, qualificato come «stretto collaboratore di Eltsin» e presentato col solo cognome, Desiyatov. Reporter, commentando nel filmato le immagini dall'alto: «Questo è un campo di lavori forzati nordcoreano, a 1500 chilometri dai confini della Corea del Nord, per prigionieri politici. In una di queste costruzioni c'è un tribunale del popolo, e si ha costante e spietata violazione dei diritti umani: torture, assassinii... E' una piccola Corea del Nord all'interno della Russia, dal '66». Agente Kim: «Ho il cuore a pezzi, non so che dire. Qui la gente muore di torture, patimenti...». Desiyatov: «La violazione dei diritti umani all'interno del campo è fatta dal governo nordcoreano. La Russia affronterà questo problema riconsiderando gli accordi con la Corea del Nord». Mentre scorrono le immagini del campo, con ovunque slogan ideologici e militareschi, il reporter racconta che il gruppo, sotto scorta della sicurezza russa, è riuscito a entrarvi per un breve giro in minibus; ma ha dovuto tenere abbassate le tendine su richiesta degli stessi russi, nel timore di aggressioni da parte delle guardie nordcoreane se si fossero accorte che c'erano giornalisti. Un secondo filmato ha presentato un altro campo, una segheria, a 300 chilometri da Khabarovsk. La squadra vi si è recata in auto, non in elicottero come nel precedente, e ha potuto quindi filmare ben poco. Le riprese hanno mostrato l'ingresso della segheria, sorvegliato da agenti nordcoreani in uniforme i quali hanno impedito alla troupe di entrare malgrado fosse scortata da funzionari russi. «Sappiamo che qui dentro dice il reporter - c'è una prigione». Guardia nordcoreana: «Noi dobbiamo difendere questo impianto e non possiamo far entrare nessuno. Non mi intendo di problemi legali». Un russo che accompagna il reporter, identificato come funzionario governativo, di nome Sergej: «C'è una prigione, è vero, ma la chiamano casa di protezione». Come tutti i regimi dittatoriali, la Corea del Nord proclama di non avere prigionieri politici sul suo territorio. Forse è sinistramente vero, dato che li rinchiude in campi avuti dall'Urss di Breznev. Fernando Mozzetti I leader nordcoreano Kim II Sung

Persone citate: Agente Kim, Boris Eltsin, Breznev, Eltsin, Fernando Mozzetti I, Kim Ii Sung