Agosto 1902, primo giallo-horror a Torino di Maurizio Lupo

Agosto 1902, primo giallo-horror a Torino DIMENTICATE i delitti del secolo e i segreti dei «Grandi» che ci fecero visita in un libro di Renzo Rossotti Agosto 1902, primo giallo-horror a Torino C'è un mostro in via della Consolata Novant'anni fa in città c'erano 34 gradi all'ombra. Ma in quel torrido agosto del 1902 i torinesi avevano i brividi. Cronache e cantastorie da mesi ingigantivano i raccapriccianti e insoluti crimini dell'«Uomo dai pie di fauno». Romanzati e pubblicati anche su foglietti volanti, divennero il primo «giallo-horror» del secolo ambientato a Torino. Era però una storia vera: quella del «Mostro di via della Consolata», subito vagheggiato come un essere dall'aspetto ferino, che accoltellava le bambine e le seppelliva ancora vive nelle cantine di Palazzo Paesana, in via della Consolata 1. Fu un incubo per più di un anno. Renzo Rossotti, eclettico giornalista de «La Stampa», lo riscopre sul suo nuovo libro: «Torino: I Grandi. Altre Case raccontano, da Napoleone a Diabolici")», prossimamente edito dal Capitello. E' il secondo volume che indaga sui segreti dei palazzi della città. Più di un capitolo è dedicato alla Torino «nera», a un viaggio macabro fra le abitazioni che conobbero efferati delitti. Come l'assassinio di Veronica Zucca, di 8 anni. Era solita giocare in piazza Paesana (oggi Savoia). Sparì una domenica pomeriggio, il 2 gennaio 1902. La cercarono per tutta la città e fermarono diversi pedofili. Fu inutile. Finché a aprile un falegname, Angelo Damiano, scese nelle cantine di via della Consolata ) e trovò il corpo di Veronica, con gli abiti scomposti, devastata da 16 coltellate. Sospettarono anche il padre della bimba, ma arrestarono Carlo Tosetti, cocchiere del marchese Saluzzo Paesana. Non confessò. Lo rilasciarono dopo 55 giorni di interrogatori. Il caso fu archiviato, ma la fantasia popolare lo arricchì di particolari spaventosi e la tensione rimase. Poi il bruto colpì di nuovo. Nel maggio 1903 sparì Teresina De Maria, di 5 anni, figlia di un gasista. La trovarono ancora viva, ma ferita da tre coltellate, sempre negli infernotti di via della Consolata 1. La bimba si salvò e indicò l'aggressore: Giovanni Gioii, uno spazzino di 24 anni. Ne passò 25 in galera. Torino trasalì ancora nel febbraio del 1918, quando il Po fece affiorare vicino ai Murazzi la gamba di un uomo. Era quella di Don Guglielmo Gnavi, di Caluso, fatto a pezzi in via Maria Vittoria 19 (allora via San Filippo). Il «preive a tòch» impressionò tanto la città da diffondere nei bassifondi un minaccioso modo di dire: «Attento, neh! Che rischi la fine di Don Gnavi». Fu la sorte che toccò anche alla «Bela Rinin». Il 2 ottobre 1935 la trovarono squartata all'Hotel Gran Cairo, un albergo di «non eccelse virtù» all'angolo fra via Santa Teresa e via Roma. Venne preso il colpevole: il marito. Confessò di averla uccisa perché Rinin aveva scoperto un suo precedente omicidio. Altro caso memorabile fu quello «del lampadario». La casa del delitto è un alloggio di corso Oporto 51 (ora Matteotti). Qui, al quinto piano, il 19 agosto 1930, la polizia trovò nel letto, nuda e strangolata, Vittoria Nicolotti, una bella donna di 32 anni. Il corpo era pieno di graffi. Si escluse subito la rapina. La porta non aveva segni di scasso. Fu arrestata Rosa Vercesi, la «migliore» amica della vittima. La polizia la fece spogliare e scoprì anche sul suo corpo le tracce della lotta. In seguito confessò al suo avvocato di aver agito in preda a una dose di cocaina, offertale dalla Nicolotti per sedurla. Ma in tribunale non lo ammise mai. E le autorità preferirono evitare di parlare di omosessualità: «L'Italia di Mussolini è un paese sano e maschio». Si preferì l'accusa di omicidio a fini di furto. A casa della Vercesi, in via Madama Cristina 15, vennero ritrovati i gioielli della Nicolotti, nascosti in un lampadario. Il processo durò un anno. Eccitò l'intera città con il suo cocktail di passioni. Divenne un «fatto mondano» che richiamò «tutta la Torino elegante» e si concluse con una condanna all'ergastolo. Maurizio Lupo La notte «brava» di Napoleone A Stupinigi volle le chiavi delle camere di tutte le dame Mozart abitò fonie a Palazzo Barolo, ma pochi si interessarono a lui A sinistra Buffalo Bill e l'imperatore Napoleone Bonaparte

Luoghi citati: Cairo, Caluso, Italia, Torino