Beirut dopo 20 anni si vota al ritmo delle autobomba

Beirut, dopo 20 anni si vota al ritmo delle autobomba I cristiani boicottano le legislative per non perpetuare il protettorato siriano: sciopero generale, attentati Beirut, dopo 20 anni si vota al ritmo delle autobomba BEIRUT. L'appuntamento è decisivo per il futuro di un Paese in bilico su una fragile pace dopo anni di scontri: oggi si voterà per le elezioni legislative, le prime che si tengono in Libano da vent'anni. Ma la vigilia ha presentato un copione tristemente noto: bombe, tensione, paura. Fortunatamente non ci sono state vittime nei due attentati avvenuti ieri. Il candidato cristiano maronita August Bakhus è uscito illeso ieri mattina dall'esplosione della sua auto parcheggiata nelle vicinanze della residenza estiva di Brummana, una cittadina 14 chilometri a Est della capitale utilizzata come base dai sostenitori del generale Michel Aoun, ora in esilio in Europa. «Non ho nessuna intenzione di ritirare la mia candidatura per il Parlamento», ha detto Bakhus, anche dopo il secondo attentato che ha colpito gli uffici di una società appartenente a un altro candidato cristiano, Rashid Khazen. Due episodi di violenza che suonano come una risposta all'opposizione cristiana, che venerdì ha deciso uno sciopero generale di tre giorni in segno di protesta contro le elezioni. Ma anche il ricorso al blocco di uffici, banche e negozi nella zona Est di Beirut e in altre città cristiane non è servito all'obiettivo di ottenere un rin- vio della consultazione. «Niente elezioni prima del ritiro totale delle truppe di Damasco dal Paese» (cioè fino al 22 settembre, la data stabilita nell'accordo di pace di Taif dell'ottobre del 1989): è stata questa la richiesta avanzata dall'opposizione cristiana. Una mossa suggerita dal timore che un Parlamento espresso nello stato attuale delle cose favorisca una legislatura filo-siriana senza reali poteri di governo. Secondo l'esponente musulmano filosiriano Nabih Berri, lo sciopero ha creato una atmosfera che «sta portando il Paese in una situazione di scontro». Come dire che il Libano diviso dalle tante fazioni religiose attraversa ancora una volta un momento di estrema delicatezza. Ma anche le trattative dell'ultima ora sono naufragate: niente rinvio, quindi, ma conferma della convocazione odierna alle urne per scegliere fra i 500 candidati in lizza quelli che occuperanno i 128 seggi parlamentari divisi tra cristiani e musulmani. Sui muri di Beirut, i manifesti che per anni hanno annunciato la morte di cittadini nella guerra sono stati coperti da fotografie di uomini politici sorridenti che pubblicizzano i lo¬ ro programmi. E' un variegato campionario di ex signori della guerra, uomini d'affari e novizi della politica. Le loro proposte variano da un'intensa ricerca per un vaccino contro l'Aids fino ad ardite promesse per un nuovo ordine mondiale, 0 ancora contemplano una serie di iniziative per rivitalizzare i servizi distrutti da anni di combattimenti. Nella attività preelettorale, non sono poi mancate intense trattative per l'acquisto di voti, una vecchia pratica in Libano. Le quotazioni dell'ultima ora, secondo alcune fonti, hanno oscillato tra 1 150 e i 250 dollari nelle zone dove la competizione elettorale è particolarmente serrata. Ma fino all'ultimo l'opposizione non si è arresa e ha lanciato un appello ai 700 mila elettori cristiani (su un totale di 2,4 milioni di aventi diritto al voto) chiedendo loro di boicottare le urne. Le votazioni si aprono oggi, ma si articolano in tre turni. Per primi voteranno gli elettori del Nord del Libano e della Valle della Bekaa, per eleggere 51 deputati. Cinquantaquattro seggi saranno invece assegnati nel secondo turno, il 30 agosto, a Beirut e nella regione del Monte Libano. Infine, il 6 settembre, nelle regioni meridionali dove incombe la minaccia israeliana saranno assegnati i restanti 23 seggi. [e. st.] Alcuni candidati filo-iraniani durante uno dei comizi alla vigilia delle elezioni parlamentari in Libano [foto appi

Persone citate: August Bakhus, Michel Aoun, Nabih Berri, Rashid Khazen