Verona, Catullo danza le illusioni d'amore di Luigi Rossi

Verona, Catullo danza le illusioni d'amore In scena anche i «Carmina Burana» di Orff, coreografìe di Butler: tutto esaurito al Teatro Romano Verona, Catullo danza le illusioni d'amore Eleganti e sensuali i ballerini Marco Pierin e Lucia Colognato VERONA. Catullo è tornato a casa, non più sul suo agile fasello dalla lontana Bitinia, ma a passi di danza. Lo ha riportato il coreografo John Butler nei «Catulli Carmina» su musica di Orff in un Teatro Romano gremito fino agli orli della càvea. Il pessimismo dei promotori dell'Arena di Verona, che hanno confinato quest'anno il balletto nella più piccola sede tra i due spazi antichi disponibili, è stato smentito con esauriti costanti e con molti potenziali spettatori internazionali che non hanno potuto trovare posto. La scelta dei due balletti di Orff (c'erano anche i «Carmina Burana») poteva apparire non sufficientemente popolare, ma evidentemente il pubblico è cresciuto e, almeno quest'ultimo titolo, è conosciuto persino a livello di musica leggera. Riproposto in Italia a molta distanza dalle esecuzioni della Scala, il dittico di Butler rivela la sua validità coreografica, a dispetto dell'anagrafe che parla di creazione a cavallo tra gli Anni 50 e 60. Un confronto tra le due coreografie forse si risolve in favore dei «Catulli Carmina», certamente più raffinati e coerenti, rispetto alla materia più incandescente e dispersiva dei «Burana». Il grande «liber» del poeta veronese viene risolto in un quadrangolo costituito da Catullo e Lesbia, la meretrice Ipsitilla e il rivale Celius. Dopo il malizioso prologo con scambi erotici tra giovani e fanciulle, ecco i due protagonisti intessere un appassionato passo a due sulla famosa perorazione catulliana «Da mi basia mille». Mentre i giovani cantano le loro illusioni d'amore, il coro dei vecchioni li irride ricordando l'effimero tempo della passione. Un elegante protagonista, raffinato e melanconico come si conviene, è stato Marco Pierin, affiancato da una sensuale e in¬ tensa Lesbia, impersonata da Lucia Colognato. L'altra coppia era ben sostenuta da Stefania Cantarelli e Giovanni Patti. La difficile tecnica di Butler, nella quale, accanto ai ricordi della maestra Martha Graham, vengono declinati personali modi di intendere la «modera dance», è stata abbastanza soddisfacentemente interpretata dal corpo di ballo dell'Arena di Verona diretto da Jeremy Leslie-Spinks. Per i «Carmina Burana» è stata sfruttata la singolare ambientazione del Teatro Romano che incorpora la chiesetta gotica di San Siro. Dalle ripide gradinate di quest'ultima sono scesi i «clerici vagantes», protagonisti della cantata scenica di Orff, incappucciati, con lunghi ceri, in una processione che commentava il famoso coro iniziale e finale della «Fortuna imperatrix mundi». Alla cupa visione medioevale è seguito il ridente quadro «Primo vere» che ha dato modo ad un eccellente quartetto di artisti ospiti di farsi valere in un duplice «pas de deux». I solisti erano Maria Barrios, Barbara Moore, Jay Brooker e Hector Monterò. Molto stilizzata e senza grotteschi riferimenti presenti nella musica e nel canto, la scena della taverna con il cigno arrosto concupito dai ghiottoni che qui diventa invece quasi il simbolico volatile romantico del balletto accademico. Raffinata come si conviene la trobadorica «cour d'amour» che contrappone le due schiere di giovani e di fanciulle, prima che la ruota della fortuna giunga nel finale a travolgere ancora tutti. Il caloroso successo ha coinvolto solisti e corpo di ballo ed è stato rivolto anche allo stesso Butler presente a Verona, con rara eccezione alla sua nota riluttanza ai viaggi transoceanici. Luigi Rossi

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