Brandt in privato Casanova depresso

Brandt in privato Casanova depresso Le memorie dell'ex moglie: perché divorziai Brandt in privato Casanova depresso s>i IHE stoccata, Frau Rut. a ' Signorile, ma dritta al seI gno. L'ex moglie del can1 i celliere Brandt sbarca og- ^Jgi nelle librerie tedesche con l'autobiografia Paese di amici: dietro il titolo, omaggio alla Germania, ci sono trecento pagine di scene da un matrimonio. Un'unione durata trentadue anni, cominciata come passione turbinosa (e trasgressiva) e colata a picco per le ripetute infedeltà di Willy. Non un rigo ha mai speso il padre dell'Ostpolitik su tutti quegli anni con Rut: nelle sue memorie, uscite nell'89, Brandt tace persino il nome dell'ex signora. «Strano, strano davvero», lo canzona lei oggi. E gli rende la pariglia svelando altari e altarini della loro vita coniugale. Senza volgarità, ma anche senza misericordia. «Gli ho mandato il volume in norvegese, ma non ho ricevuto risposta», racconta soave al settimanale Sterri, che anticipa ampi stralci del libro edito da Hoffmann und Campe. Del resto, aggiunge Rut, che oggi esibisce sfavillante i suoi 72 anni e vive in Norvegia con il giornalista Nils Norlund, «non sento Willy dal giorno del divorzio, nel 1980». E dire che sembrava un amore d'eccezione, il loro. E' il 1940, entrambi militano nella Resistenza ai nazisti in Scandinavia. Lei, norvegese bionda e ventenne, dopo un interrogatorio della Gestapo fugge attraverso le montagne e ripara a Stoccolma. Qui sposa Ole 01stadt Berganst, suo conterraneo e partigiano. Conosce Brandt al proprio ricevimento di nozze. A quel tempo Willy, «nom de guerre» di Herbert Frahm, organizza l'opposizione dalla Svezia. Quel giorno, la sposa (in nero) lo osserva conversare con un drappello di donne ammaliate. Quattro anni dopo sono amanti. Comincia una clandestinità parallela, quella della loro storia, che si protrae impetuosa per due anni. Anche Brandt è sposato, e per di più ha una bambina. Quando nel 1946 il marito di Rut muore di tisi, Willy esita ancora. Poi si decide e chiede il divorzio. Due anni dopo, il grande passo: lui si trasferisce nella Berlino rasa al suolo dalle bombe come incaricato stampa del ministero degli Esteri norvegese. Si porta dietro il suo grande amore con la qualifica di segretaria. E se la sposa. Seguono gli anni dell'inarrestabile ascesa di Brandt, fino alla conquista della Cancellerìa nel 1972. «Gli anni più importanti della nostra vita», scrive Rut con una punta di lucido rammarico. Insieme fanno tre figli, insieme sperimentano le emozioni della carriera di lui, «grandiosa per Willy, come pure per me». Tra le istantanee di quel periodo, una è rimasta particolarmente vivida nella memoria di Rut. E' quel giorno del '54 in cui Brandt la guarda dritta negli occhi e le dice crudo: «Non capisci? Voglio il potere». Lei trasalisce, lì per lì quelle parole le fanno orrore: «Il potere mi pareva qualcosa di dittatoriale», rievoca. Sfilano i ricordi degli Anni 60, sollecitati da impressioni malinconiche, che ogni tanto, nei momenti difficili, la signora Rut appuntava su foglietti sparsi. All'approssimarsi dell'inverno, racconta a Sterri, Willy cadeva spesso in depressione. Allora dovevano essere annullati tutti gli appuntamenti ufficiali, perché Brandt non voleva vedere nessuno. Neppure lei. I giornali scrivevano: Brandt ha la febbre. Dopo una settimana si alzava e riprendeva a lavorare come se niente fosse. Una volta, quando era ministro degli Esteri della «grande coalizione», le confessò di sentirsi «psichicamente e fisicamente a disagio» ogni volta che si ritrovava a tu per tu col cancelliere Kiesinger, ex iscritto al partito nazionalsocialista. Inquadrature, dissolvenze. Brandt si getta in ginocchio davanti al monumento alle vittime del ghetto di Varsavia, commuove il mondo e scuote le coscienze dei tedeschi. Al ritorno, lei gli chiede se è stato un gesto ben ponderato. Lui si stringe nelle spalle, e risponde burbero e banale: «Qualcosa bisognava pur fare». Centrale il capitolo sull'«affare Guillaume», che costò la cancelleria a Brandt e aprì le cateratte delle rivelazioni sui tradimenti coniugali di Willy. Frau Rut si dilunga su quell'uomo sornione e burroso che era riuscito a diventare il consigliere personale di suo marito: Gùnter Guillaume, che verrà smascherato nel '74 come spia della Germania orientale. «Andava e veniva da casa nostra. Era lui che faceva le foto, quando c'erano i giornalisti. Si portava via le carte che Willy lasciava sul tavolo del soggiorno. Le porte, del resto, erano sempre aperte», scrive Rut. Un giorno il secondo figlio dei Brandt, Matthias, dice candido alla mamma: «Dovresti vedere quanti apparecclii ci sono nell'auto di Guillaume». Ma nessuno sospetta. Finché arriva la bufera: l'agente della Ddr viene arrestato con la moglie. Comincia lo sciacallaggio delle notizie, vengono a galla retroscena piccanti: i giornali riferiscono di incontri galanti con donne combinati per il cancelliere da Guillaume. Si bisbiglia di un collier recapitato in una camera d'albergo, della spia che apriva a Brandt le porte della stanza. «Un inferno - rammenta Rut -. Willy si aggirava per casa come un estraneo e taceva. Non riuscii a cavargli una parola in quei giorni». Il matrimonio comincia a franare. La mattina del 6 maggio 1974 il cancelliere si siede sul letto e annuncia alla moglie ancora insonnolita: «Oggi darò le dimissioni». Lei gli risponde secca: «Mi sembra giusto. Bisogna assumersi le proprie responsabilità». In seguito le dirà: è colpa tua e di Guillaume se mi sono dimesso. «In che cosa consistesse la mia colpa, non me lo disse», ricorda Frau Brandt con amarezza. Che a Willy piacessero le donne, non è mai stato un mistero per nessuno. «Fu comunque uno choc per me», ammette Rut: con ingenuità era convinta che non fosse così facile farla franca, sotto il naso di tutte quelle guardie del corpo e del solito codazzo di accompagnatori. La sera stessa delle dimissioni, lei lo inchioda alle sue responsabilità. Pretende di sapere. Lui svicola, poi le dice: cose senza importanza. Infine capitola: ha avuto una relazione seria, durata oltre due anni. Già finita, a ogni modo. Lei scatta in piedi e urla: «Adesso basta, questo è troppo, ti lascio». Poi - scrive oggi - la ragione è prevalsa: «Non potevo piantarlo in asso proprio allora, inoltre c'erano i ragazzi». E la loro unione si trascina ancora quattro anni. Durante un comizio, Brandt fa una battutaccia che la ferisce: «Qui a Berlino si sa che non sono uno stinco di santo!». Lei, tra il pubblico, si sforza di sorridere, terrea. Nel 1978 gli eventi precipitano. Brandt, colpito da infarto, dice alla moglie che non è il caso che venga a fargli visita in ospedale tutti i giorni; se intende venire fuori orario, deve avvisarlo per telefono. Per Frau Rut è fin troppo ovvio che c'è un'altra donna: «Sul tavolino notavo sempre rose fresche e altre delicatezze». Brandt viene mandato in convalescenza sulla Costa Azzurra. Al ritorno, la decisione di divorziare. Lui preme, non vuole più frapporre indugi. Nell'83 si risposerà con Brigitte Seebacher, la sua nuova compagna. «Il giorno in cui dovevamo salutarci, lo aspettammo invano. Alla fine andai io da lui, nel suo studio. Gli feci gli auguri e gli ricordai che avevamo passato insieme anche dei bellissimi anni. Lui mi abbracciò e io me ne andai». Rut sperava di restare amica del suo ex marito. Il giorno del divorzio andarono, con gli avvocati, a bere un bicchiere a casa del figlio Lars. «Scherzammo e ridemmo. Fu l'ultima volta che ho visto Willy Brandt». Maria Chiara Bonazzi Inginocchio a Varsavia. Perché? E lui burbero: «Qualcosa bisognava pur fare» Willy Brandt in ginocchio davanti al monumento per le vittime di Varsavia, e, nella foto grande, con la moglie e il figlio minore nel '66