L'Oriente va alla carica

L'Oriente va alla carica Dopo il Giappone, altri Paesi si stanno affacciando alla ribalta del mondo dell'auto L'Oriente va alla carica In prima fila c'è la Corea del Sud Nel 1991 sono state costruite in tutto il mondo 33.665.000 automobili, di cui, a grandi cifre, 9.872.000 in Giappone, 5.375.000 negli Stati Uniti, 12.567.000 nell'Europa occidentale. E' abbastanza sorprendente che il 4,2 per cento del totale generale provenga dall'Estremo Oriente: Corea del Sud, India, Malaysia, Taiwan, Repubblica Popolare Cinese. Il 4,2% corrisponde al volume di circa 1.417.500 unità, che non è poi così poco, se si pensa che è più della produzione inglese. Se sorpresa può esserci nell'osservare queste cifre, è perché fino a pochissimi anni fa - Giappone a parte - di automobili orientali non esisteva l'ombra. Neppure nella grande Cina, dove peraltro la circolazione delle poche vetture importate, e adibite a servizi statali, era pressoché inesistente. Sulle strade, soltanto autocarri e autobus. Eppure la grande forza dell'automobile, il senso liberatorio della mobilità individuale, pur in grandissimo ritardo per ragioni storiche ed economiche, si sta lentamente imponendo là dove appena comincia un po' di benessere. Della cifra sopra riportata, la grandissima maggioranza è dovuta alla Corea del Sud, impetuosamente risorta dalle rovine di una terribile guerra. Il Paese ha contribuito, infatti, con circa 1.100.000 vetture prodotte ranno scorso (965.000 nel '90), uscite in 640 mila unità dagli stabilimenti Hyundai che è la marca più importante. I modelli della Casa sono parecchi: Pony, Lantra e Sonata (design Giugiaro), tutti di derivazione Mitsubishi. Poi troviamo la Kia e la Daewoo (un cui modello, l'Esperò, è di Bertone). La Corea del Sud è stata il primo Paese dell'Estremo Oriente a dedicarsi, all'inizio degli Anni 60, alle costruzioni automobilistiche, attraverso accordi con la Mitsubishi, la Nissan e, nel campo dei veicoli industriali, con la Daimler-Benz. Oggi la sua capacità produttiva, unita a sistemi di organizzazione del lavoro «giapponesi», sta cominciando a impensierire la stessa industria nipponica malgrado quest'anno problemi sindacali abbiano frenato l'espansione. La graduatoria per unità prodotte l'anno scorso vede poi l'India, con 173.000 vetture, poco meno del doppio di quelle del 1990. La marca leader è la Maruti (101.000 macchine). Le vetture sono costruite su licenza Suzuki, che detiene ormai il 50% del capitale e che si è affacciata in India fin dal 1982. La Maruti è una piccola berlina oggi esportata anche in Europa. Altre marche sono la Premier, la Hindustan (che produce in collaborazione con Isuzu su licenza inglese). Infine la Mahindra costruisce la Jeep. La partecipazione di Taiwan (56.000 unità prodotte) è il frutto di una serie di accordi intervenuti nel decennio scorso principalmente - anche qui con marche giapponesi: Toyota, Suzuki, Mitsubishi, e si estende agli autoveicoli industriali, ai commerciali e ai fuoristrada. Anche la Volkswagen si è di recente insinuata, accordandosi con la locale Ching Fong per costruire piccoli veicoli commerciali e minibus. Buona ultima, ma con enormi prospettive, è la Repubblica Popolare Cinese. Le 2000 berline di rappresentanza Hongki, lunghe 6 metri e azionate da un motore 8V di 5650 ce, di evidente) ispirazione americana, sono una goccia e non riguardano certamente la presunta voglia di motorizzazione della gente comune. Ma - sia pure molto lentamente e con l'estrema cautela di un mondo ancora tanto lontano dall'Occidente - sta avviandosi verso qualcosa di nuovo. Come si sa, se è stata finora del tutto inesistente la motorizzazione individuale su quattro ruote, la Cina ha sempre privilegiato quella collettiva e i trasporti pesanti, anche se i 3 mi¬ lioni e mezzo di veicoli industriali circolanti sono relativamente pochi per quello sterminato Paese. Questo comparto è ancora, e di gran lunga, il principale, tanto che da dieci anni a questa parte il governo di Pechino ha avviato accordi di collaborazione con Case europee e giapponesi come Nissan, Suzuki, Daimler-Benz e soprattutto Iveco. Con. quest'ultima era stato firmato nel 1985 un accordo per la costruzione di un complesso industriale presso Nanchino per la produzione del veicolo Daily. Un anno fa è ini¬ ziata e il programma prevede, per la fine '94, un ritmo produttivo di 60 mila veicoli l'anno, oltre a 80 mila motori. Gli addetti sono 12.000. Per quanto riguarda le vetture sono stati avviati accordi con Volkswagen, Fuji, Peugeot, Mazda, Daihatsu, Chrysler. L'obiettivo del governo è di arrivare, da oggi al 2000, a produrre 1.400.000 veicoli. Ma le automobili da turismo saranno poche decine di migliaia, e chissà fino a quando. E ancora lunga la strada per Tipperery. Ferruccio Bernabò Due dei numerosi modelli prodotti nei Paesi dell'Estremo Oriente: sopra, la piccola berlina Maruti 800 che viene costruita in India su licenza della Casa giapponese Suzuki; sotto, la Sonata VI 6, ammiraglia della sudcoreana Hyundai