Il padrone si fa esattore di Ippolito

Benvenuto, basta con i proclami questo Fisco non è più difendibile r NOMI E COGNOMI Benvenuto, basta con i proclami questo Fisco non è più difendibile E' un personaggio tragico in questo agosto, votato incolpevole al sacrificio come l'Ippolito di Euripide che si sfracella inseguito dai cavalli di Poseidone. Quest'uomo è Giorgio Benvenuto, segretario generale del ministero delle Finanze, cioè di un'ingovernabile e gelatinosa mostruosità. Benvenuto è una persona per bene, dotata di un'insolita dose di passione civile. Quando pochi mesi fa lasciò il sindacato dopo una vita per diventare grand commis dello Stato ci chiamò per condurci in una visita guidata dei suoi nuovi territori ministeriali. Era accampato in poche stanze fatiscenti, privo di personale e degli strumenti minimi necessari per gestire anche una gelateria. La burocrazia ministeriale se non lo guardava in cagnesco, lo ignorava. Eppure era come preso da un sacro fuoco che gli dava l'ingenua certezza di poter perseguire una maggiore equità fiscale, il tema che era stato il suo cavallo di battaglia negli ultimi anni da segretario generale della Uil. Ci esibì con fierezza il centro elettronico dell'anagrafe tributaria e chiese di richiamare sul video di un computer la situazione fiscale sua (51 milioni di stipendio dalla Uil) e del sottoscritto. «C'è tutto», esclamò entusiasta. «Sì - gli opponemmo - ma noi paghiamo le tasse. E quelli che non le pagano?». Rispose: «Qui non ci sono, ma ci saranno presto». Passati cinque mesi, Giorgio Benvenuto è amareggiato, si dev'essere reso conto che nel gigante elettronico della Sogei ì nomi dei grandi evasori non saranno immagazzinati tanto presto, almeno finché questo Paese non saprà darsi una vera politica fiscale. E quel giorno non appare vicino. L'amministrazione di cui Benvenuto è il massimo responsabile dopo il ministro è un carrozzone di 100 mila e passa persone, distribuite sul territorio nazionale secondo una rigida geografia della clientela politica. Al Sud nugoli di impiegati nullafacenti intasano uffici improduttivi. Al Nord, dove il gettito è maggiore, manca l'80 per cento dell organico, i controlli non si fanno, gli accertamenti si tirano via, qualche volta impera la corruzione. La battaglia più accesa che si sta combattendo in questi giorni riguarda la tessera del nuovo capo del dipartimento del personale, colui che sarà responsabile dei trasferimenti degli impiegati: dev'essere democristiano o socialista? Il Secit, il manipolo di agguerriti super-ispettori fiscali che avrebbe dovuto mettere in ginocchio l'evasione, dichiara senza vergogna che non può lavorare perché mancano gli anticipi per le indennità di missione e i dipendenti non vogliono usare l'auto propria. Sono costretti perciò a rimanere in ufficio ma anche li non sembra che si prodighino troppo se nei primi sei mesi di quest'anno hanno fatto soltanto quattro richieste di controllo su conti correnti bancari. La situazione la riassume bene con un paradosso il professor Sabino Cassese, massimo esperto di pubblica amministrazione: se i 100 mila delle finanze fossero mandati a casa per decreto, lo Stato continuerebbe a incassare la quasi totalità del gettito attuale. Quel che non fa l'amministrazione lo fanno i sostituti d'imposta, le banche e l'infinita pazienza degli italiani. Benvenuto, che di certo nel suo foro interiore ha fatto autocritica per la dissennata opera dei sindacati nella pubblica amministrazione, sperava molto nella , riforma del suo ministero. Ma, a parte il fatto che gli espèrti non la giudicano un gioiello'di buona organizzazione, quella legge giace inattuata dal novembre 1991, quando fu pubblicata dalla Gazzetta Ufficiale. Al segretario generale1 del ministero delle Finanze non resta che arringare i contribuenti imbufaliti dinanzi agli uffici del catasto, rispondere personalmente alle telefonate d'insulti e far salotto con aria contrita da Maurizio Costanzo. Ma chissà se anche questa estrema attività di pubbliche relazioni gli verrà conservata o sottratta. Il nuovo ministro Giovanni Goria ne ha quasi un culto: più che un Sandokan silenzioso, forte e fattivo, nei primi 50 giorni di governo s'è palesato un politico corrivo e ciarliero, arricchendo giorno per giorno con le sue dichiarazioni lo sciocchezzaio nazionale. Benvenuto sa che, con la mafia, la politica tributaria è l'autentico problema di democrazia in Italia. Constatata la sua impotenza, non aspetti di essere crocifisso. Si dimetta, se ne vada subito, indicando per nome e cognome tutti i responsabili di questa rovina nazionale. Alberto Staterà eraj

Persone citate: Alberto Staterà, Giorgio Benvenuto, Giovanni Goria, Maurizio Costanzo, Sabino Cassese

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