«Era un uomo distrutto vittima di calunnie»
«Era un uomo distrutto vittima di calunnie» «Era un uomo distrutto vittima di calunnie» Sul «Rosalù» la radio era accesa, ieri all'ora di colazione. All'ancora al largo di Capri, dov'è in vacanza in questi giorni, Romilda Bollati ha avuto dal Grl la notizia. Servizio stringato, niente dettagli: don Mario Bisagiia è morto, annegato, suicidio; era fratello di Antonio, il ministro democristiano scomparso nel giugno 1984. Signora Bollati, come ha reagito? «Ho pensato "poveretto". Poi ho detto un requiem. Umanamente, mi dispiace». E dispiace alla vedova di Toni Bisagiia rivangare adesso, «ancora una volta», pettegolezzi e polemiche che definisce «dolorosi». Dice soltanto: «Don Mario mi aveva chiesto scusa per le orrende calunnie che la stampa gli aveva attribuito. Quella storia mi ha fatto molto soffrire, ma dopo la lettera l'ho perdonato. Forse è stato strumento nelle mani di qualcuno che aveva interesse a sollevare polveroni». La lettera è datata 3 aprile 1992. Era arrivata a casa Bollati proprio mentre il «polverone» infuriava. Ai primi di febbraio, il men¬ sile «Veneto Magazine» era uscito con un'intervista esclusiva a don Mario Bisagiia. Il sacerdote, "75 ; anni, esprimeva dubbi ingiuriosi sulla morte del fratello Toni, vittima di un incidente sul «Rosalù» al largo di Santa Margherita Ligure il 24 giugno 1984, a due anni dal matrimonio con Romilda Bollati. Raccontava tra virgolette l'anziano prete che quel matrimonio, peraltro celebrato da lui, era stato «una vera sorpresa». E l'intervista proseguiva con illazioni sui rapporti tra i coniugi, sull'eredità del fratello, sulle circostanze dell'incidente. A metà febbraio era arrivata, forte e oltraggiosa, anche una dichiarazione di Flaminio Piccoli, presidente della democrazia cristiana nel 1984, per nulla stupito dai dubbi di don Mario Bisagiia. Da Capri, Romilda Bollati ricorda adesso che tutto, «ingiurie, cattiverie, menzogne», è accaduto poco prima delle elezioni: «E' evidènte che a qualcuno interessava sollevare la questione, qualcuno che voleva far del male a qualcun altro. Credo che il fratello di Toni sia stato manovrato. Mi dispiace che proprio lui abbia fatto questa brutta fine, avrei preferito la facesse chi lo ha istigato». Che cosa le diceva don Mario, nella lettera del 3 aprile? «Si scusava per le interviste uscite sui giornali. Chiamava a testimone il nipote, Mario Testa, avvocato. Assicurava che i giornalisti avevano travisato le sue dichiarazioni. La lettera è in possesso del mio legale: anche lui si è stupito, il fratello di Toni sembrava sincero. E io non potevo prendermela anco¬ ra con lui, querelarlo, andare avanti in una brutta storia che era già stata fin troppo dolorosa, anche per la memoria di Toni: prima la perdita di mio marito, poi la nostra vita insieme sbattuta lì, tra mille perfidie. Volevo il silenzio. Per questo non ho mai reso pubblica la lettera del sacerdote». Lei conosceva bene don Mario Bisagiia? «L'ho visto un'unica volta, nel 1982, il giorno del mio matrimonio. Non ho mai avuto rapporti stretti con la famiglia di Toni. Ma mi han¬ no descritto il fratello come una persona molto ammalata, con gravi problemi di salute che a volte gli impedivano persino di leggere e scrivere. Un uomo distrutto». Crede si sia ucciso per questo, perché era ammalato? «Non credo che si possa essere certi del suicidio. Se stava così male, può essere accaduto qualcosa, forse ha perso l'equilibrio, forse nel lago è scivolato». Eva Ferrerò Romilda Bollati «Ma non credo che si sia tolto la vita» La vedova dell'onorevole, Romilda Bollati di Saint Pierre
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