Gli esploratori del movimento

Gli esploratori del movimento Saint-Paul-de-Vence, in 200 opere del '900 il mito della velocità dà spettacolo Gli esploratori del movimento Dal cane di Balla alle macchine di Tinguely SAINT-PAUL-DE-VENCE DAL NOSTRO INVIATO La grande esposizione estiva della Fondazione Maeght non s'affida quest'anno al richiamo d'un solo «nome», famoso, né vuole sottolineare qualche più intrigante aspetto dell'una o dell'altra delle avanguardie storiche: ma, secondo il suo stesso titolo, «L'arte in movimento», intende ripercorrere ed è la prima volta che lo si fa in un'esposizione, d'arte, *] la storja, c^'ùn, intero, secolo dì cultura visiva, quaì è ormai il nostro, attraverso l'elemento che più di ogni altro ne ha caratterizzato gli sviluppi. Il mondo dell'arte, infatti, non ha tardato a esprimere nella maniera più alta e diretta le suggestioni di un'epoca profondamente segnata nella quotidianità del vivere dall'avvento della macchina e del motore che hanno portato all'automobile e all'aeroplano, facendo del movimento come della velocità il mito dell'età moderna, e l'utopia di intere generazioni d'artisti, da Degas e da Roditi a Calder e a Tinguely. Mobilitando ogni ambiente, terrazze e giardino compresi, Jean-Louis Prat, direttore della Fondazione e curatore della rassegna come del catalogo, vi ha riunito oltre duecento opere, tra dipinti, sculture, disegni e documenti d'una sessantina di autori: dai più noti, anche al pubblico più vasto, come Balla e Boccioni, Kandinskij, Duchamp e Calder, agli altri, spesso non meno importanti: interpreti, tutti, di quella ch'è stata una nuova dimensione della vi¬ ta, prima ancora di un'inedita espressione poetica del nostro secolo. Si vedano Robert e Sonia Delaunay, nella vibrazione cromatica, tutta pittorica, dei loro Dischi e Ritmi senza fine; il russo Gabo e le sue Costruzioni cinetiche; Severini con i luminosi, lievi turbini coloristici in cui evoca le sue Danzatrici; e ancora l'ungherese MoholyNagy, esponente della Bauhaus di Gropius a Weimar, straordi-. nario indagatore d'ogni luministica .«espressione» meccànica e ideatore dèi Light-Prop (1930) utilizzato nella creazione fotografica e filmica, come nell'architettura e nel design. E così via, fino alle suggestioni tridimensionali dei dipinti di Vasareiy e alle armoniose, affascinanti vibrazioni delle modulari strutture metalliche di Soto. Non sorprenderà, a questo punto, la straordinaria qualità delle opere in mostra: famose, come il Dinamismo d'un cane (1912) di Balla (oggi alla Albright-Knox Gallery di Buffalo) un «classico» che sa d'una favolosa purezza pittorica, o come il Monumento alla III Internazionale di Tatlin, ma in ogni caso ben vive nei ricordi di chi, di volta in volta, le vide comparire alle Biennali di Venezia o in altre importanti rassegne internazionali: le strutture «mobili», quasi organismi a luce continua, dell'argentino Julio Le Pare, e quelle «spaziodinamiche» dell'ungherese Nicolas Schòffer, più fedeli a un'originale esigenza meccanicistica. Le prime date di questa rivisitazione appaiono ancora una volta in anticipo sul secolo (che d'altra parte consentiva a certe forme ottocentesche di sopravvivere fino alla prima guerra mondiale). Sono i consueti sconfinamenti anticipatori che si spiegano con la Rivoluzione francese da un lato, dall'altro con la rapidità con cui s'era manifestata l'emergenza industriale. ., Agli inizi l'artista non pensò ad altro che a fissare sulla tela o nel bronzo d'una statua il gesto in cui l'idea stessa del «movimento» poteva manifestarsi nella concretezza dell'immagine. Ma il «movimento» continuò a costituire un fatto tutto da indagare, nell'uomo stesso, per potersi poi esprimere sul piano fisico e anatomico, fisiologico e psicologico insieme. Si spiega quindi la figura e l'opera di Etienne-Jules Ma- rey, medico e fotografo che, nel 1900, presiede la commissione fotografica all'Esposizione Universale di Parigi, ed è anche presidente dell'Accademia di Medicina, ma soprattutto autore di numerosi disegni di modelli aerodinamici, pronto a documentare, con lo scandaglio di intere serie di cronofotografie, i fenomeni della locomozione umana, pubblicando fin dal 1894, Le Mouvement, testo basilaréjin' cui l'arte stessa trovò una sorta di spinta direzionale; - < l Più nòto, in quésto stesso senso, il britannico Edward Muybridge con le animate sequenze fotografiche della coppia ripresa mentre balla e dell'uomo che corre, del cavallo lanciato nella corsa a ostacoli, e ancora quelle della donna che salta lo sgabello e del cane che nel galoppo si fa èmulo del cavallo. All'analisi, segui la teorizzazione dei Futuristi, con opere in cui «pittura e sensazioni» si fondono nella «simultaneità degli stati d'amnjio», e nell'incalzare dei ritmi compositivi [Casa+luce+cielo di Russolo e La locomotiva di Depero), senza rinunciare a far sentire nelle loro forme quel tanto di violenza ch'era anche nelle espressioni dei loro manifèsti. Dairinghilterra (Nevinson) alla Russia (Larionov e Gontcharova) l'idea del movimento entrò nelle manifestazioni di un'energia considerata come potenza in grado di annidarsi nelle opere costruttiviste: quelle stesse che più tardi Moholy-Nagy riusci a mettere in moto. Arte liberamente cinetica, come negli aerei, gioiosi Móbiles di Calder, o variamente programmata soprattutto in area ibero-americana, da H. Garcia Rossi e Francesco Sobrino, ma non meno in Francia, con le straordinarie trame fittamente strutturate da Francois Morellet: tutte ricerche nelle quali non è mai estranea una valenza estetica, sicché Yvaral giunse alla segnica ricostruzione d'una Monna Lisa'Sintetizzata (1985). r Di lì in avanti, tuttavia, s'avverte piuttosto il richiamo cinetico praticato tra Surrealismo e neo-Dada, alla maniera di Paul Bury, ondeggiante tra l'ironia delle Aperture (non prive di qualche erotica suggestione) e l'affascinante Punctuation con quel tondo cielo nereggiante, popolato d'una galassia di sottili, lucenti corpi erettili. Da una sorta di sperimentazione scientifica che guida il lavoro tridimensionale del greco Takis, calato tutto tra luci e musica, e da forme minimali e post-moderne che caratterizzano la fase finale dedicata al movimento assunto nell'opera come realtà, s'approda ancora, tra il ludico e il senso di denuncia del post-moderno, alla visione meta-meccanica di Tinguely, che virtualmente conclude la rivisitazione espositiva. Sono suoi gli straordinari meccanismi in movimento che, dopo la serie su la Fin du monde (dei primi Anni 60), diventano infine macchine capaci d'una spettacolare, drammatica, autodistruzione. Angelo Dragone Boccimi, Kandinskij, Calder, | Duchampeglialtri: sessanta artisti a caccia frai motori e il corpo umano A À sinistra «Composizione a locomotiva» di Fortunato Depero. Qui sotto «Ritmi e colori n. 616» di Sonia Dela jnay. A destra «Boo» di Victor Vasareiy, e In basso «Métamécanique» di Jean Tinguely

Luoghi citati: Francia, Gontcharova, Larionov, Parigi, Russia, Venezia, Weimar