Occorre una bussola nel labirinto dei tassi di Mario Salvatorelli

Occorre una bussola nel labirinto dei tassi r I NOSTRI SOLDI "I Occorre una bussola nel labirinto dei tassi ERSO la fine di luglio, dopo aver letto che il tasso dei ((pronti contro termine» aveva superato il 17,5%, sono stata in banca, dove mi hanno comunicato, invece, un rendimento per queste operazioni dell'11,5%, dandomi, alla richiesta di spiegazioni, notizie nebulose che non ho capito. Potrebbe chiarirmi le idee? Vorrei anche capire perché quando sottoscrivo i Bot, i rendimenti sono sempre inferiori a quelli riportati dai giornali. La lettera, della signora Maria Teresa Boggio, di Riva Presso Ghieri (Torino), chiude con una postilla, seguita da ben cinque punti esclamativi: «Mi hanno detto che quel tasso del 17,5% è quello applicato dalla Banca d'Italia e non ha niente a che vedere con il tasso praticato dalle banche con il pubblico». Effettivamente, il tasso dei «pronti contro termine» di cui si è parlato molto a fine luglio, quando era in pieno svolgimento il pesante attacco speculativo contro la lira per il secondo mese consecutivo (e non è detto che non possa ricominciare, come il fuoco che cova sotto le ceneri; ogni scusa è buona e lo si è visto in questo weekend) è il tasso applicato dalla Banca d'Italia per i finanziamenti alle aziende di credito, come vedremo subito. L'attacco alla lira (concretatosi in massicce vendite della nostra moneta e acquisti di marchi tedeschi) era partito all'inizio di giugno, con l'esito, inaspettatamente contrario, del referendum indetto in Danimarca sui criteri decisi a Maastricht per l'ammissione alla terza fase dell'unione economica e monetaria europea. Quel risultato venne interpretato'(da chi aveva interesse a questa forzatura) come una «cainpana a moneto per quell'accòrdo, le cui clausole, severe e molto impegnative, potevano significare una politica di .«salvataggio», invece, anche per la nostra lira. Cosa che, presto o tardi, dovrà pur succedere, ma intanto, la speculazione, estraendo dal «no» danese la conseguenza, del tutto gratuita, di un più generalizzato «no» all'Europa e, quindi, a una politica di rigore per la finanza pubblica e la moneta italiana, si accaniva sui mercati dei cambi a favore del marco tedesco e contro la lira. Con tanta maggior violenza in quanto la Bundesbank (che in Germania equivale alla nostra Bankitalia), non curandosi dei «partners» europei, innalzava il costo del denaro. E, questo, proprio nel momento in cui le monete più deboli avevano meno bisogno che la «hot money» (il denaro caldo, sempre in cerca di rapidi e facili guadagni) voltasse loro le spalle per buttarsi sul marco, la moneta più forte, di cui era facile prevedere che I domani sarebbe stata più caI ra di oggi, nel cambio con le altre valute. In quei giorni, quindi, per tornare al «pronto contro termine» della nostra lettrice, la Banca d'Italia s'impegnò a fondo nella difesa della lira. Un'«arma» fondamentale per la difesa del cambio è quella di aumentare i tassi di rifinanziamento alle aziende di credito, quindi il costo della liquidità, per togliere respiro alla speculazione, «tagliarle le unghie», cioè i mezzi per acquistare marchi e indebolire il cambio della lira. E' questo finanziamento alle aziende di credito, sotto forma di «pronti contro termine», che la Banca d'Italia in quei giorni si è fatta pagare a un prezzo sempre più caro. Tra banche e pubblico, invece, le operazioni hanno continuato a svolgersi in acque più calme, al riparo da tempeste speculative, quindi a tassi poco più che normali. Aggiungo che il «pronti contro termine» sta conoscendo negli ultimi anni un grande sviluppo, che ha fatto saure il volume medio annuo di queste operazioni dagli 11 mila miliardi di lire del 1989 a oltre 100 mila miliardi nel '92. In pratica, il risparmiatore acquista in banca titoli per un certo importo (il minimo, di solito, è di 100 milioni), pagandoli subito (((pronti»), e la banca si impegna a riacquistare quei titoli a una certa data («contro termine», di solito pochi mesi), e per una certa somma, la cui differenza in più di quel che il risparmiatore, ha speso costituisce il rendimento dell'operazione (in ragione d'anno). Quanto al rendimento dei Bot, è bene tener presente tre cose. La prima è la commissione che le banche fanno pagare ai risparmiatori per la sottoscrizione dei titoli e che varia dallo. 0,20 allo 0,70% (più o meno) in base alla loro durata (3, 6, 12 mesi), e anche del loro importo. La seconda è il trattamento fiscale, cioè la ritenuta del 12,50% sul rendimento, che le banche, per conto del fìsco, applicano sulla differenza tra prezzo d'acquisto e valore di rimborso dei Bot, essendone questa differenza il rendimento. Terza cosa, infine, da tener presente è il calcolo del guadagno, che va riferito alla somma sborsata e non a quella che mi verrà rimborsata. Esempio: se ho sottoscritto Bot a 12 mesi per 10 milioni, pagandoli, però, 9 milioni 100 mila lire, tutto compreso, il mio guadagno è di 900 mila lire che, rispetto ai 9,1 milioni spesi, equivale al 9,9%. Mario Salvatorelli il

Persone citate: Maria Teresa Boggio

Luoghi citati: Danimarca, Europa, Germania, Torino