La legge sui finanziamenti dribblata dalle grandi lobby di Gabriele Beccaria
La legge sui finanziamenti dribblata dalle grandi lobby La legge sui finanziamenti dribblata dalle grandi lobby DENARO E POLITICA CARISSIME elezioni. Ad Abraham Lincoln bastarono 100 mila dollari per entrare alla Casa Bianca nel 1860. Poco più di un secolo dopo, nel 1972, a Richard Nixon ne servirono 60 milioni. Nell'87-'88 la corsa al Congresso e alla Presidenza - con la sfida tra George Bush e Michael Dukakis - è costata globalmente la cifra stratosferica di 2,7 miliardi di dollari. Un'«escalation» che molti esperti giudicano inarrestabile vista la crescente sofisticazione delle tecniche per la conquista del voto, una massa di denaro decisiva per i destini degli Usa che è stata disciplinata sorprendentemente tardi, solo all'indomani dello choc del Watergate, quando nel 1974 furono approvati gli emendamenti alla legge elettorale, la «Federai election campaign act». L'antico sistema aperto, in cui i ricchi privati o i potenti gruppi economici sponsorizzavano direttamente i loro candidati, è stato soppiantato dal sistema del finanziamento federale delle presidenziali che impone la limitazione e la trasparenza dei contributi. Supervisore di questi meccanismi che dovrebbero essere a prova di corruzione è un organismo indipendente, la «Federai Election Commission». Ai candidati è destinata una cifra pari alle somme raccolte da ciascuno di loro nel corso delle primarie, oltre a un fondo per la fase finale della campagna (George Bush e Bill Clinton riceveranno in tutto 106 milioni di dollari). Quest'anno un «outsider» ha snobbato i contributi di Washington, con tutti gli effetti propagandistici di una decisione tanto clamorosa: Ross Perot, il «terzo incomodo» che per un attimo era balzato in testa ai sondaggi, aveva dichiaravo di essere pronto a sborsare di tasca propria 100 milioni di dollari per strappare la Casa Bianca ai politici di professione. (E oltre ai politici di professione, anche il partito repubblicano e quello democratico ricevono denaro: la fonte è il contribuente che indica nella dichiarazione dei redditi se intende contribuire con un simbolico dollaro alle elezioni federali). Queste norme - che dovrebbero garantire a tutti di competere in condizioni di parità - hanno avuto l'effetto di moltiplicare a dismisura i gruppi di pressione, i «Politicai action committee». Tanto che oggi sopravanzano i partiti nella raccolta dei fondi. A tutt'oggi resta azzeccata l'osservazione di Alexis de Tocqueville, secondo cui «in nessun altro Paese il principio dell'associazionismo è stato applicato con più successo che in America»: nell'85 le «lobbies» erano a quota 18 mila. E' una costellazione di entità di varia natura e diversa influenza, in cui spiccano - come ha raccontato un reporter d'eccezione, Hedrick Smith - veri e propri centri di potere, tra cui la comunità ebraica dell'«American Israel Public Affaris Committe», la «lobby» delle armi della «National Rifle Association» e la «le teste grigie» dell'«American Association of Retired People». Si va dai gruppi economici (gli agricoltori della «American Farm Bureau Federation»), agli ordini professionali (f «American Medicai Association»), alle organizzazioni di interesse pubblico (la «Public Citizen» di Ralph Nader), fino alle associazioni religiose (la «National Catholic Education Association»). Tutti sono accomunati da una crescente influenza, grazie alla loro capacità di mobilitare grandi masse di persone e grandi quantità di denaro (nell'87r'88 la cifra che i «Pac» hanno raccolto ha raggiunto i 160 milioni di dollari). In realtà, la legge prevede dei freni al loro potere e impone che non si possa versare a un candidato più di cinquemila dollari (e ogni privato non può regalarne più di mille), ma i «Pac» hanno aggirato l'ostacolo con lo stratagemma delle «spese indipendenti». Ogni gruppo o individuo può spendere la somma che vuole, purché ciò avvenga senza il preventivo coordinamento con il comitato elettorale che sostiene il candidato. (Nell'88, un «Pac» pro-Bush pagò uno spot anti-Dukakis. Dato che il gruppo in questione non aveva consultato, almeno ufficialmente, lo staff del futuro Presidente, i soldi impiegati poterono sfuggire al tetto dei fatidici cinquemila dollari). Gabriele Beccaria Lincoln vinse con centomila dollari A Clinton ne servono decine di milioni A sinistra Richard Nixon Al centro Lincoln . Presidente nel 1860 A fianco Dukakis , sconfitto nell'88
Luoghi citati: Lincoln, Usa, Washington
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