«Ho pensato alla Moby Prince»

«Ho pensato alla Moby Prince» I RACCONTI «Ho pensato alla Moby Prince» Molti anziani in lacrime. una.donna ferita GENOVA. «In quei momenti terribili non ho avuto il tempo di pensare alla morte. Soltanto ora riesco a riflettere e mi viene in mente la sciagura del Moby Prince. E' tremendo pensare che potevamo rivivere quella tragedia». A parlare, ancora molto scossa, è Barbara Casey, una bella signora di Atlanta, che si era imbarcata sulla «Seabourn Spirit» a Barcellona, dove aveva assistito alle Olimpiadi. Si tormenta le mani, piega e ripiega un asciugamano di spugna che ha portato con sé. Dice: «E' tutto quello che sono riuscita a portare via, non c'era tèmpo, bisognava correre sul ponte superiore». Sono le dieci e trenta, la motonave «Daphne», della compagnia Costa Crociere, è entrata nel porto di Genova. 1178 naufraghi, un commissario di bordo ed un sottufficiale, sono stati tratti in salvo dopo due ore e mezzo trascorse in mezzo al mare, sulle quattro scialuppe che ondeggiavano pericolosamente e che hanno provocato a molti un malore. «Stavamo tanto male, abbiamo passato tutto il tempo a dare di stomaco - ricorda Caro] Schaeper, tipica mamma americana del New Jersey - e questa, in fondo, è stata una fortuna. Provavo una pena infinita a guardare gli anziani che si aggrappavano con tutte le loro forze alle scalette d'emergenza per calarsi nelle scialuppe e intanto piangevano, piangevano». La notte è stata breve, qualcuno cede al sonno e alla tensione e si addormenta su uno dei divani nel salone delle feste della «Daphne». I più non riescono a dimenticare e hanno tanta voglia di parlare. La maggior parte è americana, poi ci sono francesi e spagnoli, Erano tutti a Barcellona per assistere alle Olimpiadi e hanno deciso il ritorno in nave, a bordo della «Seabourn Spirit». Invece per Mandy Behbehani, una deliziosa ragazza bruna che fa la giornalista a San Francisco, questo doveva essere il viaggio di nozze. Alza gli occhi al cielo mentre se ne ricorda, «speriamo che il futuro sia migliore». «Ho sentito la sirena della nave e ho cercato la luce - spiega Mandy -, ma non c'era luce. Ho capito che doveva essere successo qualcosa di grave. Subito dopo, la voce del comandante diffusa dagli altoparlanti invitava a raggiungere il ponte di comando. Credo che abbia accennato ad un incendio, non ho dato troppo peso alle sue parole, oramai sapevo che bisognava fare in fretta. Ho infilato l'accappatoio e le pantofole e sono salita. Questa mattina, una donna che è tra i passeggeri della Daphne mi ha imprestato un paio di pantaloncini e la maglietta. Tutta la mia, la nostra, roba è sulla nave». Fanno cenno di sì con il capo i coniugi Hilary e Richard Viders. «Tutti i bagagli sono rimasti sulla nave - dicono -. Non ci sarebbe stato spazio per le valigie sulle scialuppe di salvataggio. Eravamo stretti uno all'altro e continuavano a salire altre persone, eravamo una settantina su ogni scialuppa. Davanti a noi vedevamo il fumo nero e denso che saliva da poppa verso il cielo, accanto gli altri passeggeri, che soffrivano il mal di mare. Neanche dieci minuti dopo l'allarme eravamo sulle scialuppe, invece l'attesa dei soccorsi è sembrata interminabile». Nel salone entra l'ammiragho Renato Ferraro, comandante della Capitaneria del porto di Genova, che ha collaborato con quella di Savona neh'organizzare i soccorsi. Scocca un applauso, qualcuno si avvicina a stringerli la mano in segno di riconoscenza. «E' stata un'operazione da manuale». Finalmente anche Silvio Saglietto, comandante della Daphne, riesce a sorridere. «Ho ricevuto la richiesta di aiuto dal comandante della Seabourn alle 5.50 e ho invertito la rotta. Eravamo a circa 15 miglia da loro, diretti a Genova. In meno di un'ora abbiamo imbarcato tutti i naufraghi». Paola Cavaliere La paura è passata. Due gemelline messicane confortate da un ufficiale della Daphne {FOTO ANSA]

Persone citate: Barbara Casey, Paola Cavaliere, Renato Ferraro, Richard Viders, Silvio Saglietto

Luoghi citati: Atlanta, Barcellona, Genova, New Jersey, San Francisco, Savona