Valeva più lui della sua musica di Giorgio Pestelli

Valeva più lui della sua musica SACERDOTE DEL SILENZIO Valeva più lui della sua musica "y^jON tutti i suoi sforzi I ' per fare scandalo, John I Cage se ne è andato in 1 i punta di piedi, dopo al: cimi anni di silenzio o di rare apparizioni da cui ogni punta di provocazione si era ritirata in seconda linea. Quanti ricordano la sua partecipazione vittoriosa al Lascia o raddoppia? di Mike Bongiorno come esperto micologo? Come musicista era già apparso per pochi invitati all'Accademia Americana di Roma, ma nessuno lo aveva collegato con il formidabile conoscitore di funghi apparso sui teleschermi; eppure quell'episodio era già indicativo della natura del personaggio: estroso, eterogeneo, attore, esibizionista e amico dei giochi inutili e pazienti. Cage ebbe il suo grande momento negli Anni 50, quando la composizione determinata da princìpi seriali o paraseriali, spinta a un controllo razionale totale, si aprì con entusiasmo al rifiuto dell'idea stessa di linguaggio additata da Cage, con il suo culto per il caso, il gioco, l'esperienza aperta invece dell'oggetto preciso e concluso. C'era in più il tocco dell'Oriente, la nota sirena che periodicamente torna a affascinare l'Occidente quando l'edificio della sua storia e delle sue convinzioni morali non regge più al proprio peso: con l'invito alla dispersione, all'infinito amorfo, all'esalazione monotona, alle sonorità melliflue e rituali. Allora Cage era la parola d'ordine di1 chi sentiva, anche in campo musicale, il dovere culturalis'ticò di tìiar ciare al passo coi tempi; pronunciare il suo nome era diventato una strizzatala d'occhio: «C'intendiamo, siamo tra i buoni, tra quelli che sanno». La sua trovata più appariscente era stata quella del «prepared piano», il pianoforte preparato, cioè imbottito fra le corde della meccanica di pezzetti di legno, chiodi, gomme per cancellare e altri oggetti che davano al glorioso strumento di Chopin e di Brahms la sonorità carezzevole del gamelan giavanese (peraltro già intuita da Debussy). Ma i pezzi più famosi di Cage sono più facili da descrivere come eventi pubblici che come fatti sonori: esecutori che frugano nel pianoforte e ne abbassano qualche tasto fra intervalli smisurati di silenzio, che si alzano per accendere una radio, grattare palline sospese in aria, attraversare l'intero palco per andare a rompere una pila di piatti. Queste performance facevano dire a molti che Cage non conoscesse la musica, a co- I cono I mini minciare da Schoenberg suo impreveduto maestro a Los Angeles; tuttavia l'ascolto dei suoi lavori scritti negli Anni 40, in particolare Sonatas and Interludes del '46-48 per pianoforte preparato, suggeriscono invece un'agguerrita conoscenza delle tecniche combinatorie dell'armonia tradizionale. Ma Cage voleva liberarsi del passato e della storia, vole- , va giocare e rappresentare gesti informali, vuoti e privi di senso; in questo era guidato dal fiuto teatrale dell'attore, aveva il senso dell'ambiente, l'astuzia della situazione per cui i suoi gesti, le imprevedibili associazioni sonore potevano diventare rito e celebrazione e quindi fare scuola. Soprattutto voleva scandalizzare, e si è detto che Cage è stato l'unico compositore moderno, dopo Schoenberg e St ravinski, in grado di fare ancora scandalo. Ma a ben vedere questi scandali erano poco sinceri, «preparati» anche loro come il suo pianoforte; ed è strano che Cage, pur provenendo dal Paese fabbricatore per eccellenza dei nostri comportamenti culturali, pensasse davvero che ancora oggi, con l'invenzione dell'avanguardia di massa, qualcosa potesse scandalizzare qualcuno: finito, con la diffusione della musica registrata, un reale bisogno di sentire musica, questa può essere solo presentata come prodotto culturale, e quindi come tale devotamente accettata in qualunque forma. Una approfondita conoscenza dì Cage, dèi' suóitig^utiì con igranurdella musica americana, ivè's!'e' 'Varese?, dovrebbe passare attraverso la sua fitta produzione ballettistica, a noi ignota, la sua collaborazione con personalità di spicco come Merce Cunningham, Carolyn Brown, il pianista John Tilbury. Così si può avanzare l'idea che Cage sia stato molto più importante della sua musica; «Dopo Cage - disse Maderna - siamo tutti cageani»; la sua influenza è evidente su Stockhausen, su Kagel, forse su alcune cose di Berio, perfino su Nono, malgrado la sua radicale opposizione teorica. Io credo proprio di non essere molto adatto a tessere l'elogio dell'opera di Cage, rappresentando tutto ciò che mi è meno vicino come gusto e cultura; ma resterò sempre un ammiratore della persona: simpaticissimo, compito, vestiva con eleganza e parlava a bassa voce; era una presenza leggera e gradevole, un civilissimo sacerdote di quel silenzio che tanto lo ha occupato nel suo lungo viaggio ai confini della materia sonora. Giorgio Pestelli elll |

Luoghi citati: Los Angeles, Roma, Varese