CASADEI le calde notti della Romagna mia

CASADEI le calde notti della Romagna mia la memoria. Da Secondo, l'iniziatore, al nipote Raoul: la saga della famiglia sinonimo del liscio CASADEI le calde notti della Romagna mia CESENATICO DAL NOSTRO INVIATO Sulla sponda sinistra del Rubicone, nel primo stabilimento da bagni di Gatteo Mare, in questa stagione si balla alle 6 della mattina. Ogni giorno. Non è il solito locale per ragazzi scatenati che vogliono fare l'alba: una piccola pista accoglie gli Under 80, in vestaglietta estiva le dame, in braghette e calzini corti sotto i sandali i cavalieri; qualche signora fugge di casa raccontando al marito pigro una bugia innocente («Esco per andare a Messa»), poi piomba nel vortice delle mazurke e dei valzer che escono tentatori dagli altoparlanti. Se ne vanno alle otto, trafelati e felici, cacciati talvolta dai bagnanti che stanno arrivando a prendere il sole e non vogliono saperne della musica. Questa è la vera Romagna di tradizione, terra d'estate ma non solo di discoteche assordanti e di Ecstasy e di Miss diletto d'Oro. Romagna patria ancora indiscussa del «lissio», madre di duecento orchestre-spettacolo tutte figlie più o meno spurie della dinastia Casadei: iniziatore e capoclan, per quarant'anni, fu Secondo Casadei, l'autore di Romagna mia; e dalla sua morte, nel 1971, il verbo dell'allegria schietta e casereccia è continuato e divulgato per tutta l'Italia dal nipote Raoul, classe 1937, maestro elementare per 17 anni. Sul cancello della sua villetta bianca di Gatteo, alle porte di Cesenatico, il nome non c'è. «Non è piacevole vivere con la gente che ti guarda in casa, ferma sulla strada», spiega lui con semplicità. E' come stare a Hollywood, una Beverly Hills dolcemente paesana: Raoul da queste parti è un divo, anche se ha appeso la chitarra al chiodo nell'81, per dedicarsi come organizzatore alla causa della Musica Solare. «Nessun tradimento» Spiega: «"Musica Solare" vuol dire meno tradizione e più attenzione ai suoni di oggi. Ma nessun tradimento». Sembra cosa da niente, però la svolta programmatica ha causato una frattura in famiglia: con la cugina Riccarda, figlia di Secondo e sostenitrice tenace della tradizione, i rapporti si sono fatti tesi. Raoul parlerebbe più volentieri del futuro, il reparto ricordi se ne sta quieto dietro un angolo di ombre vaghe. Traspare però, e scivola dentro inavvertito: «Nell'estate del '68 ero sul palco a suonare con mio zio. Facevo le cose di sempre, eravamo tranquilli, allegri, con la musica che piaceva un sacco; tutti mostravano di divertirsi, una canzone dopo l'altra nel gran caldo di quella sala strapiena; ma per la prima volta mi toccò di parlare al pubblico. E fu una rivelazione. A quel tempo facevo ancora il maestro durante l'anno scolastico, e ora mi stavo rivolgendo alla gente in sala con la stessa semplicità, con le stesse parole elementari che ero abituato a usare in classe con i bambini. Si era nel teatrino di Forlimpopoli, e tra un brano e l'altro mi trovai a raccontare le imprese del Passatore: all'improvviso un gran silenzio calò dentro il teatro. Tutti se ne stavano muti, incantati; capii in quell'attimo che con la semplicità io potevo tenere in mano le persone». Parola dell'autore di Ciao Mare, Simpatia, Io cerco la morosa, la cerco romagnola, scopritore di «Rita cossiàlunga» che cantava con lui: quando Rita abbandonò, anche lei dieci anni fa, per sposarsi con un geometra, si lasciò dietro una nostalgia struggente che ancora si sente nell'aria. Le cose di una volta sono sempre le migliori, si sa. A resuscitare le memorie è piuttosto la cugina Riccarda, una bella signora bionda e timida, invidiata titolare dei diritti Siae di Romagna mia, che suo padre scrisse nel 1954: una delle canzoni più eseguite non solo in Italia, dopo Ò' sole mio e Volare di Modugno, a testimonianza di quanto il liscio sia carne e sangue della nostra cultura popolare. Riccarda porta le memorie nel cuore chiuso come uno scrigno, e vive anche lei, ma solo d'estate, a Gatteo Mare, in un'altra villetta bianca, inconfondibile per quel cartello dietro la cancellata che recita: «Non ti potrò scordar casetta mia...». Il «lissio» per lei è papà, naturalmente: «Brillante, simpatico, distratto». Un uomo di quelli d'una volta: «Amava moltissimo la sua famiglia, e la casa; dopo i concerti, fosse stato distante anche una montagna di chilometri, voleva sempre rimontare in macchina e tornare a casa. E poi alle tre di notte, d'estate, immancabilmente si metteva a innaffiare i vasi e le piante in giardino. Ne era appassionatissimo. Fu in una notte calda di queste che nacque Romagna mia: lui veramente l'aveva, intitolata Casetta mia, pensava ai due figli, alla moglie, alle sue piante; poi un maestro in sala d'incisione gli suggerì di far della "casetta" la Romagna)). Al centro dell'impero Tre sillabe anche questa nuova parola, ma che sillabe. Diventò un inno. Eppure è solo uno dei 1078 brani che, secondo Riccarda, suo padre scrisse durante la carriera, sulla poltroncina di un pullman, al tavolo di un'osteria, nel giardino di casa, saltando giù dal letto di notte; magari mentre stava mangiando e gli veniva su un'idea: e furono valzerini, mazurke allegre, tanghi di malinconia, polke e invenzioni d'ogni tipo che spesso prendevano il titolo dai nomi di figli o amici; li sottolineava con il suo violino trascinante, tenendo teso l'archetto in mano e con un gran sorriso. Avevano come protagonista il «clarino in do», che Riccarda ritiene ancora indispensabile ma che Raoul non usa più, nel suo tentativo di liberare il liscio dai «ghetti per gli anziani nostalgici e aprirlo ai giovani». La danza di coppia è tornata ora di moda, seguendo docile il revival dei '70, quando Secondo & Raoul vinsero il Festivalbar con Ciao mare e proiettarono piroette su tutto il territorio nazionale, fin al di là della frontiera. E' stata poi la lambada, due anni fa, a riportare i corpi dei ballerini a stringersi nell'allaccio stretto. Da allora le scuole di ballo sono tornate a popolarsi, soprattutto qui, e anche gli ultracinquantenni di Gatteo Mare si sono ripresi la loro fetta di felicità all'alba sulla spiaggia. Raoul sta al centro del suo impero e organizza. L'orchestra continua a viaggiare nel suo nome, 250 serate l'anno dovunque, su un pullman lucente a due piani costato 570 milioni. Ma poi ci sono: le edizioni musicali; un'etichetta discografica ctop ha appena varato un'orchestrina di bambini battezzata «012» sul modello di Benetton; l'agenzia di collocamento, a Forlì, dei gruppi di Uscio; e «La Ca' del Liscio» a Ravenna, primo locale da ballo di massa in Italia, nella quale - confessa - ci ha rimesso parecchi quattrini. Riccarda è sposata con Edoardo Valletta, il Berlusconi della Romagna. Hanno una tv privata, «Erreuno», assai seguita; e spediscono ogni anno le musiche di papà a 6500 maestri d'orchestra: «In un anno - ri- corda Riccarda - mio papà arrivava a fare 390 servizi (i concerti, ndr); spesso suonava due volte al giorno. Dal '64 al '71, quand'è morto, stava a casa fisso solo due giorni l'anno. Andò a suonare anche la sera che si era sposato. La mamma racconta che lo aspettò fino a mattina, con la caffettiera pronta sul fuoco». Il pullman lucente di Raoul, la sua passione per l'organizzazione, sono un'eredità morale dello zio: lui, racconta Riccarda, aveva capito prima degli altri che l'immagine ha la sua importanza. Mostra le foto con tutti gli orchestrali in fila davanti alla carovana delle auto, spicca una roulotte, anch'essa . lucente, con dipinto il logo della ditta. A papà non piaceva la definizione di «liscio»: «Diceva che non capiva come venisse fuori, questo nome, visto che la danza era invece briosa, allegra, tutta basata sui saltelli e gli stacchi». La figlia restava a casa, ma suo marito Edoardo ricorda ancora bene le sale da ballo che affollavano anche i più piccoli centri romagnoli, fino a metà dei Sessanta: «Erano enormi cameroni nudi, come fosse un fienile ripulito e tirato a lucido, con le panche sistemate tutt'intorno alle pareti, strette strette l'una accanto all'altra. Ci si sedevano le mamme, che stavano tutte rigide con le loro borse piene di cibo ma anche di scarpe infangate usate per arrivare fin lì dalla campagna. Le figlie ballavano, loro zitte le tenevano d'occhio. L'acustica era sempre pessima: c'era una sala, a Cesena, che si chiamava per questo La Rimbomba. Ma alla gente non gliene fregava niente dei suoni puliti, quello che voleva era soltanto ballare». Fra rock e discoteche che impazzano, la tradizione del folklore romagnolo è rimasta così radicata che Raoul è investito di un carisma particolare: una signora di Savignano sul Rubicone, Paolina Vannoni Pollini, ha depositato presso un notaio la cifra destinata all'Orchestra Casadei per la prestazione al suo funerale, il giorno che verrà. Vuole che l'accompagnino con Ciao mare. Raoul sorride: «Le richieste in questo senso stanno crescendo; certo, sono difficili da esaudire». Il giornaletto di Riccarda, Romagna mia, racconta cronache di esequie allegre con mazurka, piadina, prosciutto e Sangiovese, il cui costume si va spingendo ormai fino ai bordi del Ravennate. Riviera romagnola come New Orleans, governata dalle onde del mare e della musica. Raoul ha conservato per lo zio Secondo una sorta di venerazione: «Lo chiamavano "lo Strauss di Romagna" ma lo sco¬ prirono solo dopo morto. Tonino Guerra diceva che si vergognava di quella musica; ma adesso scrive sulle pagine culturali dei giornali: "Me lo ricordo io Secondo Casadei quando avvolgeva il suo violino dentro la carta velina"». Nei suoi dieci anni di balere, Raoul ha visto volteggiare in sala gente d'ogni tipo, illustri sconosciuti e personaggi autentici accalappiati dalle mazurke: «Di recente ho visto ballare bene Aragozzini, e anche Michele Placido se la cava. Mi dicono che Gardini sia un ballerino provetto. Politici, mai: Craxi mi aveva corteggiato, invitato al congresso di Palermo; ma io, pure se sono socialista nel cuore, questi socialisti qui non ho mai potuto votarli: non sono portato a dar ragione a tutti i costi». Dalla sua villetta bianca, Riccarda ricorda che il padre suonava di giorno davanti alla chiesa e alla sera ai Festival dell'Unità; poi tira fuori la dinastia romagnola per eccellenza: «L'anno scorso, nel ventesimo anniversario della morte di papà, abbiamo fatto una bellissima festa. E' venuto Romano Mussolini a suonare a dixieland il repertorio Casadei, e ci ha raccontato che nel '37 suo padre Benito voleva fare una festa a Predappio e gli aveva chiesto un parere per l'orchestra da invitare. Romano, già allora appassionato di jazz, suggerì il nome di Gorni Kramer ma il Duce non ne volle sapere: fu chiamato Secondo Casadei, e Mussolini gli diede anche il proprio violino da suonare». Balli anche in mezzo al mare Mussolini come eccezione. Perché il «lissio» non è roba da vip: da sempre, i suoi sacerdoti sono gente alla buona, raramente metropolitana, abituata a lottare con le asperità primarie della vita, e anche cocciuta, testarda, assai sensibile alle mode. I momenti peggiori dei quarant'anni di musica di Secondo Casadei furono quelli dell'immediato dopoguerra. Racconta Riccarda: «C'era la voga del boogie-woogie e nessuno voleva più saperne di ascoltare i suoi valzerini. Lui era infelice, ma doveva lavorare ugualmente per mantenere la sua famiglia; si adattò a quel repertorio: ogni tanto attaccava uno dei suoi pezzi, ma veniva coperto di fischi e doveva smettere. Scoprì poi che era ben accolta La vedova allegra e allora attaccava con quella, e gradualmente riuscì a recuperare il proprio repertorio». L'ultima attività di Raoul Casadei si chiama «Showboat Barca del Sole». E' ormeggiata davanti al Bagni n. 31 di Gatteo Mare: una gallina dalle uova d'oro; duecento posti, una cucina dove friggere il pesce appena pescato e una piccola pista su cui ballare con i dischi. Salpa tre volte al giorno, da maggio, e in questa stagione è affollatissima: tedeschi purpurei, coniugi in vacanza, romagnoli in gita monofamiliare affollano il pontile in una pittoresca e umida confusione di umanità. Si balla anche in mezzo al mare, nella Romagna Mia. E i ricordi si cullano con le onde dolci dell'Adriatico, che ballano anch'esse la mazurka. Marinella Venegoni Balere, liscio epiadine: allegria schietta e casereccia coni 1078 brani del capostipite e la Musica Solare del continuatore stavaborsscarpvare figlienevasempa Cequesgentdei sleva Frpazzkloreradicdi unsignoconeha dla ciCasasuo verrno cde: «so stno dnalemia,quiedinacui cmai te. RiNewondeRaouSecozionStra Qui a fianco una vecchia immagine dell'orchestra Casadei, con il fondatore Secondo (al centro con la bacchetta) e alla sua sinistra un giovanissimo Raoul. Nella foto grande Raoul Casadei oggi. L'inno del liscio, «Romagna mia», è stato composto dal capostipite nel 1954