Dall'Onu arriva la Tempesta sui Balcani

Dall'Onu arriva la Tempesta sui Balcani Saranno usati «tutti i mezzi» per portare gli aiuti in Bosnia. Russia e Cina si asterranno Dall'Onu arriva la Tempesta sui Balcani //premier jugoslavo: fermatevi, sarà un Vietnam NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Dopo tanto penare, Stati Uniti, Francia e Inghilterra si sono messi d'accordo sul testo della risoluzione con cui il Consiglio di Sicurezza dell'Orni domani approverà l'uso della forza nell'ex Jugoslavia. Nella bozza, che è stata sottoposta agli altri dodici membri del Consiglio, si chiede «a tutti gli stati di adottare le misure necessarie, su base nazionale o attraverso accordi o agenzie regionali, per rendere possibile, in coordinamento con le Nazioni Unite, l'invio di assistenza umanitaria ovunque sia necessario in Bosnia». Il Consiglio, alla luce del capitolo 7 della carta dell'Orni (quello che autorizza il ricorso alla forza per assicurare l'attuazione di risoluzioni), chiede che «libero e continuo accesso a tutti i campi, prigioni e centri di detenzione sia immediatamente garantito alla Croce Rossa e altre importanti organizzazioni umanitarie» ed esige «trattamento umano» per tutti i prigionieri. Nel riaffermare «la richiesta della fine immediata di tutte le attività militari», il Consiglio chiede inoltre a tutti i Paesi di «fornire adeguato sostegno alle azioni intraprese per l'applicazione di queste risoluzioni». Il testo è già nelle mani degli altri due membri permanenti del Consiglio, Cina e Russia, nonché del segretario generale dell'Onu, Boutros Ghali e degli altri membri del Consiglio. E qui c'è una prima indicazione nega- tiva. Russia e Cina, infatti, han- i no fatto sapere che probabilmente si asterranno, e lo stesso hanno detto India e Zimbabwe. Questa circostanza non impedirà alla risoluzione di passare, visto che rimangono altri 11 voti disponibili ad approvarla, ma, da quanto si diceva ieri all'Onu, il mancato «sì» di ben due membri permanenti la renderà «politicamente debole». Non è comunque questo il solo elemento d'incertezza attorno a questa risoluzione. Rimane il dubbio su chi debba mandare gli uomini - e sotto quale bandiera - incaricati di difendere i convogli umanitari che vengono attaccati dai serbi. Gli Stati Uniti, come si sa, hanno già detto per bocca di George Bush che non intendono «impantanarsi in un'altra guerra di guerriglia», e dopo quell'annuncio c'è stata una specie di corsa alla riluttanza. Ha detto «no» l'Inghilterra, ha detto «no» la Germania e la Francia ha confermato che la sua disponibilità non va oltre i duemila uomini (mentre i primi studi informali dei generar! della Nato parlavano di almeno centomila uomini necessari). Non ha detto «no» l'Italia, ma, da quanto si dice qui all'Onu, il fatto che il nostro Paese non debba essere della partita è dato per scontato: innanzitutto perché è un Paese confinante, e questo è contrario alla prassi dell'Onu, in secondo luogo perché una spedizione dovrebbe comunque avvenire con il consenso delle autorità bosniache, e quelle rifiuteranno i soldati italiani per via dell'«eredità» della Seconda Guerra Mondiale. Anche il presidente «americano» della Serbia, Milan Panie, ha adombrato la possibilità che l'intervento straniero possa trasformare i Balcani in un nuovo Vietnam, e insomma il timore d'imbarcarsi in un'operazione dagli sbocchi imprevedibili si va diffondendo in modo palpabile. Ieri i generali della Nato hanno cominciato formalmente a studiare la «fattibilità» di un intervento. In base alle loro considerazioni, i capi politici dell'alleanza dovranno prendere le loro decisioni entro venerdì, e nel frattempo la risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu sarà già stata votata. Secondo il «New York Times», lo scopo di questa risoluzione messa a punto da americani, francesi e inglesi è quello di «èssere duri nelle parole, visto che non sono in grado di esserlo nei fatti», e il sospetto è in qualche misura confermato dal lavoro che è stato intrapreso per rendere il voto della risoluzione il più solenne possibile. In concreto, si sta cercando di fare in modo che a votare la risoluzione non siano gli ambasciatori dei Paesi membri del Consiglio di Sicurezza, ma i loro ministri degli Esteri che dovrebbero venire apposta a New York e ripartire subito, visti gli impegni che li chiamano in Europa: la riunione Nato a Bruxelles e quella Ueo a Roma. Franco Patitarelli

Persone citate: Boutros Ghali, Franco Patitarelli, George Bush, Milan Panie