SU PER I MONTI di Alberto Papuzzi

SU PER I MONTI SU PER I MONTI Dalle «Scalate» di Whymper alle tragiche Ande diSimpson **■■ "^ELLA. letteratura di I^A j montagna la storioI^A | grafia dell'alpinismo I I rappresenta una speI 1B I eie di buco nero, che I ^Lll inghi°Ue costar.te'} mente, da Scalate I nelle Alpi di Whym- I V per ai Giorni grandi .A. W di Bonatti, da Buio sul ghiacciaio di Buhl a Sopravvissuto di Rheinold Messner, «récits d'ascension», diari, biografie, racconti di spedizioni, memorialistica romanzata, guide monografiche, e soprattutto libri a metà strada fra i vari generi, e che soltanto raramente restituisce in cambio vere e complete opere storiografiche: bisogna ritornare indietro di un secolo, all'alpinismo di esplorazione di Tyndall o di Coolidge, oppure accontentarsi della molto discussa Storia dell'alpinismo di Claire-Eliane Engel, pubblicata da Einaudi nel 1965. Un ottimo libro, ma non un'opera di storia, era Gli alpinisti di Yves Ballu, pubblicato da Mursia nel 1987. Ma lo stesso Mursia ha finalmente tradotto lo splendido Everest del giornalista inglese Walt Unsworth (pp. 673, L. 80.000), la cui edizione originale risale a dieci anni fa, che ha vinto a maggio il prestigioso premio di letteratura di montagna assegnato dalle assicurazioni Itas di Trento. Si parte dai primi timidi tentativi di ascensioni himalayane, alla fine dell'Ottocento: «Can Mount Everest be Climbed?» (si può scalare il monte Everest?) era il titolo di un articolo sulla rivista Nineteenth Century. Si arriva al record del francese Jean-Marc Batard, che il 26 settembre 1988 riuscì a salire dalla base alla vetta in un giorno solo e senza ossigeno (impiegò per l'esattezza 22 ore e mezzo). Ci vollero dodici spedizioni (a partire dal 1921 ) e alcuni pazzeschi tentativi solitari, prima che il 26 maggio 1953 l'inglese Hillary e lo sherpa Tenzig, membri della spedizione britannica capeggiata da *John Hunt, raggiungessero la vetta più alta del mondo (8840 metri successivamente ricalcolati in 8872). Dopo la conquista e fino al 1989, si contano altre duecentosessanta spedizioni, due terzi delle quali si sono concluse con un fallimento. In totale gli alpinisti arrivati in punta, fino al maggio '89, sono stati 244; il più anziano era l'americano Richard Bass, salito nel 1959, quando aveva 55 anni e 130 giorni. La prima ascensione italiana fu compiuta dalla spedizione Monzino nel maggio 1973, con 64 uomini e 100 sher- pa, lungo la cresta Sud-Est, la stessa degli inglesi nel '53; in vetta arrivarono otto uomini: Rinaldo Carrel, Mirko Minuzzo, Claudio Benedetti, Virginio Epis, Fabrizio Innamorati e tre sherpa. Nel 1980 Messner realizzò la prima ascensione solitaria, e senza ossigeno, per la parete Nord. Affascinante per l'ombra di mistero che la circonda, la terza spedizione (Gran Bretagna, 1924) in cui perirono George Mallory e Andrew Irvine, forse avendo raggiunto la cima, anche se non esiste alcuna prova. Scomparvero al di sopra di quota 8450, con cappelli di feltro e giacche di panno, mentre «procedevano con energia» e di loro non si seppe più nulla. Cinquantanni più tardi, nello stesso modo si persero le tracce, sotto la vetta, di altri due forti alpinisti, sempre inglesi: Peter Boardman e Joe Tasker. Sfortunatissimi i giapponesi Tanaka e Taguki che nel 1981 raggiungono 8750 metri ma per la stanchezza non riescono a fare gli ultimi cento metri. Avventuroso il caso capitato al belga Jean Bourgeois (spedizione francese dell'inverno 1982-83) che in una discesa da solo finì in Tibet e venne arrestato e interrogato dai cinesi, prima di essere accompagnato alla frontiera. Everest è la storia di una montagna immensa, di ciò che rappresenta, degli uomini che hanno tentato di salirla, del clima di competizione che ha circondato le spedizioni. Unsworth è riuscito nel compito non facile di scrivere la storia dell'Everest fuori dall'agiografia ufficiale: questo nodo fondamentale dell'alpinismo mondiale, questo punto d'incontro di ambizioni e di conflitti, è documentato attraverso la miriade di vicende - asprezze, fatiche, audacie, paure, rivalità, ipocrisie - che sono la materia di una spedizione himalayana (della documentazione fanno parte anche settanta fotografie fuori testo in maggioranza inedite). All'ambiente di queste seicento pagine si collega la prima versione italiana, nella nuova collana «I Licheni» coedita da L'Arciere e Vivalda, del racconto vero La morte sospesa di Joe Simpson (pp. 252, L. 24.000). L'autore, alpinista inglese, è vittima di un incidente sulle Ande e il compagno è costretto a tagliare la corda, lasciandolo cadere in fondo a un crepaccio. Come Simpson ne sia uscito, i reciproci sensi di colpa, la lotta con la solitudine, la sopravvivenza dell'amicizia, tutto questo fa della Morte sospesa (grazie anche alla bella traduzione di Paola Mazzarella il più drammatico e avvincente romanzo di alpinismo che si possa leggere. Alberto Papuzzi *Jv

Luoghi citati: Gran Bretagna, Tibet, Trento