E ULISSE NAVIGO' FINO A CORTONA

E ULISSE NAVIGO' FINO A CORTONA E ULISSE NAVIGO' FINO A CORTONA Esploratori del Mediterraneo IL ritorno dell'eroe è un tema affascinante delle letterature di ogni tempo. E' l'ultima parte dell'avventura, quella che narra il destino di colui che ne è stato il protagonista: una conclusione che tutti si attendono, anche perché dell'avventura dà l'ultima e completa spiegazione. Senza il ritorno dell'eroe, insomma, l'avventura resta monca; e quindi, come esperienza umana, inutilizzabile. Queste considerazioni vengono alla mente leggendo la suggestiva ricostruzione che Valerio Manfredi, in collaborazione con Lorenzo Braccesi, ci dà degli eroi e degli esploratori del Mediterraneo antico nell'opera appena apparsa da Mondadori, Mare greco (pp. 233. L. 33.000). Le nostre memorie scolastiche, dall'Iliade all'Odissea e all'Eneide, rivivono in un'evocazione che ha il pregio di non aggredirle con una critica dissacrante, come spesso accade, ma di considerarle con l'umana simpatia che naturalmente ispirano e con la saggia considerazione che esse debbono pur avere un fondamento nella realtà. Nulla, insomma, nasce da nulla. Ma per avere tanta disponibilità, tanta apertura verso le fonti letterarie antiche, per non temere la critica di ingenuità e di credulità, bisogna dominarle davvero. E questo è il caso sia di Valerio Manfredi, esploratore e topografo dotato di rara vocazione al discorso con un pubblico più vasto, sia di Lorenzo Braccesi, storico di quella grecità che dei grandi poemi epici è protagonista. Le avventure di Ulisse, di Diomede, di Enea, loro sì possono trattarle senza preoccupazioni e preconcetti, essendosene occupati per l'intera vita. «Esistette dunque - si chiedono gli autori - un uomo chiamato Ulisse, figlio di Laerte, re di Itaca? Noi pensiamo di sì, perché l'epica è altra cosa dal mito: essa ci trasmette, deformate dal tempo, vicende umane antichissime e straordinarie che suscitarono stupore e meraviglia e divennero oggetto di narrazione poetica. L'epica in altri termini è il modo di fare storia tipico delle fasi più arcaiche di una società civile, quando il raccontare le gesta dei grandi non ha lo scopo di trasmettere la verità dei fatti accaduti alle generazioni a venire, ma di allietare un auditorio con il racconto di imprese eccezionali e meravigliose». Manfredi e B Quanta parte della realtà originaria sia conservata nella tradizione epica, non possiamo dire; ma certo una realta vi fu. E reale fu Ulisse, un personaggio ricostruito a tutto tondo con la sua audacia, il suo coraggio, il suo spirito indomabile di avventura. Soprattutto, con la sua intelligenza e la sua astuzia, che sono le qualità dominanti rispetto ad ogni altro eroe greco: quelle che gli consentono di inventare la macchina fatale mediante cui viene conquistata Troia e di superare poi, lungo la via del ritorno, le più drammatiche insidie. Ma perché l'avventura, perché la serie ricreata, cantata, esaltata di questo come degli altri ritorni, da Enea a Diomede? Ebbene, i protagonisti di tali imprese sono gli eroi dei navigatori greci che, intorno all'VIII secolo a.C, diedero vita alla colonizzazione mediterranea; quella, insomma, che dalla piccola Grecia portò alla Magna Grecia dell'Occidente, alle terre più vaste e più ricche in cui si trovò finalmente uno spazio adeguato al commercio, all'agricoltura, e con essi al dispiegarsi della religione, della letteratura e dell'arte. Come osservano i nostri autori, vi fu tra Ulisse e gli altri eroi da un lato, i primi colonizzatori greci dall'altro, «un rapporto di diretta subordinazione, nel senso che i portatori della leggenda di Ulisse, o di altre migrazioni eroiche, sono i protagonisti medesimi della grande emigrazione ellenica. Cioè i marinai, i mercanti, gli avventurieri, gli esploratori che, per lenire l'ansia ricorrente di trovarsi dinanzi all'ignoto, proiettano sulle loro rotte, quali mitici precursori, i propri dei e i propri eroi». Gli dei e gli eroi, insomma, vanno dove gli uomini li portano; e dagli uomini dipende la loro fortuna. Talvolta, nuove tradizioni erraneo s'innestano su quelle antiche; e allora diventano vere e proprie leggende, segno indubbio della vitalità dei motivi a cui s'ispirano, ma ormai da essi distaccate. Tale è il caso, per citare l'esempio più curioso, della leggenda secondo cui Ulisse sarebbe stato sepolto presso Cortona, in terra d'Etruria. L'origine della tradizione è trasparente, sta nella funzione essenziale che ebbe il mondo etrusco nel rapporto con i Greci d'Occidente. Ma essa si lega anche, possiamo aggiungere oggi, alla monumentalità dei tumuli funerari di Cortona sui quali sono state appena annunziate nuove scoperte. Ed eccoci all'archeologia, che ha una parte notevole nel giudizio sui fondamenti delle antiche tradizioni. Il caso più significativo è quello di Lavinio, dove il poema di Virgilio colloca l'ultima battaglia di Enea con Turno, alla vigilia della fondazione di Roma. Ebbene, la scoperta sul luogo di una tomba monumentale, venerata sin da tempi remoti, costituisce la prova, se non della storicità dell'eroe troiano, almeno della storicità del suo culto. In modo diverso, ma non meno valido, le testimonianze del culto di Diomede sono antiche sulle coste adriatiche. In Puglia, già in età greca si mostravano le reliquie del suo passaggio: un tempio di Luceria ospitava le armi che si dicevano dedicate da lui e dai suoi compagni, nonché il*Palladio che si diceva rapito dalla rocca di Troia. Gli si attribuiva, inoltre, la fondazione di diverse città. Né meno significativa è la presenza, sempre nell'area adriatica, di un eroe troiano, Antenore: come Enea rispetto a Ulisse, egli incarnava il volto troiano rispetto a quello greco dell'avventura mediterranea. Da ultimo, cosa si può dire oggi dell'origine dei poemi omerici, del loro autore, della storicità o meno della guerra di Troia? Coerentemente con tutta la tesi sviluppata, i nostri autori ritengono che alla base dell'Iliade e dell'Odissea vi sia l'opera di un poeta orale, raccoglitore e cantore di tradizioni relative a un fatto realmente svoltosi sul finire dell'età micenea, vissuto intorno all'VIII secolo a.C. come ampiamente dimostra l'ambiente evocato. Altri tradussero poi in scritto l'opera di quel poeta; e l'opera potè subire alcune evoluzioni e modificazioni. Ma ad Omero, oggi, possiamo credere. Sabatino Moscati Manfredi e Braccesi raccontano gli eroi del Mediterraneo

Persone citate: Antenore, Braccesi, Greci, Lorenzo Braccesi, Mare, Mondadori, Sabatino Moscati Manfredi, Valerio Manfredi

Luoghi citati: Cortona, Grecia, Puglia