Ma la patrimoniale non è un «censimento» di Mario Salvatorelli

Ma la patrimoniale non è un «censimento» r I NOSTRI SOLDI Ma la patrimoniale non è un «censimento» c ■■■■ EMBRA che nessuno \±J abbia pensato alla possibilità che l'imposta straordinaria sui depositi bancari e postali, commisurati alla loro disponibilità, per i rispettivi detentori, al termine della giornata lavorativa del 9 luglio, abbia per secondo fine quello di effettuare un automatico, completo e capillare «censimento» dei capitali detenuti dai cittadini a quella data? Eppure, un'occasione come questa il nostro governo, e per esso la «lunga mano» del fisco, non poteva lasciarsela sfuggire. A lanciare quest'ipotesi, con lettera (firmata) proveniente da Alessandria, è il signor G.V., al quale rispondo, però, che il nostro fisco, al quale si attribuiscono un'infinità di astuzie, quasi «diaboliche», salvo riconoscergli, come vedremo subito dopo, infinite debolezze, non solo umane ma sub-umane, il nostro fisco, dicevo, non aveva bisogno della «patrimoniale» 6 per mille. Infatti, regolarmente, il «Bollettino statistico» della Banca d'Italia, nei supplementi dedicati alle «Aziende di credito», pubblica la situazione dell'attivo e del passivo delle suddette, dalla quale ricaviamo, per esempio, che i depositi ammontavano a fine maggio a 713.731 miliardi di lire, di cui circa 395 mila in conto corrente, poco più di 143 mila a risparmio e 175 mila investiti in certificati di deposito. Solo che, da queste cifre, come anche dal gettito della «patrimoniale» del 6 per mille, non si può sapere - ed è questa l'ultima difesa del «segreto bancario» - a chi e in che misura spettino, tra i milioni di clienti delle banche, le singole somme che concorrono a formare gli oltre 700 mila miliardi di lire depositati. Quindi, l'ipotesi di un «censimento» nominativo di questi capitali cade nel nulla. Sono le banche stesse ad assolvere, con il loro proverbiale scrupolo, e da sempre, il compito di esattori del fisco stesso, sia prelevando quel 30 per cento sull'interesse che fruttano i depositi (una ritenuta che scende al 25 e al 12,50 solo per i certificati di media-lunga durata), sia, in questa occasione, calcolando e versando al fisco il 6 per mille dei depositi stessi, ma in complesso, e non contribuente per contribuente. A proposito di fisco e dei suoi scrupolosi, anche se «comandati», esattori, vorrei rivolgermi, questa volta di mia iniziativa, a Giorgio Benvenuto, attuale segretario generale del ministero delle Finanze, per ringraziarlo di aver approvato, sia pure indirettamente, quanto affermavo nella rubrica scorsa, del 3 agosto, rispondendo, a mia volta, al lettore che si era indignato nel leggere le affer1 mazioni di ex colleghi dello 1 stesso Benvenuto, dalle quali i lavoratori dipendenti venivano bollati, al 70% (anche all'80%, secondo alcuni sindacalisti), come evasori. Ma, Giorgio Benvenuto (intervista di sabato 8 agosto su «La Stampa»), nel lamentare l'evasione fiscale di altre categorie di contribuenti, non dei lavoratori dipendenti, che risultano in testa come redditi dichiarati nei confronti del fisco, dichiara di sentirsi «come un don Chisciotte, costretto a combattere contro i mulini a vento». In realtà, nell'immortale romanzo, nessuno costringeva il Cavaliere dalla triste figura a combattere, anche perché era il solo a credere che ne valesse la pena. Tuttavia, auguriamo, e di cuore, a Giorgio Benvenuto di far miglior figura e che, quando, nel prossimo autunno, uscirà la riforma della riforma tributaria del 1972-'73, possa disporre «finalmente, degli strumenti per garantire agli italiani un Fisco più efficiente». Vorrei permettermi, però, di ricordargli due cose. La prima è che, quando era segretario generale della Uil, non mi risulta che la sua voce abbia risuonato contro il parere dei suoi colleghi sindacalisti che chiedevano l'inserimento dei Bot e degli altri titoli di Stato nella dichiarazione dei redditi, ai fini della formazione dell'imponibile Irpef. La seconda è che nessuno restituirà ai lavoratori dipendenti (salvo le parziali, successive e minime disposizioni al riguardo) le imposte sul reddito che negli ultimi vent'anni, e in particolare nel decennio della grande inflazione sopra le due cifre ( 1974'83), il fisco, per riconoscimento dello stesso Benvenuto inefficiente in tanti campi, ma abilissimo nello sfruttare il «fiscal drag», ha sottratto dalle buste-paga. Il passato è passato, «chi ha avuto ha avuto», come dice la filosofia napoletana. Pensiamo pure al futuro, e alla riforma della riforma. Quando, però, per sua stessa confessione, il segretario generale del ministero delle Finanze riceve una telefonata di una «vecchia volpe», che lo ammonisce «perché ti dai da fare, qui il potere è di chi non risolve i problemi» (dell'evasione, sottinteso), ritengo che non abbia scelta: partire a fondo per risolvere quei problemi, ma, intanto, proclamare la caccia alle volpi, vecchie e nuove. Di Pietro insegni Mario Salvatorelli elli |

Persone citate: Di Pietro, Giorgio Benvenuto

Luoghi citati: Alessandria