Tangenti di Padova Ligresti sotto torchio

Tangenti di Padova Ligresti sotto torchio Oggi l'interrogatorio a San Vittore Tangenti di Padova Ligresti sotto torchio Lo accusa un manager della Grassetto Tra gli appalti sospetti anche lo stadio MILANO. Salvatore Ligresti ancora sotto torchio. Questa volta tocca ai giudici padovani, Carmelo Ruberto e Vittorio Borracetti, interrogare a San Vittore il «re del mattone». Detenuto dal 16 luglio per le tangenti milanesi, Ligresti, da Padova, ha ricevuto nei giorni scorsi un nuovo mandato di cattura. Corruzione, l'accusa. Tangenti miliardarie anche lì, pagate per tre appalti su cui ora sta indagando la procura veneta. A Ligresti, presidente della Grassetto costruzioni, sono contestate mazzette per l'ospizio, lo stadio e il nuovo palazzo di giustizia di Padova. Interrogato una volta come testimone, mentre si trovava già a San Vittore, oggi il potente finanziare si trova nuovamente faccia a faccia con i giudici veneti. Contro Ligresti ci sono anche le rivelazioni di Giuseppe Agostosi, dirigente della Grassetto di Padova, uomo fidato dell'ingegnere diventato poi suo accusatore. Arrestato per le indagini sulle tangenti a Venezia il manager della Grassetto ha raccontato che per lo stadio di Padova sono state pagate mazzette per 1 miliardo. Confesserà Ligresti? Con i giudici milanesi il costruttore l'ha fatto. Ha ammesso di avere pagato, oltre un miliardo, sugli appalti per la Metropolitana Milanese. Una confessione che però non gli ha aperto le porte di San Vittore. «C'è il rischio di inquinamento delle prove e c'è il pericolo che ripeta gli stessi reati», aveva motivato il Tribunale della libertà respingendo l'istanza di scarcerazione. Ligresti rimane dentro, sempre più nei guai, in attesa del verdetto della Cas- Salvatore Ligre sazione. Ad altre sentenze guardano con interesse i giudici di Tangentopoli. E' imminente, entro la fine mese, massimo metà settembre, la decisione della Camera dei ricorsi penali del Canton Ticino. I giudici di Lugano devono decidere sul ricorso di 30 banche svizzere e dieci privati che non vogliono far sapere se sui loro conti correnti sono transitati soldi provenienti dalle tangenti. Tra gli oppositori c'è anche Gianstefano Frigerio, il segretario regionale della democrazia cristiana, scarcerato pochi giorni fa. Contro l'opposizione al se- greto bancario sono il giudice di Lugano Carla Del Ponte, che ha aperto una inchiesta autonoma per riciclaggio di danaro sporco, e il giudice istruttore Edy Meli, a cui sono arrivate le rogatorie internazionali per le indagini dei giudici milanesi. Anche il Comune di Milano, attraverso i suoi legali che si sono costituiti parte civile, vuole sapere le origini di quei 50 miliardi versati su conti svizzeri, alcuni dei quali cifrati. E gli avvocati hanno scritto due memorie, di 30 e 31 pagine, ai giudici ticinesi. «Il riciclaggio di danaro sporco - scrivono i legali - si ha non solo in relazione ai proventi del traffico di droga ma anche con i frutti della corruzione, che deve essere considerata non meno pericolosa socialmente». E concludono: «La lotta alla corruzione non può fermarsi ai confini della nazione in cui si verifica ma deve avere la necessaria collaborazione internazionale». Fabio Potetti Salvatore Ligresti