Blitz Onu in Bosnia, conto alla rovescia di Franco Pantarelli

Blitz Onu in Bosnia, conto alla rovesciaIl ministro degli Esteri inglese Hurd: è imminente una risoluzione per l'uso della forza Blitz Onu in Bosnia, conto alla rovescia Ma è ancora lite tra Usa e Europa NEW YORK. NOSTRO SERVIZIO Un'altra giornata di intense consultazioni di George Bush e dei suoi uomini, ma ancora scarsi indizi sulla forma che assumerà la risoluzione con cui il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite deve autorizzare l'uso della forza nell'ex Jugoslavia. A Kennebunkport, dove ha la sua casa di vacanza e dove ha deciso di trascorrere il weekend, il presidente ha convocato i suoi collaboratori (il consigliere Scowcroft, il segretario alla Difesa Cheney, il capo di Stato Maggiore Powell, il vicesegretario di Stato Eagleburger), ha discusso a lungo con loro e poi per tutti c'è stato il compito di mettersi in contatto con i loro omologhi di altri Paesi. Lo stesso Bush ha telefonato al primo ministro inglese Major ed ha anche parlato col segretario generale dell'Orni, Boutros Ghali. Risultati? Qualche dichiarazione d'intenti, alcune assicurazioni che il progetto di risoluzione comune è vicino (all'inizio della settimana che comincia oggi, ha detto il ministro degli Esteri inglese Hurd, dopo questo giro di consultazioni telefoniche) ma nessuna indicazione concreta. In concreto, la situazione è rimasta quella del giorno prima, con gli Stati Uniti che vogliono una risoluzione che dia una sorta di «autorizzazione in bianco» ad usare la forza per proteggere i convogli umanitari che vengono attaccati dai serbi, e con francesi ed inglesi che vogliono invece una risoluzione che autorizzi le truppe dell'Onu già presenti sul posto ad intraprendere un ruolo più «attivo» (stabilendo eventualmente un loro rafforzamento nel numero e nelle armi). In mezzo a questa disputa si è inserito Boutros Ghali, facendo presenti due cose: una, che una decisione come quella propugnata da inglesi e francesi significa un cambiamento sostanziale nel ruolo dei «caschi blu», che passerebbe da quello di «mantenere» la pace a quello di «imporla», il che vuol dire che non devono essere più «neutrali»; l'altra, che l'Onu non può impiegare le sue intere risorse per risolvere il problema dell'ex Jugoslavia trascurando tutto il resto (per esempio le migliaia di bambini somali che proprio in questi giorni stanno morendo come i bambini bosniaci su cui tutti si sono sensibilizzati). Quello dell'ex Jugoslavia, ha detto in concreto Boutros Ghali, è un conflitto europeo e sarebbe bene che gli europei si adoperassero di più per risolverlo. Sul fronte delle proposte operative c'è da registrare il piano turco per un bombardamento aereo Nato delle postazioni serbe in Bosnia. Secondo il quotidiano Hurriyet, Ankara ne avrebbe parlato con i partner di Bruxelles. Il piano turco prevede il bombardamento di 25-30 posizioni serbe per mezzo di aerei F-15 e F-16 decollati da basi europee o da portaerei. L'incursione potrebbe essere portai a a termine in 24 ore. Per ora nessuna reazione dagli ambienti atlantici. Bush, dopo la discussione con i suoi collaboratori, ha di nuovo convocato i giornalisti, ed è stata la sua terza conferenza stampa in tre giorni sul problema Jugoslavia. Ma il fatto che non avesse da comunicare nulla di nuovo rispetto alle due precedenti conferenze stampa ha indotto per esempio il «New York Times» a scrivere che «la sua nuova apparizione è sembrata avere come scopo principale quello di far ve¬ dere che lui sta lavorando sodo». Il problema per lui è quello di far fronte alle accuse di «passività» che gli sono state rivolte e alla pressione cui lo sta sottoponendo Clinton, il suo avversario elettorale, che continua a dichiararsi favorevole ad un intervento in Bosnia. A questo proposito, anzi, si è saputo che Bush ha offerto a Clinton di leggere il rapporto della Cia su cui lui si è basato per dire che non intende far «impantanare» gli Usai in un «nuovo Vietnam», proprio per indurre il suo avversario a smetterla. Clinton, si dice, ha accettato «in via di principio» di leggere il rapporto. Franco Pantarelli Prigionieri nel lager di Manjaca, 200 km a Nord-Ovest di Sarajevo [foto ap]^