«Così l'inchiesta ha accertato truffa e calunnia»
«Così l'inchiesta ha accertato truffa e calunnia» LETTERA DALLA COMAU «Così l'inchiesta ha accertato truffa e calunnia» Caro direttore, sono l'amministratore delegato della Comau S.p.A. e le scrivo in merito all'articolo apparso sulle pagine di cronaca di Torino il 2 agosto scorso con il titolo «Truffa 2 miliardi alla ditta, condannati l'impiegata Comau e il marito». Nel dar notizia della condanna, peraltro in modo non tempestivo risalendo la sentenza all'8 giugno, l'articolo riporta purtroppo informazioni non tutte esatte e cita commenti che possono aver indotto i lettori ad una errata valutazione dei fatti. E' quindi necessario che io precisi innanzitutto che la sentenza emessa dal tribunale di Torino ha concluso un procedimento giudiziario molto accurato, durato circa un anno e mezzo ed avviato in seguito di una mia denuncia nel dicembre 1990. Preciso altresì, anche se appare ovvio, che dopo la conclusione della causa penale abbiamo avviato la causa civile, intendendo perseguire ogni via possibile per il recupero del danno subito. In merito al protrarsi dell'istruttoria che prima ho citato è bene informare i lettori che, sia in base alle documentazioni presentate dall'azienda sia in base ad altri fondamentali elementi raccolti dall'autorità inquirente, apparve evidente fin dall'inizio la responsabilità della truffa a carico di Angela Musetta, già impiegata all'ufficio acquisti della Comau e subito licenziata dopo gli accertamenti, la quale aveva messo criminosamente a frutto la sua profonda conoscenza dei meccanismi procedurali dell'azienda nel campo degli appalti di opera. Operando su terminali collegati con il computer aziendale costei riuscì ad elaborare autonomamente una serie di documenti falsi, eludendo ripetutamente nel corso del 1990 le chiavi di accesso previste dalle procedure, falsificando poi, con espedienti di raffinata abilità fraudolenta, la firma del capo degli acquisti. La Musetta ricorse inoltre ad alcuni complici esterni (ditte non iscritte all'albo fornitori della Comau) facendo emettere false fatture, a fronte di falsi ordini da essa stessa redatti, eludendo i normali controlli aziendali. Nel proprio disegnò truffaldino costei sapeva però di poter essere prima o poi scoperta in base al ciclo di verifiche contabili dell'azienda e quindi elaborò la sua difesa inventando «complicità in alto», aggiungendo alla frode perpetrata nei confronti della propria azienda di appartenenza il tentativo di «ricatto» e l'effettiva calunnia nei confronti del vertice aziendale. E' un comportamento diabolico ma, come ben sanno gli esperti di cronaca giudiziaria, non certo nuovo per reati avvenuti all'interno di imprese, specie in campo bancario e finanziario. Questa nostra esperienza di frode subita ci ha indotto immediatamente a studiare ed applicare sistemi di sicurezza aggiuntivi, in particolare per le procedure di acquisto e di verifica delle fatture. Ma vorrei tornare sulla questione della calunnia per cui il giudice ha condannato specificamente i due imputati; chi ha conoscenza di procedimenti penali sa bene che portare in sede processuale prove inoppugnabili a dimostrazione della calunnia non è cosa facile. Nel nostro caso ci siamo riusciti attraverso indagini accurate e perizie grafologiche che l'autorità inquirente ha confermato valide. Non corrisponde quindi al vero quanto si asserisce nell'articolo pubblicato e cioè che «i coniugi imputati si sono decisi a patteggiare il reato di calunnia, poiché in ogni caso sarebbero stati condannati per truffa». E' vero invece il contrario: la linea di difesa degli imputati ha puntato per lungo tempo proprio sul sostegno della tesi dimostratasi calunniosa e questo loro comportamento ha tra l'altro indotto il magistrato a di¬ sporre per un lungo periodo di carcerazione preventiva. L'assoluto rigore e la particolare accuratezza con la quale la procura della Repubblica e gli organi inquirenti hanno saputo svolgere le indagini ci consente di essere certi sulla infondatezza dei sospetti «riciclati» nel vostro articolo, come d'altra parte dimostra il testo della sentenza. Purtroppo, caro direttore, sono stato costretto a scriverle per salvaguardare l'immagine della nostra azienda e per amore di verità su un episodio spiacevole; sarei stato invece più felice di poter parlare della Comau una azienda che opera nella tecnologia avanzata e che sa affrontare ogni giorno la attuale difficile situazione del mercato mondiale ottenendo buoni risultati. So comunque che quel che è successo non è lo stile abituale de «La Stampa» e le sono grato se vorrà pubblicare questa mia lettera. Carlo Mangiarino
Persone citate: Angela Musetta, Carlo Mangiarino
Luoghi citati: Torino
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