Oggi l'addio a Fabrizio Davit La sua morte resta un mistero

Oggi l'addio a Fabrizio Davit La sua morte resta un mistero A Luserna, mentre la Val Pellice ragiona su se stessa: «Siamo cambiati, un tempo non sarebbe accaduto» Oggi l'addio a Fabrizio Davit La sua morte resta un mistero Si svolgono oggi alle 15, al Tempio Valdese di Luserna San Giovanni, i funerali di Fabrizio Davit, morto lunedì al Cto dopo essere stato raccolto alle 13 di domenica in stato di coma profondo da un mezzo dell'Elisoccorso di Savigliano ai 1800 metri del Prà. Una morte piena di misteri. Gestore e turisti del rifugio Willy Jervis, inaugurato nel 1957 proprio all'imbocco della conca del Prà, continuano a porsi domande e a non trovare risposte. Fabrizio è stato ucciso? O è stata una disgrazia? Roberto Boulard, gestore del rifugio e guida alpina, non sa cosa dire. E di nuovo racconta quello che ha visto e che ha sentito, come se questo potesse aiutarlo a trovare particolari che ancora gli sfuggono, e che forse potrebbero spiegare come sono andate davvero le cose. Racconta che sabato sera al Prà c'erano più di mille persone accampate in fondo alla conca per la corsa dei Tre Rifugi che si sarebbe tenuta il giorno dopo. «Una volta - ricorda Boulard era solo una manifestazione sportiva. Ma da 3-4 anni si è trasformata in un happening che richiama gente dalla bassa valle. Vengono su, si ubriacano in modo indegno e non sanno più cosa fanno». Boulard non conosceva Fabrizio. Ma è stato uno dei primi a soccorrerlo quella domenica. «Ci sono state un paio di segnalazioni intorno alle 11,45. Dicevano che in una tenda c'era un ragazzo che stava molto male. Sono uscito e sono andato ad avvisare i medici del pronto soccorso. C'era solo il farmacista di Bobbio Pellice. Mi ha detto che i medici erano già andati a prenderlo». Mezz'ora dopo, sono arrivati con Fabrizio Davit. «Non aveva ferite, non perdeva sangue. Addosso non aveva nessun segno che potesse far pensare a un pestaggio. Ma sono subito cominciate a circolare strane voci: chi diceva che era stato picchiato da 7 giovani, chi parlava di droga, chi era pronto a giurare che la sera prima, nel tratto dal rifugio alla pineta al fondo della conca, il ragazzo era caduto svariate volte perché si era ubriacato di genepy». Il gestore del Jervis non riesce a pensare ad altro. In carcere a Pinerolo è rinchiuso un ragazzo di Angrogna, Ezio Bertin: da lunedì è indiziato di omicidio preterintenzionale. Roberto Boulard scuote la testa: «Chissà se troveranno mai qualcuno in grado di fare una ricostruzione precisa. Non sono tempi facili per le nostre valli. Si dice di Torre Pellice che è la Ginevra d'Italia. Non è più cosi, si è persa la tranquillità di una volta. Abbiamo gli stessi problemi di Torino, e sono problemi che pesano. Quello che è successo la scorsa settimana al Prà sarebbe stato impensabile tempo fa». In 25 anni di attività, il rifugio è stato toccato una sola volta da un episodio di violenza: «E' stato nel 1980. Un ex legionario francese si era ubriacato e aveva ferito un amico che era al tavolo con lui. Per fortuna siamo un posto di soccorso alpino. Quella volta riuscimmo ad arrivare in tempo e a salvare una vita umana». [g. a. p.l A destra Roberto Boulard, gestore del Jervis e accanto Ezio Bertin, arrestato. Sopra Fabrizio Davit

Luoghi citati: Angrogna, Bobbio Pellice, Ginevra, Italia, Luserna, Luserna San Giovanni, Pinerolo, Torino, Torre Pellice