Un rap omicida contro l'Uomo Ragno

Un rap omicida contro l'Uomo Ragno Un duo di Pavia, gli 883, sorpresa canora dell'estate, secondi in classifica dopo Elton John Un rap omicida contro l'Uomo Ragno Scoperti da Cecchetto: «Abbiamo successo perché parliamo giovane» MILANO. «Resta la soluzione divi del rock» hanno scritto, in vena di paradossi o in cerca di una rima. E improvvisamente quella «soluzione» così improbabile sembra a portata di mano. «Hanno ucciso l'Uomo Ragno» è la sorpresa canora dell'estate '92, seconda in classifica, dietro soltanto al mostro sacro Elton John, onnipresente in radio e trasmissioni tv. Gli autori hanno un nome criptico, 883, e non riescono a capacitarsi di tanto successo. «Una cosa terrificante - dicono - siamo felici, ma non ci rendiamo mica ben conto di quello che significa. Chi se lo aspettava? Tutti continuano a dire che il mercato è difficile... E poi pensavamo fossero tutte scemenze: adesso scopriamo che le nostre scemenze piacciono anche agli altri. Che sorpresa». «883» è il nome di un modello della Harley Davidson («il meno costoso» precisano), la moto dei sogni di Mauro (Repetto) e Max (Pezzali), 24 e 25 anni, scoperti dal solito Claudio Cecchetto che li ha portati con sé allo scorso Festival di Castrocaro con il rap «Non me la menare». «Gli avevamo lasciato la cassetta nella buca di Radio Dee Jay, ci ha chiamato due giorni dopo». La loro è una storia come tante: l'incontro sui banchi del liceo, l'adolescenza nella fin troppo tranquilla Pavia, le ribellioni, la voglia di andar via, scoprire l'America. Con quel pizzico di ironia che non guasta: «Ma poi ti guardi in faccia e dici dov'è / che vuoi che andiamo con 'ste facce io e te». Il segreto di tanto successo? Intanto - risponde per tutti e due Max Pezzali - i testi scritti nella lingua dei giovani: non la categoria astratta «giovani», per carità, proprio le persone che incontriamo ogni giorno al bar, con cui chiacchieriamo. Il processo di identificazione è facile. Poi, a livello musicale, abbiamo mescolato un po' tutti gli stili: rap, rock, funky. Ascoltiamo e assorbiamo, come spugne. E quando ci mettiamo a comporre ritorna tutto in mente. Infine non abbiamo rinunciato alla melodia: c'è un ritornello orecchiabile, che conquista. Come mai l'Uomo Ragno? E' il Supereroe dei fumetti più umano. Non è invincibile come Superman, non ipertecnologico come i Fantastici Quattro. Nella canzone muore perché con lui muoiono i sogni, le illusioni dell'adolescenza, un mondo dove il bene e il male sono nettamente divisi: si cresce e bisogna «accettare la realtà», lavorare, sistemarsi, aver la macchina bella, frequentare la gente giusta. E poi volevamo qualcosa di diverso, di fantasioso, non le solite canzoni d'amore e dolore. Scrivete sempre in prima persona? Sì, non ce la sentiamo proprio di fare «gli impegnati», dare consigli agli altri sulla vita e la morte. Abbiamo le idee talmente confuse noi. Così tutti i brani ritraggono la nostra microrealtà di provincia. «Con un deca» è la storia delle serate a tirare tardi e sognare l'America. «Jolly Blue» è una vera sala da giochi dove andavamo da ragazzini. «S'inkazza», sottotitolo «Questa casa non è un albergo» è dedicato alle no- stre mamme, peraltro identiche a tutte le mamme del mondo. Mamma Pezzali pare abbia riso, ad ascoltare la canzone, e abbia provato a obiettare: «Ma io non sono così». Lui l'ha gelata. «Sei anche peggio». Ma è abbastanza indulgente, quando si telefona a casa per cercare il figlio improvvisamente famoso: «Ha detto che tornava a mezzanotte ma sa, sono ragazzi...» In Usa ci siete poi andati? Sì, con il Cts perché si spendeva meno. Bello, certo. Abbiamo imparato molte cose. Ma la delusione è sempre in agguato: l'America è il mito, il punto di riferimento: è l'avventura, i larghi spazi, il contrario di una cittadina di 80 mila persone che vanno a letto alle dieci di sera («due discoteche 106 farmacie» dicono in una canzone). La vera Ameri¬ ca non regge al confronto coi sogni. Sulla copertina avete scritto «Continua...». Certo, stiamo già pensando al prossimo album. E poi faremo una tournée, adesso non siamo abbastanza preparati, non vogliamo truffare la gente: ci limitiamo ad andare tutti i fine settimana all'Acquafan di Riccione a cantare con la gente che c'è lì. Ma è una cosa diversa, quasi in famiglia. Abbiamo un futuro? Chissà. Quello che è certo è che siamo veri, non recitiamo una parte, non siamo un fenomeno costruito a tavolino, catalogabile in una «tendenza». Quindi non possiamo fare calcoli sbagliati: se continueremo a piacere per quello che siamo, bene, altrimenti troveremo qualcos'altro. Raffaella Silipo Un'altra immagine degli 883: Mauro Rdi 24 e 25 anni andrap «Non mImmagini tratte dal disco tournée, b Immagini tratte dal disco «Hanno ucciso l'Uomo Ragno» degli 883. Lo stesso gruppo non riesce a spiegare l'improvviso successo Un'altra immagine del disco degli 883: Mauro Repetto e Max Pezzali di 24 e 25 anni andarono a Castrocaro rap «Non me la menare»

Luoghi citati: America, Milano, Pavia, Riccione, Usa